Relazioni economiche, politiche migratorie, conflitti e difesa sono stati i capisaldi del recente incontro tra la premier Giorgia Meloni e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a Istanbul.

Per Meloni era importante ottenere un aiuto nella gestione dei flussi migratori provenienti dal nord Africa e in particolare dalla Libia, ma sul tavolo c’era anche il rafforzamento delle relazioni economiche tra i due paesi, specialmente nel settore difesa. Una notizia poco rassicurante per i curdi, che devono fare i conti con nuove minacce dalla Turchia e con lo spettro di un possibile ritiro americano dal nord-est della Siria.

Commercio e missili

Guardando ai dati sui rapporti commerciali tra Italia e Turchia è facile capire l’interesse di entrambi i leader nel rafforzare le relazioni bilaterali: Roma è il quinto partner commerciale di Ankara a livello mondiale, il secondo in ambito europeo e il primo nell’area del Mediterraneo.

L’interscambio tra i due paesi ha superato i 25 miliardi di euro e punta a raggiungere i 30 miliardi nel breve periodo, con un generale bilanciamento tra import-export che ha avvantaggiato entrambe le parti. Nei primi sette mesi del 2023, in realtà, c’è stata una leggera flessione dell’export italiano, sceso del 3,2 percento rispetto allo stesso periodo del 2022, mentre le importazioni hanno registrato un aumento del 9 percento, ma le relazioni economiche restano molto proficue sia per l’Italia che per la Turchia.

Nel paese governato da Erdogan sono presenti almeno 1500 aziende italiane attive in diversi settori, compreso quello ad alto contenuto tecnologico, e non mancano i grandi nomi della difesa.

Questo settore è di particolare interesse per entrambi i leader. Visto lo stello nella vendita dei jet americani F-16, la Turchia è sempre più interessata all’acquisto dei caccia Eurofighter, nella cui fabbricazione è coinvolta anche l’italiana Leonardo.

Allo stesso tempo, la difesa italiana si sta dotando dei droni Asotre prodotti sempre dalla ex-Finmeccanica e che possono essere equipaggiati con i missili Cirit della turca Roketsan. Non va poi dimenticato che le aziende belliche italiane sono coinvolte nella realizzazione dell’aviazione del futuro della Turchia.

Jointek, Leonardo, Mecaer aviation group, Microtecnica, Seconda mona e Glenair Itali, Magnaghi aeronautica e Sfk Industries hanno venduto e vendono componenti per caccia ed elicotteri d’assalto di cui l’aviazione turca vuole dotarsi nei prossimi anni.

A fare le spese di questo rafforzamento delle capacità belliche turche saranno ancora una volta i curdi. Erdogan nelle ultime settimane è tornato a minacciare una nuova invasione di terra del nord-est della Siria contro le Forze democratiche siriane (Sdf), con il Parlamento che ha approvato nuove operazioni contro il paese confinante.

Ancora una volta la retorica bellicista del presidente coincide con l’avvicinarsi di nuove elezioni: a fine marzo verranno rinnovati i sindaci e il partito di Erdogan punta a riprendere il controllo di Ankara e Istanbul. In attesa di una vera e propria invasione, l’aviazione turca ha lanciato diversi bombardamenti contro il nord-est della Siria, nel silenzio anche degli alleati americani.

Gli Usa e i curdi portano avanti operazioni contro l’Isis, ancora attivo nel paese mediorientale, ma l’ombrello americano rischia di scomparire dal Rojava. Secondo quanto rivelato da al-Monitor, il Pentagono sta pensando di ritirare le truppe Usa e spingere le Sdf ad allearsi con Bashar al-Assad, e una possibile rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca non sarebbe di certo rassicurante, visti i precedenti.

Libia e visti

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Ma l’interesse dell’Italia non è certo diretta verso il destino dei curdi. Uno degli obiettivi dell’incontro con Erdogan era invece ottenere l’aiuto turco nella gestione dei flussi migratori provenienti dalla Libia, paese in cui la Turchia ha una posizione dominante.

Ankara è diventata il garante della sopravvivenza del governo di Tripoli, grazie anche al sostegno fornito in ambito militare, e l’Italia spera di poter usare l’influenza turca per ridurre gli arrivi verso l’Italia. L’incontro bilaterale si è concluso senza alcun accordo formale da parte di Erdogan, ma il presidente turco ne ha approfittato per chiedere all’Italia di sostenere le richieste turche in Europa.

I dossier cari ad Erdogan sono da tempo l’ampliamento degli accordi di unione doganale e la liberalizzazione dei visti di ingresso per i cittadini turchi nell’area Schengen. Un aumento del commercio con il Vecchio continente sarebbe utile per far fronte al costante aumento dell’inflazione e della disoccupazione, mentre la liberalizzazione dei visti sarebbe per Erdogan una carta da giocare in vista delle elezioni locali.

Per ora, dunque, l’incontro tra i due leader non ha avuto risvolti concreti, ma di certo Erdogan ha ben poco da temere dalla presidenza Meloni.

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