«Con la Rai ci siamo salutati reciprocamente. Avevo visto l’onda che arrivava». Lucia Annunziata ha chiuso così con il suo passato, calandosi nei panni di capolista del Pd alle europee nella circoscrizione Sud.

Cosa le ha fatto cambiare idea e accettare la proposta di candidarsi fatta da Elly Schlein?

Lo dico con ironia: c’è la Terza guerra mondiale. Ma tornando seri dico: cambiare opinione non è normale? Comunque mi sono candidata da indipendente, figura che era tipica anche del Pci, e per ora non mi iscriverò al Pd.

Se sarà eletta, andrà a Bruxelles?

Mi trasferisco e rimango lì. La ragione è molto semplice: le uniche persone italiane che hanno avuto peso sono state quelle che si sono trasferite. I due esempi più recenti sono Paolo Gentiloni e David Sassoli. In Europa voglio andarci per essere un punto di riferimento sugli esteri e per il Mezzogiorno.

Condivide le critiche rivolte ai leader che si candidano pur dicendo che non andranno nell’Europarlamento?

Credo che questo sia un moralismo di quattro soldi: ognuno fa le scelte che fa e le paga, nel bene o nel male.

Tornando alla Terza guerra mondiale a pezzi, come la definisce il papa, nel Pd c’è una contrapposizione tra le idee più pacifiste di Marco Tarquinio e Cecilia Strada e le altre anime del partito. Dove si colloca?

I partiti hanno bisogno di tante voci e di avere la capacità di arrivare a un punto di caduta. Se vengono candidati degli indipendenti è normale che ci siano posizioni diverse da quelle del partito. Io sono atlantista e amica di Israele, ma mi sento spesso con Cecilia Strada. Vogliamo fare delle cose insieme. L’obiettivo di questo dibattito è la ricerca della pace. Credo che si debba formare un grande movimento di opinione in Europa. La pace non si risolve con una manifestazione, si costruisce con grandi teste e tanti soldi. Oggi dobbiamo chiederci una cosa: l’Ucraina sta perdendo la guerra. Vogliamo aiutarli o no?

Emmanuel Macron ha detto che le truppe europee potrebbero essere inviate in Ucraina in caso di sfondamento russo. Il ministro della Difesa Crosetto ha detto che non se ne parla. Cosa pensa?

Evocare le truppe da parte di Macron è una forma di machismo. Non ci sono condizioni affinché intervengano. Questo darebbe ragione a Putin che ha sempre detto di aver fatto una guerra di limitazione. Macron ha detto una cosa esagerata. Aggiungo che con questa guerra è stato dato il “liberi tutti” ai governi di Germania, Francia e Italia. Lo abbiamo visto noi. È bastato approvare l’invio di armi all’Ucraina e il governo ha potuto fare ogni cosa.

Cosa in particolare?

Sul tavolo abbiamo l’autonomia differenziata e la cancellazione degli sconti di decontribuzione sud. Poi c’è stata l’applicazione del Pnrr, usato per finanziare molte politiche localistiche. C’è stato un intreccio tra il Pnrr e la costruzione nel Sud di nuovo clientelismo. Sono cose di cui, in una diversa condizione, il governo avrebbe dovuto rendere conto.

Come si può fermare questo percorso di riforme, tra premierato e autonomia differenziata?

L’iter in parlamento mi sembra difficile da fermare. Ma ascoltando le persone in campagna elettorale ho capito che questa riforma viene prese come un’offesa. Non è una questione economica. Ed è giusto. L’autonomia porterà a una crisi di sistema ed economica. Non si può pensare che il Sud sia un “accollo”.

Anche tra i conservatori c’è chi dice che la riforma avrà effetti negativi addirittura al Nord. Eppure i sondaggi sono favorevoli per Fratelli d’Italia. La propaganda funziona?

Non bisogna sottovalutare che il Sud ha avuto un input economico dal Pnrr, che è in tuttora in attuazione. L’opinione del Sud risponde alle politiche economiche della destra. È un patto diretto che va al portafogli.

Tra la concentrazione di giornali nelle mani di Angelucci e la richiesta delle fonti ai giornalisti, in Italia c’è un problema di libertà di stampa. C’è preoccupazione per quanto sta accadendo?

La cosa più grave è quella di creare un sistema dominante nell’editoria a favore del governo. È incredibile che venga dato a un solo editore la possibilità di concentrare la proprietà di testate. L’Agi è la parte peggiore di questa storia. È una manovra un po’ troppo sfacciata. Davvero un’azienda come l’Eni ha bisogno di vendere? E, se proprio deve cedere, c’è un solo editore? Ci sarà poi un effetto imitativo. Altri editori si sposteranno a destra per avere condizioni di favore sul mercato.

Rivivi il nostro evento dal vivo a Napoli

Elly Schlein, a Domani, ha detto che non c’è più un servizio pubblico. La trasformazione della Rai non dovrebbe essere una battaglia del Pd? Magari pensando alla privatizzazione?

Non la privatizzerei. Ho sempre pensato che il servizio pubblico sia centrale nelle democrazie. La privatizzazione significherebbe dare la proprietà della Rai a qualche editore tedesco, indiano o, peggio ancora, russo. Bisogna dare invece seguito alla riforma della Rai, creare una fondazione con persone indipendenti chiamate a gestire l’azienda.

Il governo Meloni ha preso la Rai, la cultura e punta al premierato che accentra tutto nelle mani di una persona. C’è un disegno che porta a una “orbanizzazione” dell’Italia?

C’è un progetto culturale organico. Berlusconi non lo aveva. Era un liberista e aveva dei tocchi addirittura di sinistra. Ricordo quando si è presentato al 25 aprile con il fazzoletto rosso. Giorgia Meloni non lo avrebbe mai messo per parlare con i partigiani. Ma dietro questo disegno vedo anche un po’ di paura. Hanno fatto delle riforme di corsa: il premierato, l’autonomia differenziata e la giustizia per accontentare ogni partito della maggioranza a pochi mesi dalle elezioni. La forza di Meloni è avere un partito in cui comanda da sola, cosa che – per fortuna – a sinistra non c’è. Ma non c’è nessuno più vicino al precipizio del leader che tocca il massimo momento di gloria.

© Riproduzione riservata