Un civico è buono per tutte le stagioni, da Genova a Bologna, o meglio dalla Liguria all’Emilia-Romagna. Ma in passato anche più a Sud, a Napoli, con il jolly di Catello Maresca pescato dal mazzo. Seppure con esiti pessimi dal punto di vista elettorale. Una soluzione perfetta a destra in assenza di profili spendibili e laddove una battuta d’arresto nelle urne diventa più di una possibilità.

Ecco che allora si pesca dalla società civile, il nome esterno per mettere d’accordo i partiti. In mancanza di una classe dirigente solida sui territori non ci sono alternative. Alla fine la Lega riesce a digerire anche un ex sottosegretario del governo Monti, come Elena Ugolini in Emilia-Romagna.

Il no di Rixi

Lo stesso spartito potrebbe essere eseguito alle regionali in Liguria. Dopo le dimissioni di Giovanni Toti, il nome in rampa di lancio era quello del viceministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi. Una soluzione naturale, del resto all’epoca al posto dell’ex giornalista di Mediaset doveva esserci lui, il leader leghista in Liguria.

Sul suo nome c’era stato un accordo di massima nei partiti di centrodestra: la Lega avrebbe ottenuto il candidato in Liguria, garantendo una maggiore disponibilità a lasciare il Veneto a Fratelli d’Italia. E invece il fedelissimo di Matteo Salvini, in un’intervista al Corriere della Sera, ha sparigliato le carte: «Non mi candido. E non cambierò idea al riguardo». Una pietra tombale di fronte all’ipotesi di una corsa al posto Toti.

A molti mesi dal voto, d’altra parte ogni smentita va soppesata. «Se glielo chiede con insistenza il leader della Lega, Rixi cede», spiega una fonte che conosce bene il viceministro .

I due sono un tandem inossidabile, a Salvini dispiacerebbe perderlo al Mit. Ma potrebbe fare ancora più comodo alla tolda di comando della regione Liguria. Fatto sta che Rixi ha lanciato l’opzione di un «candidato civico». Al momento un mister X. Il papa straniero per sfidare il centrosinistra, che si sta organizzando per puntare su Andrea Orlando, ex ministro e parlamentare di lungo corso.

Mentre tra i dirigenti delle forze politiche del centrodestra italiano nessuno se la sente di scendere in campo. Basta il rifiuto di Rixi per mandare tutto sottosopra e lasciare spazio alla sorpresa.

Una montiana per la Lega

Il vuoto politico sui territori si è palesato anche in Emilia-Romagna, chiamata al voto anticipato dopo il trasloco di Stefano Bonaccini all’Europarlamento. A destra il casting è durato poco. C’è stata un po’ di moina, civico sì o civico no: poi dal cilindro è stato tirato fuori il nome di Elena Ugolini, insegnante e apprezzata consulente di numerosi ministri dell’Istruzione, anche di centrosinistra, da Luigi Berlinguer a Valeria Fedeli. Un pedigree che più civico non si può.

L’unica vera esperienza politica è stata nel governo tecnico guidato da Monti: Ugolini è stata nominata sottosegretaria, al fianco dell’allora ministro Francesco Profumo. Un paradosso per i partiti, Lega in testa, che ricordano quell’esperienza di governo come una sciagura politica. Per informazioni basti bussare a Elsa Fornero, bersaglio preferito di Salvini.

Poco male, Ugolini è ora stata spinta dai partiti, a cominciare da Fratelli d’Italia. Anche in quel caso l’unico nome spendibile, Galeazzo Bignami, altro viceministro delle Infrastrutture, peraltro. Troppo alto il rischio di debacle contro Michele De Pascale, sindaco di Ravenna del Pd, scelto dall’intera coalizione di centrosinistra.

Con queste premesse, meglio declinare l’invito. E a destra c’era poco, al massimo un altro meloniano, Stefano Cavedagna, protégé proprio di Bignami. Ma è stato appena eletto nell’Europarlamento. Nessuno ha voluto seguire l’esempio di Lucia Borgonzoni, attuale sottosegretaria alla Cultura, che alle ultime regionali in Emilia-Romagna ha deciso di immolarsi per la causa sfidando Bonaccini. Nell’anno di grazia 2024 si sceglie il civico. E conta poco se le precedenti esperienze non siano state propriamente entusiasmanti.

A Firenze è stato seguito questo modello meno di due mesi fa: la destra si è unita intorno al nome di Eike Schmidt, il direttore degli Uffici lanciato contro Sara Funaro per la conquista di Palazzo Vecchio.

Al ballottaggio lo storico dell’arte, molto apprezzato dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, non ha raggiunto nemmeno il 40 per cento dei voti. Non è stato il bis di quanto avvenuto con Maresca a Napoli, nel 2021 è stato sconfitto al primo turno, ma si è andati vicini. Gli elettori non hanno particolarmente premiato il profilo civico. Il rifugio peccatorum di una destra che è al potere, ma non riesce a tirare su una classe dirigente sui territori.

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