I tagli al cinema si devono fare. Parola del ministro della Cultura. Ma una piccola parte di quei risparmi vanno spesi per le commissioni scelte dallo stesso ministro. Da un lato, quindi, Gennaro Sangiuliano vuole fustigare la casta dei ricchi registi e attori, ma d’altra parte ha chiesto e ottenuto dal governo una spesa aggiuntiva nella legge di Bilancio per istituire due organismi interni al suo dicastero, dal costo complessivo di 700mila euro. Lo scopo? Decidere quali opere sostenere economicamente, mettendo di fatto le mani sul cinema. Nella bozza della manovra economica è stata inserita la riforma del tax credit con un ritorno al passato sui meccanismi di selezione dei film, destinatari dei finanziamenti.

Commissioni Sangiuliano

Saranno gli uomini scelti da Sangiuliano, in un apposito organismo, a indicare le opere prime (o seconde) che riceveranno i «contributi selettivi», che nell’ultimo bando pubblicato a luglio hanno distribuito 6 milioni di euro per sostenere gli autori esordienti o comunque le iniziative d’essai. La legge di bilancio del governo Meloni prevede la nascita di «una commissione composta da esperti nominati dal ministro tra personalità di comprovata qualificazione professionale nel settore». E sempre attraverso un decreto del Mic saranno indicate «le modalità di costituzione e di funzionamento della commissione» e «il numero dei componenti». Soprattutto Sangiuliano deciderà, curricula alla mano, la retribuzione di ciascuno dei commissari.

A disposizione avrà un plafond di mezzo milione di euro. Il fondo non è molto corposo, ma è fondamentale per dare una direzione al cinema italiano del presente e del futuro. Con una commissione a immagine e somiglianza del ministro, si tornerà a un meccanismo di politicizzazione, che il precedente ministro, Dario Franceschini, aveva preferito eliminare. Una dinamica simile sarà introdotta da Sangiuliano per i «contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva», che muovono oltre 10 milioni di euro.

Sotto questa voce vanno varie attività, dalla «promozione dell’internalizzazione del settore» al sostegno per la «realizzazione di festival, rassegne e premi di rilevanza nazionale ed internazionale», passando per «la programmazione di film d’essai ovvero di ricerca e sperimentazione». Il ministro della Cultura avrà in questo caso un tetto di 200mila euro per le indennità spettanti ai componenti della commissione.

Nuova tax credit

Insomma, l’ex direttore del Tg2 non vuole perdere tempo, ha subito messo mano al dossier, infilando la revisione del tax credit – che garantisce credito di imposta alle produzioni fino al 40 per cento del totale – direttamente nella legge di Bilancio. Significa che il confronto con le associazioni di settore è da considerarsi già chiuso. Il credito di imposta, comunque, non dovrebbe subire grandi rivoluzioni, c’è giusto qualche intervento che ha preso di mira attori e registi. La sottosegretaria alla Cultura con delega al cinema, Lucia Borgonzoni (Lega), ha spiegato che si punterà su «un descalator legato agli investimenti» perché un «film da 30 milioni non può beneficiare di un 40 per cento come uno da 10 milioni».

L’iniziativa ha colto un po’ di sorpresa gli operatori, almeno per la tempistica. «Il ministro ha usato toni inadeguati. Non ci piace rimarcare solo gli abusi», spiega a Domani Francesco Virga, presidente di Doc/it, l’associazione dei documentaristi italiani. «Ben venga – aggiunge - un tagliando al tax credit, per evitare che possa produrre delle rendite di posizione. Il tax credit è uno strumento prezioso e come tutte le cose positive può avere delle storture. Ma vanno corrette partendo da dati precisi, perché quelli forniti dal ministero sono aggregati e poco utili a comprendere la situazione». Poco male. Per Sangiuliano e Borgonzoni sono sufficienti tanto da mettere nero su bianco la revisione dell'incentivo.

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