Si è notata più l’assenza, in questo caso, dell’eventuale presenza. Sul red carpet dell'inaugurazione della festa del cinema di Roma, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, non si è fatto vedere. Era nelle Marche per partecipare a un’assemblea e presentare il recupero di Villa Buonaccorsi, in provincia di Macerata. Un segnale, chissà quanto involontario, della sua lontananza dal settore. Di sicuro il grande schermo non sembrava la priorità e infatti dopo la pubblicazione di Domani, della lettera inviata al Mef di Giancarlo Giorgetti, il ministro ha disquisito di altro. 

Il compito è stato demandato alla sottosegretaria, la leghista Lucia Borgonzoni, titolare della delega al settore. Il silenzio del ministro, sul caso dei tagli, è stato interrotto solo nella giornata di ieri: «Alcuni film che hanno richiesto il tax credit alla produzione nazionale dal 2019 al 2022, hanno avuto contributi milionari a fronte di incassi di poche migliaia di euro», ha scritto Sangiuliano su X. E in un intervento pubblico ha rincarato la dose: «Ci sono stati tanti sprechi, il settore va seriamente e severamente riformato». Toni che rilanciano il guantone di sfida al comparto dell’audiovisivo, confermando un umore nero per la diffusione della lettera. Ma soprattutto ha ripreso il concetto dell'articolo, pubblicato da La Verità, ricco di informazioni riservate sulle sovvenzioni assegnate ad alcuni film. Ovviamente quelli di autori non vicini al mondo della destra. La posizione si scontra con la maggiore disponibilità al dialogo di Borgonzoni, che ha provato a tranquillizzare gli operatori, annunciando un taglio inferiore rispetto alle richieste iniziali. Una divergenza di vedute che non nasce certo oggi.

Caos Mic

Il post di Sangiuliano riapre nei fatti la partita, che ufficialmente deve essere ancora giocata. La controffensiva, studiata dal ministro dopo una giornata di riunioni, si sta rivelando efficace. Si è confrontato a lungo con i vertici della direzione del cinema e dell’audiovisivo. È grande, insomma, il caos sotto il cielo del ministero di via del Collegio romano. L'ex direttore del tg2 dà la sensazione di tentare il tutto per tutto con un disperato assalto mediatico ai “registi comunisti” che chiedono soldi e incassano poco. Il discorso è circoscrivibile a poche opere, ma in generale ogni euro di investimento sul fondo per il cinema genera un movimento di oltre 3 euro, dando lavoro a centinaia di migliaia di persone. E i tecnici che lavorano nel comparto, elettricisti, responsabili della logistica, elettricisti, fonici e così via non sono etichettabili come radical chic «de sinistra» (come scrive La Verità nell’articolo molto apprezzato da Sangiuliano) che pretendono risorse pubbliche per arricchirsi alla mangiatoia. Tutt’altro.

«Tra le maestranze la maggioranza è anche orientata politicamente a destra», raccontano a Domani vari operatori del settore. Un problema che crea un danno elettorale, un fatto che a Palazzo Chigi non è passato inosservato. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è sensibile al tema del consenso e ha giudicato un grave errore quello commesso dall’ex direttore del tg2. Sangiuliano è ora nella lista dei ministri da rimpiazzare quando si aprirà la questione del rimpasto. È stata giudicata una «leggerezza incomprensibile» quella di mettere nero su bianco la richiesta di taglio al cinema addirittura di 100 milioni di euro. Sarebbe stato sufficiente avanzare la richiesta in maniera informale, in un colloquio personale o anche telefonico, evitando di lasciare tracce, è il ragionamento che circola a Palazzo Chigi. Invece Sangiuliano ha voluto mettere nero su bianco le sue intenzioni. Alimentando i dubbi sulla gestione un ministero importante per la capitalizzazione del consenso. Fratelli d’Italia si è limitata a qualche dichiarazione di difesa d’ufficio, mentre gli alleati sono stati tiepidi. L’ennesimo segnale che Sangiuliano non rientra tra gli intoccabili della squadra di governo.

Certo, serve una exit strategy per il ministro in carica, che è già sul tavolo: la candidatura alla presidenza della Regione Campania, un’opzione che a lui non dispiace affatto. Anzi, è uno dei suoi piani per il futuro. La concentrazione sugli scavi archeologici di Pompei, a cui vuole destinare ulteriori risorse, e sul rilancio dei luoghi culturali campani testimonia un legame con il territorio. E anche un modo per lasciare il segno in vista di una corsa per raccogliere l’eredità di Vincenzo De Luca. Per arrivarci bene, è necessario portare avanti il mandato al ministero. Non può presentarsi da silurato. L’affaire-Giambruno è stato un fortuito alleato. L’attenzione della presidente del Consiglio è stata dirottata altrove e la pressione sul Mic è inevitabilmente calata.

Movimenti culturali

Ma gli indizi sul futuro al ministero portano, ancora una volta, alla festa di Roma, disertata da Sangiuliano. Il Mic, alla serata di apertura, era rappresentato da Borgonzoni, che passo dopo passo sta cercando di accreditarsi con il settore, nonostante le diffidenze reciproche. A conti fatti è stata meno “falco” rispetto al numero uno del ministero, un approccio gradito dalle associazioni di categoria. E sul tappeto srotolato all’evento della capitale si è fatta notare un’altra presenza, elegantissima per l'occasione: quella del presidente della commissione cultura alla Camera, Federico Mollicone, fedelissimo di Meloni e nome in rampa di lancio nella galassia di Fdi. Dietro il profilo di duro e puro, è abile a gestire i rapporti, partecipare agli incontri giusti.

Così è diventato il deus ex machina politico dell’evento cinematografico romano e sta cercando di costruire una squadra di fedelissimi. Addirittura, qualcuno lo vedrebbe bene come prossimo ministro al posto di Sangiuliano. Il deputato, al momento, è allineato, evita di alimentare tensioni e se la prende con la sinistra che ha protestato sui tagli. Ma se riuscisse davvero a spostare Gianluca Farinelli (attuale presidente della fondazione cinema per Roma) alla Biennale di Venezia, dimostrerebbe di aver già un peso specifico maggiore rispetto a Sangiuliano.

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