L’obiettivo di Giorgia Meloni di avere maggior peso in Europa è definitivamente naufragato con il voltafaccia di Vox. L’ultradestra spagnola, finora sempre a braccetto con Fratelli d’Italia, andrà nel gruppo capeggiato da Viktor Orbán, lasciando i Conservatori. Un voltafaccia improvviso che isola sempre di più la presidente del Consiglio. Ma soprattutto una beffa: puntava in alto, a fare da regista di un’operazione ambiziosa, e ora si ritrova a dover tenere a fatica gli altri partiti dentro Ecr. In sintesi, Meloni è accerchiata in Europa con una ricaduta italiana.

Da Orbán a Salvini

I patrioti del premier ungherese, che ha sfilato pure una definizione cara agli eredi della fiamma missina, e la pattuglia di Identità e democrazia di Marine Le Pen, con Matteo Salvini a fare da scudiero, fanno concorrenza spietata a destra. Dall’altra parte c’è il Partito popolare europeo, che punta ad attrarre Fratelli d’Italia per completare l’opera di normalizzazione. Ma per adesso mettendoli in mezzo.

E soprattutto c’è una questione interna: la tensione con il Pis polacco, tenuto nella famiglia conservatrice dopo una faticosa mediazione, quando sembrava che la separazione fosse inevitabile.

Un rompicapo per Meloni, che poco meno di un mese fa gongolava per la vittoria alle europee, accarezzando il sogno di proiettarsi come la leader che avrebbe spostato a destra l’Unione europea. Un progetto che stanno coltivando e portando avanti altri profili, tra cui molti vecchi amici diventati dei cari nemici. Come Orbán.

Un altro alleato-avversario, Matteo Salvini, ha subito manifestato grande gioia per la scelta di Vox, guidato da Santiago Abascal, che pure ha aderito a un progetto diverso da Id. Poco male: per il segretario della Lega è importante l’indebolimento di FdI per diventare un soggetto più visibile in Europa, a dispetto di numeri meno consistenti come rappresentanza parlamentare.

«L’adesione degli spagnoli di Vox è un segnale importantissimo», ha messo nero su bianco il partito del vicepremier in una nota, ignorando che queste parole suonassero come possibile sgarbo a Meloni. Da qui l’aggiunta: «Cresce il fronte del cambiamento in Europa, determinato a dire no alla von der Leyen e ai socialisti».

Una situazione che non contribuisce a svelenire il clima nella maggioranza. Il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha messo in carico, acuendo le distanze: «In questo momento» quello dei patrioti è «solo un progetto politico». Ma in ogni caso per il vicepremier azzurro sarebbe comunque «un gruppo ininfluente perché nessuno vuole poi discutere con loro».

L’addio di Vox ai Conservatori di FdI è doloroso anche per il valore simbolico. Gli scambi di convenevoli non si contano tra la destra spagnola e Fratelli d’Italia così come quelli personali tra Meloni con Santiago Abascal. Nell’ultima edizione di Atreju, a dicembre, era uno degli ospiti di punta, difeso a spada tratta nonostante gli attacchi scomposti lanciati al premier spagnolo Pedro Sánchez. In queste ore è arrivata la mossa a sorpresa dell’adesione al progetto orbaniano.

Una doccia gelata, che è stata vissuta come un tradimento al netto delle dichiarazioni rilasciate per gettare acqua sul fuoco. Abascal ha detto che sarà mantenuto «una relazione bilaterale strettissima» con Fratelli d’Italia.

Mentre l’uomo di Meloni in Europa, Nicola Procaccini, ha salutato cordialmente Vox e si è detto «certo che ci ritroveremo spesso fianco a fianco anche nel corso della prossima legislatura». E così ha confermato il percorso dei Conservatori: «È una forza politica intenzionata a cambiare l’Unione europea, riportandola alle sue origini». Parole necessarie per provare a mitigare l’amarezza, che però necessiterà di giorni per essere effettivamente smaltita.

Eppure, la separazione dall’ultradestra spagnola ha anche un’altra chiave interpretativa. Per paradosso potrebbe rappresentare un’occasione utile per Fratelli d’Italia e imprimere un cambio di passo, liberandosi dal peso di condividere il gruppo europeo con un soggetto estremista.

È vero che Meloni perde un alleato storico, ma viene allontanato un partito scomodo, in ambito europeo, per le posizioni post-franchiste che di certo non aiutavano Ecr a presentarsi come una formazione di conservatori moderni e credibili.

Il feeling personale tra Meloni e Ursula von der Leyen può essere rafforzato dopo la svolta di Vox, favorendo il dialogo con i popolari. In questa ottica la premier italiana potrebbe giocare il ruolo di destra affidabile e moderata, che fa da cerniera rispetto agli estremisti orbaniani e filoputiniani.

Occasione popolare

Il passaggio d Vox avrebbe la funzione di cancellare un certo imbarazzo rispetto alla collocazione nello scacchiere geopolitico e in particolare sul sostegno militare all’Ucraina.

Certo, se i numeri continuassero a restringersi sarebbe un problema per FdI: al tavolo negoziale avrebbe un drappello poco consistente. Ma la premier può comunque calare una carta: la guida del governo di uno dei paesi fondatori. L’ipotesi è tutta da valutare, perché la ferita spagnola è troppo fresca.

Un contesto magmatico, un dato è certo: la notizia proveniente da Madrid, con il trasloco di Vox sotto altre insegne, ha fatto il paio con la débâcle di Rishi Sunak alle elezioni nel Regno Unito. Il grande amico della presidente del Consiglio è stato protagonista della peggiore performance dei Tory, mandando in archivio qualsiasi ambizione di leadership.

Appena poche settimane fa si scambiavano battute e sorrisi al G7 di Borgo Egnazia. In poche ore, invece, si è ritrovata senza due solidi alleati. Uno per la sconfitta elettorale, l’altro per una scelta di convenienza.

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