L’ultimo appello di Maurizio Landini alla piazza di sabato a Roma è uno slogan rebelde: «È il momento di prendere la parola, di difendere la democrazia e di ribellarci per cambiare il nostro paese per dare un futuro ai giovani. La Costituzione è la nostra Via Maestra e noi la vogliamo realizzare».

I cortei saranno due, partiranno alle 13 e 45 da piazza della Repubblica e da piazzale dei Partigiani (qui sarà Landini) e confluiranno in piazza San Giovanni dove dalle 15 sfileranno sul palco le associazioni promotrici, sono più di cento: fra cui Arci, Acli, Ali (l’ex Lega delle autonomie), Legambiente, Libera, Cnca, Comunità di San Benedetto al Porto, Emergency, Rete per la pace e il disarmo, Sbilanciamoci, Udi, Wwf. Una quindicina di voci prima del gran finale del segretario Cgil, in scaletta per le 17.

Molti delegati sindacali poi, fra gli altri, il presidente Acli Emiliano Manfredonia, dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, la studente Camilla Piredda (in rappresentanza di Udu, Link, Rete Studenti Medi, Unione degli Studenti), la pacifista Michela Paschetto (Europe for Peace), il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (presidente di Ali) e ancora Rosy Bindi, Gustavo Zagrebelsky, don Luigi Ciotti.

Per la Cgil la preoccupazione degli ultimi giorni è stata consentire a tutti quelli che arrivano nella capitale di raggiungere piazza San Giovanni, dove già ieri troneggiava il palco in posizione laterale e arretrata (cioè per aumentare la capienza della piazza, in genere si fa il contrario).

Nessuno si sbilancia sui numeri, ma la partecipazione si annuncia massiccia: già da giorni erano oltre 100mila le prenotazioni fra pullman, traghetti e treni speciali. La piattaforma è ampia: «lavoro», «no alla precarietà», «diritti», «contrasto alla povertà», «contro tutte le guerre e per la pace», «aumento dei salari e delle pensioni», «sanità e scuola pubblica», «tutela dell’ambiente», «la difesa e l’attuazione della Costituzione contro l’autonomia differenziata e lo stravolgimento della Repubblica parlamentare».

Abbastanza ampia da mettere insieme l’altrettanto ampia coalizione sociale che il sindacalista ha riunito a sé con l’obiettivo immediato di dare slancio alle battaglie d’autunno: quella per il salario minimo, che tornerà in aula il 17 ottobre, quella contro la manovra e per aumentare i finanziamenti alla sanità. Ma per Landini la vera scommessa è arrivare più solido allo sciopero generale, che sarà una prova di forza con il governo.

La svolta Pd

Certo, sarebbe meglio che le opposizioni dessero una mano vera in parlamento, dunque marciassero unite. Questione che Landini non affronta apertamente, ma che nei prossimi giorni potrebbe fare riservatamente. Oggi Elly Schlein sarà in piazza, ed è una prima volta che un segretario Pd aderisce senza mezzi termini a una piazza di questo genere.

Né era mai successo che da un palco così connotato parlasse un esponente Pd doc: Matteo Ricci interverrà da presidente di Ali, ma è indubbiamente un segno di una ritrovata sintonia con un sindacato che negli ultimi tempi ha flirtato con i Cinque stelle. La scommessa di Schlein è riportare il Pd su una via più vicina al sindacato e recuperare i tanti voti che, anche da questa parte, sono finiti verso i grillini.

Con la segretaria, un plotoncino di dirigenti fra i quali Andrea Orlando, Peppe Provenzano, Andrea Sarracino, Marta Bonafoni, Marco Furfaro, i capigruppo delle camere Boccia e Braga, Arturo Scotto, Roberto Speranza, Laura Boldrini, Gianni Cuperlo, Marina Sereni, Susanna Camusso, Walter Verini, Beatrice Covassi. Enzo Foschi, segretario Pd di Roma, li accoglierà sotto lo striscione della sua federazione: «Siamo l’Italia che non si spezza».

Conte non c’è

Presenti anche i rossoverdi. Non Carlo Calenda, che con Landini negli ultimi giorni si è scontrato sulla vicenda Marelli. E neanche Giuseppe Conte, fin qui più empatico con la Cgil: stavolta il protagonismo dem lo ha consigliato di fare un passo di lato.

Stavolta l’approccio è più freddo: dopo un dubbio iniziale, l’ex premier ha fatto sapere che oggi sarà a Foggia, domenica si presenterà a Napoli ai banchetti M5s del «firma day», il rush finale della raccolta di firme sul salario minimo (portata avanti per tutta l’estate anche e soprattutto dal Pd). A piazza San Giovanni ci sarà comunnque una delegazione del Movimento: il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri, la sua vice Vittoria Baldino, i deputati della commissione Lavoro Davide Ajello e Dario Carotenuto.

Non è la piazza in cui Conte potrebbe fare la star. La pace, grande asset del Movimento che lui agita come una clava contro il Pd (che è rimasto favorevole agli aiuti militari all’Ucraina, a differenza sua) è solo uno degli otto punti della piattaforma a difesa della Costituzione. Certo la coalizione sociale è pacifista e contro le armi e paventa «l’escalation».

Anche se Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica da tutti invocato come garante della Costituzione, sabato dal Portogallo ha detto il contrario esatto, parlando a porte chiuse ai colleghi presidenti del gruppo di Arraiolos: se l’Ucraina cadesse, sono più o meno le sue parole, assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri paesi ai confini con la Russia. E questo, come avvenne tra il 1938 e il 1939, condurrebbe a un conflitto generale e devastante.

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