«Io ti garantisco il diritto allo sciopero, ma senza mettere in ginocchio un intero paese. Se serve precettare lo farò». In mattinata Matteo Salvini annunciala precettazione dei lavoratori dei trasporti nella giornata dello sciopero generale del 17 novembre. Scelta estrema, per attenuare se non azzerare l’effetto della mobilitazione in quel settore.

A niente serve l’incontro che lo stesso ministero delle Infrastrutture convoca alle 18 con le rappresentanze di Cgil e Uil, le sigle che organizzano l’astensione. Non si presentano né il segretario della Cgil, Maurizo Landini, né quello della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Inviano rispettivamente Maria Grazia Gabrielli, segretaria confederale, ed Emanuele Ronzoni, segretario organizzativo.

Tanto le posizioni restano contrapposte: Cgil e Uil hanno accettato le correzioni “tecniche” della Commissione garanzia sciopero sui settori trasporto aereo (c’era già uno sciopero convocato da un sindacato minore, la Flai), quello dell’igiene ambientale (qui a convocare è la Cub) e dei vigili del fuoco (in questo caso la Usb).

Ma disobbediscono alla richiesta di rimodulare lo sciopero da «nazionale», come l’hanno convocato e confermato, a «intersettoriale», come lo vuole ridimensionare il Garante: che dunque applica le regole degli scioperi di categoria. In concreto, chiede di diminuire l’astensione da otto ore, o un turno intero, a sole quattro.

I sindacalisti escono dal ministero mezz’ora dopo essere entrati: giusto il tempo di rispondere picche per la seconda volta. I sindacati rischiano una sanzione fino a 100mila euro per non aver osservato la delibera – ma solo se il Garante apre un procedimento, cosa che dopo le precettazioni di Salvini diventa improbabile – e i lavoratori fino a 50mila, se non rispettano la precettazione.

Salvini attacca, FdI meno

Salvini è scatenato. Ha colto l’occasione delle proteste dei lavoratori contro la manovra con l’intento, neanche mascherato, di portarsi a casa il consenso della parte del paese che maltollera gli immancabili disagi degli scioperi. Il ministro non risparmia battute. «Spengo il telefono così non mi chiama Landini, mi chiama spessissimo», scherza di fronte a un’assemblea di cui è ospite d’onore.

Non è uno scherzo invece quello che succede alla Camera. Il Pd accusa il Garante di aver eseguito le indicazioni del ministro, e dunque di aver contestato la convocazione dello sciopero per ragioni politiche. Per questo scrive al presidente della commissione Lavoro, Walter Rizzetto, di Fratelli d’Italia, per chiederne «l’immediata convocazione». La Lega è contrarissima.

«Lascia esterrefatti che il Pd abbia chiesto la convocazione del Garante in commissione. Atto gravissimo, atteggiamento inqualificabile» (senatore Gianluca Cantalamessa). «Attaccare un’Autorità indipendente per deviare l’attenzione dai problemi interni al Nazareno è vergognoso» (senatrice Elena Murelli). I leghisti parlano addirittura di «ignobile il linciaggio dem al Garante». Il vicesegretario della Lega Andrea Crippa se la prende con Arturo Scotto, capogruppo dem in commissione: «Già Pds, poi nei Democratici di sinistra, in Sinistra democratica, in Sel, Articolo 1 e ora nel Pd. Si sciacqui la bocca prima di parlare di Salvini».

Invece, a sorpresa, Rizzetto dice sì: invita il Garante in commissione stamattina alle 8 e 30. La lettera è per la presidente Paola Bellocchi. Anche se il “Garante” non è uno, è una commissione di tecnici ed esperti, nominati in primavera da questo governo: con la presidente ci sono i commissari Federico Ghera, Paolo Reboani, Luca Tozzi e Peppino Mariano.

Alcuni sono vecchie conoscenze della destra oggi al governo. Mariano è un amico di Giorgia Meloni e del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, sin dai tempi in cui la premier era ministra della Gioventù, racconta Repubblica.it. Reboani è un collaboratore dell’ex ministro Maurizio Sacconi. Ce n’è abbastanza per chiedersi, per le opposizioni, se la delibera adottata lo scorso 8 novembre, e confermata lunedì dopo l’incontro con i sindacati, non sia segnata da qualche pregiudizio politico.

Alla fine dunque il match va a Scotto, che sottolinea con malizia le differenze fra Lega e FdI: «Riteniamo giusto che il parlamento sia pienamente informato sulle ragioni del provvedimento adottato dalla Commissione di garanzia, dopo l’uso politico che il ministro Salvini ha fatto in questi giorni del diritto costituzionale allo sciopero».

Perché se la Lega non voleva l’audizione e invece FdI la convoca di gran carriera, un motivo c’è. Il partito della premier è un po’ freddo verso l’attivismo anti-sindacati di Salvini. Ne patisce la competizione nell’elettorato ostile alla Cgil, ma forse ne intuisce anche le potenziali conseguenze nel consenso, a lungo andare.

Salvini è anche molto amichevole verso la Cisl, alla quale promette la legge sulla partecipazione agli utili delle imprese. La Cisl non aderisce allo sciopero generale, ma ha convocato una manifestazione il 25 novembre a Roma.

In serata, dopo il nulla di fatto al Mit, la nota ufficiale dice che «l’orientamento del ministro è consentire lo sciopero dalle 9 alle 12 di venerdì 17 per tutto il settore trasporti». Per quello aereo non serve, i sindacati avevano già accettato le richieste del Garante. Salvini si dice pronto a firmare la precettazione. In serata, comunque entro la mattinata di mercoledì: per obbligare un lavoratore a non fare sciopero serve un preavviso di 48 ore.

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