Giorgia Meloni deve essere stata colpita dall’affermazione di Publilio Siro: Saepius locutum, numquam me tacuisse paenitet. Spesso mi sono pentito di aver parlato, mai di aver taciuto.

I silenzi della premier fanno parte della sua strategia di governo: inutile polemizzare anche su questioni importanti, meglio tacere e continuare imperterriti con il programma di governo.

Così, se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiama al telefono il padre di Ilaria Salis, il silenzio di Meloni ci dice che lei pensa che Ilaria Salis sia una comunista che sarà giudicata in Ungheria e che il suo problema non deve guastare il rapporto con Viktor Orbán col quale sta intessendo la sua strategia per le elezioni europee.

La premier non sa che il governo britannico, che lei tanto ammira, non abbandonerebbe mai un suo cittadino nelle mani di un paese come l’Ungheria che non rispetta i diritti civili. Fosse anche il peggior delinquente del mondo, deve essere giudicato in Gran Bretagna.

Le parole di Mattarella

Se il presidente della Repubblica definisce un fallimento la violenza della polizia verso gli studenti di Pisa, Meloni tace ripetendo solo il vecchio slogan “La polizia non si tocca”.

Se nel Giorno della memoria il capo dello stato coglie l’occasione per scuotere le coscienze sul rischio che corrono le democrazie liberali con il culto del capo con eccessivi poteri, il silenzio di Meloni sottintende che il governo andrà avanti con la legge sul premierato che finalmente ridimensionerà i poteri del presidente della Repubblica a vantaggio del capo del governo.

Il rapporto con Salvini

I silenzi ci sono anche sul disastroso e penoso rapporto con Matteo Salvini, mascherato da un bacio di Giuda in parlamento, perché comunque quello che importa è non mettere a rischio la vita del governo.

Tace anche quando Mattarella difende la libertà di stampa, ma per contro attacca i giornali. Anche sulla Rai la premier tace mentre la truppa dei suoi cosacchi continua l’occupazione manu militari di quella che un tempo era la maggiore istituzione culturale del paese. Senza dimenticare, infine, che Giorgia Meloni evita accuratamente qualsiasi intervista o conferenza stampa con diritto di replica.

La lettera degli scienziati

Sulla lettera dei 14 scienziati italiani di fama internazionale, tra cui Paolo Vineis dell’Imperial College di Londra, Giorgio Parisi, Nobel per la fisica, Silvio Garattini dell’Istituto Negri, Meloni è addirittura intervenuta con dati artefatti.

Gli scienziati richiamano il fatto che l’Italia stanzia per la sanità solo il 6,2 per cento del Pil mentre sarebbe necessario stanziare l’8 per cento del Pil come fanno i maggiori stati europei.

La premier dice che i 136 miliardi stanziati rappresentano il 6,8 del Pil mentre i fondi effettivamente stanziati sono 134 miliardi e corrispondono appunto al 6,2 del Pil. Non una parola per ringraziare i 14 scienziati. Anzi, nella sua piccata risposta si avverte il suo chiaro pensiero: ma chi sono questi guastafeste che si permettono di criticare l’operato del governo? Ancora una volta l’odio per la cultura.

Gli scienziati hanno altresì ricordato che i fondi alla sanità devono essere destinati a rimuovere gli squilibri territoriali, a permettere che qualunque cittadino possa ricevere piena assistenza nei tempi richiesti dalla sua patologia.

E invece il governo continuerà con la sua politica di trasferire ai privati parte della sanità pubblica, lasciando così senza assistenza i quattro milioni di poveri di questo paese che non possono permettersi di accedere alla costosa sanità privata.

Un vero delitto, anche perché questa politica ha già portato disastri al Servizio sanitario nazionale (Ssn), come la sanità lombarda, affidata per il 50 per cento ai privati, ha dimostrato in occasione della pandemia.

Capocrazia

Tutti questi silenzi della premier non consentono un aperto dibattito su temi importanti come i diritti civili e sociali, la riforma costituzionale, l’autonomia differenziata, la sanità. Questa strategia dei silenzi, accompagnati da azioni decise e spesso antidemocratiche, è stata sottovalutata dalle opposizioni sempre più divise.

Il rischio è che vengano approvate sempre più spesso modifiche all’assetto istituzionale del paese e cancellati diritti sanciti dalla Costituzione e realizzati dal nostro sistema di welfare come la sanità, dove, continuando di questo passo, rischiamo di avvicinarci al sistema statunitense dove non esiste il diritto alla salute e solo chi è ricco si può curare.

Bisogna fermare questo processo che si basa sulla capocrazia, concetto così definito da Alfiero Grandi su queste colonne e ben radicato nella mente della nostra premier.

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