L’anno scorso le principali banche europee che operano in Russia hanno versato nelle casse del Cremlino 800 milioni di euro in tasse, il quadruplo rispetto al periodo prebellico, nonostante le promesse di lasciare o ridurre al minimo le attività nel paese dopo l’invasione russa dell’Ucraina. A rivelarlo è un’inchiesta del Financial Times, che mette in luce le contraddizioni tra la retorica delle sanzioni e la reale volontà di mettere sotto pressione Mosca attraverso la coercizione economica.

L’aumento del volume d’affari delle banche europee è una diretta conseguenza delle sanzioni sul settore finanziario russo, a cui è stato negato l’accesso ai sistemi di pagamento interbancari internazionali. Queste misure hanno reso le banche straniere molto più attrattive, rendendole dominanti.

La crescita dei profitti delle banche occidentali è un indice di come le aziende straniere che continuano a operare in Russia stiano aiutando il paese a preservare la stabilità finanziaria, e resistere alle sanzioni. Le banche statunitensi non sono state incluse nei calcoli del quotidiano britannico, poiché non pubblicano nello specifico i guadagni nella Federazione Russa. La Kyiv School of Economics sostiene che Citigroup ha versato 53 milioni di dollari in tasse, JP Morgan circa 6,7 milioni.

Le banche hanno beneficiato anche dei tassi di interesse elevati, con il tasso di riferimento della Banca centrale russa ancora al 16 per cento, e delle rendite sui fondi “intrappolati” nei conti di deposito russi. L’anno scorso le sette principali banche europee in Russia – l’austriaca Raiffeisen Bank International, le tedesche Deutsche Bank e Commerzbank, le italiane UniCredit e Intesa Sanpaolo, l’olandese Ing e l’ungherese Otp – hanno incassato un utile combinato superiore a 3 miliardi di euro.

Di fronte a questa situazione la Banca centrale europea sta sollecitando le banche dell’Unione ad accelerare il disimpegno, in particolare i due principali istituti europei nella regione: Raiffeisen e UniCredit. Secondo le fonti di Politico, Raiffeisen – di gran lunga la più grande banca dell’Ue che opera sul mercato russo – si aspetta di ricevere una requisitoria vincolante dalla Bce per accelerare la riduzione delle attività nel paese, mentre Reuters sostiene che UniCredit si sta preparando a ricevere una lettera dello stesso tipo.

Politico ha contattato gli istituti, che hanno preferito non rilasciare dichiarazioni. Raiffeisen l’anno scorso ha segnato un utile di 1,8 miliardi di euro versando a Mosca più di 460 milioni in tasse, UniCredit ha incassato 658 milioni e versato 154 milioni. In entrambi i casi si tratta di cifre più di tre volte superiori rispetto al 2021.

In base a quanto stabilito con la Bce, entro il 2026 Raiffeisen dovrà ridurre il proprio bilancio in Russia del 65 per cento rispetto al livello raggiunto nel terzo trimestre del 2023. UniCredit invece ha ridotto l’esposizione del 90 per cento già dopo le prime fasi dell’invasione. Ing l’ha ridotta di oltre l’80 per cento, Deutsche Bank, Commerzbank e Otp hanno anch’esse ridotto significativamente la loro presenza. La più vicina all’uscita è invece Intesa Sanpaolo, che però ancora non è riuscita a cedere le attività.

Il caso più problematico resta quello dell’austriaca Raiffeisen. La nuova tabella di marcia per il disimpegno stabilita con la Bce minaccia i piani del gruppo di salvare il salvabile delle attività in un paese in cui ha 120 filiali e 10mila dipendenti, che da solo genera circa la metà dei profitti dell’intero istituto.

Raiffeisen ha cercato di uscire scambiando la partecipazione della sua società russa con una partecipazione nella società austriaca Strabag, una multinazionale delle costruzioni che ha sede a Vienna e concentra le sue attività sull’Europa centrale e orientale.

Tuttavia, l’accordo è stato ritardato poiché la quota da scambiare era detenuta da Oleg Deripaska, uno degli oligarchi russi più potenti, costretto a cederla a causa delle nuove sanzioni personali. Alla fine dell’anno scorso però quella quota è stata trasferita a una nuova holding, di cui non è chiaro chi siano realmente i beneficiari finali.

Ciò significa che è difficile per le autorità assicurarsi che l’accordo non andrebbe a vantaggio di entità o persone soggette a sanzioni, pertanto è rimasto in sospeso. L’Austria è notoriamente uno dei paesi europei che ha le relazioni più strette con la Russia, con diversi casi di interferenze e legami compromettenti sia a livello economico che politico.

La Bce non ha commentato le indiscrezioni di Politico sull’imminenza di una requisitoria nei confronti di Raiffeisen, ma la presidente del Consiglio di vigilanza, Claudia Buch, a marzo ha detto che alle banche europee in Russia sono state illustrate con estrema chiarezza «le nostre aspettative sul ridimensionamento delle loro attività e delle strategie di uscita dal paese».

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