Con decine di migliaia di morti ogni anno, negli Stati Uniti è in corso un’epidemia silenziosa. Si tratta dell’invasione degli oppiacei sintetici, che in meno di un decennio sono diventati la droga più letale di tutti gli Usa. Dei 107mila decessi per overdose registrati nel 2021, oltre 71mila sono dovuti proprio agli oppiacei sintetici e i numeri sono in rapida crescita: nel 2017, il dato era di 28mila decessi.

Gli oppiacei sintetici non ci hanno messo molto a diventare la droga più pericolosa del paese. Il più letale tra questi si chiama fentanyl. Cinquanta volte più potente dell’eroina, si tratta di un antidolorifico prescritto legalmente negli Usa solo in situazioni particolari – come durante i trattamenti per il cancro – ma venduto spesso illegalmente come stupefacente.

Grazie a prezzi relativamente contenuti, il fentanyl in meno di un decennio ha spiazzato la concorrenza sul mercato e si è diffuso a macchia d’olio: se nel 2015 le autorità doganali statunitensi ne avevano confiscato solo 31 kg, nel 2019 la quantità intercettata dai funzionari era esplosa fino a 1.154 kg.

Rapporti cinesi

Il fentanyl però non è solo una piaga per la società statunitense, ma anche una questione diplomatica estremamente sensibile. La gran parte dei precursori chimici del fentanyl – cioè i suoi ingredienti – sono infatti prodotti in Cina.

Tuttavia a partire dallo scorso agosto, Pechino ha deciso di sospendere la collaborazione con Washington in tema di lotta alla droga. Lo strappo era arrivato dopo che Nancy Pelosi si era recata in visita a Taiwan, spingendo la Cina a prendere serie misure di ritorsione contro quella che era stata percepita come una violazione della propria sovranità.

Dopo di allora, come confermato dalla Casa bianca, le richieste di cooperazione sono cadute nel vuoto. Cina e Usa hanno intrapreso un tira e molla proprio su questo tema. Mentre sabato scorso il segretario di stato Antony Blinken esortava la Cina a riprendere la cooperazione nella lotta alle droghe, l’ambasciatore Qin Gang ha rilasciato un’intervista in cui si giustificava dicendo che Pechino ha dimostrato buona volontà nel cercare di aiutare Washington ma che l’emergenza fentanyl non è stata creata dal proprio paese.

Si tratta però di una sterile schermaglia diplomatica perché se gli Usa pretendono irrealistiche azioni risolutrici da parte cinese, Pechino finge di non avere responsabilità. Al netto delle strumentalizzazioni politiche, l’ondata di overdosi ha una origine complessa.

Negli ultimi anni la Cina ha fatto molti passi avanti e nell’aprile 2019 le autorità cinesi hanno cambiato radicalmente la normativa sul fentanyl, la cui produzione e vendita è legale in Cina solo per le società autorizzate. Prima della riforma le autorità dovevano andare a scovare ogni singola variante del farmaco/droga per poterne dichiarare la libera produzione illegale, in quella che era una lotta infinita contro i gruppi criminali che avevano il vantaggio di poter modificare la formula chimica per produrre composti analoghi e non regolamentati.

Con la riforma del 2019 tutta la categoria farmaceutica è stata sottoposta agli stessi controlli e autorizzazioni, rendendo innecessaria questa esasperante rincorsa. Tuttavia gli sforzi cinesi nella lotta alle droghe sono ancora insufficienti, a cominciare dal fatto che i precursori necessari per la produzione del fentanyl non sono stati coperti dal nuovo regolamento.

Invece che produrre la droga in Cina e venderla direttamente ai consumatori statunitensi, molti dei produttori cinesi ora esportano i precursori chimici verso altri paesi, dove la droga viene sintetizzata e contrabbandata illegalmente negli Usa.

Il polo messicano

Secondo un rapporto di Brookings, negli ultimi anni il Messico e i cartelli della droga locali sarebbero diventati un polo attrattivo di primaria importanza per i precursori cinesi di fentanyl.

Sebbene alcuni di questi elementi chimici abbiano usi legittimi al di fuori della produzione di stupefacenti, come dimostrato dall’indagine di Michael Standaert pubblicata sul SCcmp spesso gli esportatori cinesi sfruttano la mancanza di rigidità nei controlli per mascherare i prodotti dietro a false etichette ed evitare così di sollevare sospetti nascondendo le proprie tracce.

Se la Cina ha un problema di controllo dell’offerta, Washington ha un problema con la proliferazione della domanda. Gli Usa infatti sono il primo paese al mondo per il ricorso agli oppiacei: nel 2012, al loro picco, sono state emesse 81,3 prescrizioni ogni cento persone.

Moltissime di queste persone, a cui i farmaci erano stati ordinati legalmente dai dottori per trattare situazioni di dolore cronico ma non solo, ne sono presto diventate dipendenti e una volta terminate le prescrizioni mediche si sono rivolte al mercato nero per cercare droghe simili come il fentanyl.

Oggi il numero di prescrizioni ogni cento persone si è quasi dimezzato, ma il problema non è certo risolto a vedere il numero crescente di overdosi.

Come ammesso da Michael Vigil, un ex dirigente della Drug Enforcement Administration, la radice principale del problema sta nel comportamento dell’industria farmaceutica e nell’eccessiva prescrizione di oppiacei: «Se la Cina fermasse l’arrivo di fentanyl e di altri oppioidi sintetici negli Usa ciò avrebbe un grosso impatto, ma non fremerebbe l’epidemia».

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