Allontanare le nubi nere delle “fascisterie” e provare il rilancio dell’operazione europea, perché l’eco del Sieg Heil di alcuni militanti della giovanile di Fratelli d’Italia si fa ancora sentire sui media internazionali. L’inchiesta di Fanpage sui nostalgici del fascismo all’interno di Gioventù nazionale ha provocato effetti in Europa, alimentando lo sgomento nell’opinione pubblica.

E appannando la narrazione di Giorgia Meloni come la normalizzatrice dei postfascisti traghettati sotto le insegne di moderni conservatori. Non a caso si parla di “melonizzazione” di Marine Le Pen per segnalare una sorta di moderatismo dell’estrema destra.

I video hanno alimentato nuovamente la diffidenza nei confronti di un passato che non passa per gli eredi della fiamma missina. Un guaio in più per la leader di Fratelli d’Italia, uscita già a pezzi dalla trattativa sui vertici dell’Ue, i top jobs. Una sfida persa su tutta la linea.

Ora Meloni è chiamata a trovare una nuova rotta seppure con un pensiero in meno da affrontare: la premier non è preoccupata dalle ricadute italiane dei video che immortalano i militanti di Gioventù nazionale. Non intaccano il consenso del partito, e anzi sono utilizzati per fare polemiche a distanza con le opposizioni. Provando a mettere in naftalina il dibattito sui temi reali.

La premier, nella lettera ai dirigenti del suo partito, ha addirittura rilanciato uno dei suoi cavalli di battaglia, lo scontro con i media e «i circoletti di amici» individuati come l’obiettivo contro cui scagliarsi. L’unico fastidio in casa è l’alleato scomodo Matteo Salvini, che ha fiutato l’affanno della presidente del Consiglio in Ue.

Il segretario leghista cerca di capitalizzare al massimo la situazione con un iper attivismo intorno alla donna forte dell’estrema destra continentale: Marine Le Pen, con cui condivide da tempo l’appartenenza europea.

La tela di Fitto

Il grattacapo principale di Meloni resta quindi l’operazione di riaccreditamento a Bruxelles. Di fatto è tornata quasi alla casella di partenza a causa degli inni fascisti delle nuove leve di FdI, che saranno cacciate solo in pesante ritardo rispetto alla gravità di quegli episodi. Perciò è necessaria l’operazione di ricucitura con Ursula von der Leyen.

La presidente della Commissione europea e la premier sono in contatto per cercare un punto di caduta sulla poltrona da destinare all’Italia nella prossima Commissione. Il governo vuole portare a casa un portafoglio di peso.

Il nome del ministro del Pnrr, Raffaele Fitto, continua a circolare con insistenza, confermando le indiscrezioni delle scorse settimane. Il diretto interessato, ben consapevole della delicatezza della partita, continua a restare sottocoperta, promuovendo il proprio lavoro a palazzo Chigi.

Nelle ultime ore ha potuto rivendicare l’arrivo di una nuova rata. E proprio ieri era alla Camera per rispondere al question time sull’attuazione del Piano, elogiando i propri risultati. La pazienza è una sua dote, necessaria ancora di più per costruire la sua tela europea.

Le ipotesi sull’incarico da assegnare sono varie. Gli appetiti vanno verso la Concorrenza, benché sul punto in Europa ci siano forti dubbi per le posizioni della destra italiana su alcuni dossier. Basti pensare alla vicenda dei balneari, sebbene proprio Fitto sia l’esponente più favorevole a una liberalizzazione del settore. Resta perciò più concreta e praticabile l’opzione della Coesione, materia che l’attuale ministro del Pnrr padroneggia in Italia.

A meno che, come non viene escluso nell’inner circle governativo, non rientri in ballo la carta della figura tecnica con Roberto Cingolani, attuale amministratore delegato di Leonardo, o addirittura Elisabetta Belloni, numero uno del Dis e reduce dall’organizzazione del G7, che sarebbero più indicati per la Difesa.

«Difficile che Meloni piazzi in Europa una persona che non sia una diretta emanazione, affidandosi a un esterno», spiega tuttavia una fonte parlamentare della maggioranza in riferimento alla tendenza accentratrice della leader di FdI.

Un puzzle complesso, anche perché lo spostamento di ogni pedina provocherebbe degli effetti sia in Italia sia in Europa. A partire proprio da Fitto. Il compromesso con i vertici Ue per cercare di uscire dall’angolo dell’inchiesta su Gioventù nazionale si muove inoltre sul livello del discorso programmatico per la nuova legislatura.

Programma popolare

A Meloni servono parole digeribili per arrivare quantomeno a un’astensione. Von der Leyen è disponibile a soddisfare Fratelli d’Italia sulle politiche migratorie, prevedendo una posizione più dura per blandire la destra, senza comunque esagerare. Perché servono doti da equilibrista. Altro punto comune con Meloni può essere la battaglia per la sburocratizzazione dell’Unione europea, vecchio pallino dei popolari.

La presidente del Consiglio ha ripreso a criticare il meccanismo europeo e una promessa in questa direzione potrebbe suonare come una melodia alle orecchie della leader di FdI.

Tanto che si potrebbe valutare un’apertura di credito con un voto a favore, per quanto condizionato, ed esterno al perimetro dell’accordo delle forze a sostegno di von der Leyen. Del resto a palazzo Chigi c’è chi inizia a meditare un avvicinamento ai vertici europei. Abbandonando posizioni di isolamento a destra.

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