Quando si parla di contrasto alla droga, la propaganda governativa è sempre attiva. I problemi arrivano quando occorre ragionare, dati alla mano, e uscire fuori dal recinto degli slogan. Il governo non riesce a rispettare nemmeno le scadenze fissate dalla legge.

È il caso del dipartimento per le politiche antidroga, guidato dal sottosegretario Alfredo Mantovano, che non ha ancora trasmesso al parlamento la relazione annuale del 2023 sul fenomeno delle tossicodipendenze. Eppure il testo unico sulle droghe prescrive che entro il 30 giugno di ogni anno, il documento debba essere inviato alla Camera e al Senato.

Negli ultimi anni, l'allora ministra Fabiana Dadone (Movimento 5 stelle) si era impegnata a far pervenire il materiale in tempo. Una buona abitudine persa con il cambio della guardia a Palazzo Chigi e con l’arrivo di Mantovano al comando del dipartimento.

Relazione centrale

La relazione è solita scattare una fotografia dell’anno precedente sulla circolazione delle sostanze stupefacenti, riportando con dovizia di dettagli i tipi di dipendenze, le operazioni di sequestro, le oscillazioni del “mercato”, le strategie di prevenzione elaborate. Un dossier che varia dalle 250 alle 500 pagine. Da questa base è possibile sviluppare le politiche in un campo, che - almeno a parole - sembra stare molto a cuore ai partiti di governo. L’almanacco delle dichiarazioni dei vari esponenti del centrodestra è ampio.

Basti pensare solo a Matteo Salvini, andato a citofonare ai portoni del Pilastro di Bologna per scovare spacciatori, o alla crociata del senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, contro la fiction Rai Rocco Schiavone, in cui il protagonista fa uso di cannabis.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non si è discostata da questa strategia e ha assegnato la guida politica del dipartimento a un suo fedelissimo, Mantovano. Ha blindato così la linea improntata al proibizionismo.

Ed è stato lo stesso Mantovano, lo scorso 26 giugno, a promuovere un incontro alla Camera per illustrare le iniziative di contrasto alla diffusione delle sostanze stupefacenti. L’invito alla premier è diventato il palcoscenico ideale per uno spot e per la propaganda: «Stop al lassismo», ha tuonato dal podio Meloni. «Il messaggio che vogliamo lanciare oggi è che lo Stato intende fare la sua parte per combattere un fenomeno fuori controllo», ha rilanciato.

Niente di nuovo, insomma. Solo che dietro alla vetrina comunicativa, non vengono impiegati gli strumenti minimi per avere una conoscenza capillare del fenomeno, come la relazione sulle tossicodipendenze appunto. Il motivo del ritardo nella trasmissione della relazione non è stato comunicato in via ufficiale. «Mi sarei aspettata un approccio diverso da un governo che dice di essere attento al fenomeno», sottolinea l’ex ministra Dadone. «Si parla tanto di legalità - aggiunge - e non viene dato il buon esempio del rispetto della legge».

Obiettivo allarmismo

Secondo quanto apprende Domani, al dipartimento c’è un doppio problema. Il primo di natura tecnica: la lentezza nella trasmissione e nell’elaborazione dei dati che coinvolge vari ministeri – Salute, Interno e Giustizia – e le singole regioni. In seconda battuta, c’è un sospetto di matrice politica più rilevante: la tentazione di rigirare i numeri in favore della propaganda governativa, sovradimensionando il fenomeno.

Un esempio? Se alle statistiche sull’abuso di droghe venissero sommate quelle sull’uso occasionale, ne uscirebbe un quadro rispondente all’allarmismo gradito al governo. Del resto già si prevede che la prossima relazione possa avere numeri in crescita rispetto al precedente biennio. Il Covid ha rappresentato un freno all'uso di sostanze stupefacenti: inevitabile che con il ritorno alla normalità ci sia un incremento.

Al dipartimento, che ha sede in via della Ferratella in Laterano, non lontano da piazza San Giovanni, non manca certo il personale a disposizione. Il capo del dipartimento è un dirigente di lungo corso della presidenza del Consiglio, Paolo Molinari, affiancato da altri profili esperti.

Mantovano ha voluto mettere una buona pattuglia di consulenti a disposizione della struttura, per una spesa che - solo per i collaboratori a tempo - ammonta a poco più di 150mila euro annui. Tra i nomi spicca quello del leader del Family day, Massimo Gandolfini, che offre – nel suo caso a titolo gratuito – un «supporto medico scientifico in materia di tossicodipendenze e dipendenze». Evidentemente per buttare giù la relazione serve di più.

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