Mentre l’Unione europea celebra la giornata dell’Europa, al di là della «nuova cortina di ferro» Vladimir Putin partecipa alla tradizionale parata per la giornata della Vittoria del 9 maggio, nel 79esimo anniversario della vittoria sul nazismo nella seconda guerra mondiale.

La «grande guerra patriottica», come la chiamano in Russia. Ma Pobeda (“vittoria” in russo) è una parola declinata non solo al passato, ma anche al futuro. Perché dal 2022 la sfilata di mezzi militari è diventata per Putin l’occasione per attaccare l’Occidente e per esaltare i successi nella guerra in Ucraina.

Le parole di Putin

«Il giorno della Vittoria unisce tutte le generazioni», ha detto Putin nel suo discorso di questa mattina alla sua 21esima parata sulla piazza Rossa. «Andiamo avanti facendo affidamento sulle nostre tradizioni secolari e siamo fiduciosi che insieme garantiremo un futuro libero e sicuro alla Russia».

Sfarzo patriottico, retorica nazionalistica e minacce all’Occidente: «Non permetteremo a nessuno di minacciarci», ha tuonato il presidente russo. E ha aggiunto: «Le nostre forze strategiche sono sempre pronte al combattimento». Qualche giorno fa Putin aveva annunciato per la prima volta esercitazioni militari in cui sarebbero state testate armi nucleari tattiche, in risposta alle parole di Macron sul possibile invio di truppe in Ucraina e a quelle del ministro degli Esteri britannico David Cameron, che aveva sostenuto che Kiev ha il diritto di usare le armi britanniche per colpire la Russia. «Retorica da incoscienti», ha replicato il segretario della Nato Stoltenberg al presidente russo.

La sfilata di missili e mezzi militari è stata l’occasione per ringraziare gli «eroi» che combattono in Ucraina, in un periodo particolarmente favorevole per Mosca: «Ci inchiniamo alla vostra fermezza, abnegazione, dedizione – ha detto Putin –. Tutta la Russia è con voi e crede in voi, anche i nostri veterani».

E poi un messaggio agli stati occidentali: «Faremo tutti gli sforzi possibili per prevenire uno scontro globale», ma Mosca respinge «le pretese di eccezionalità di qualsiasi stato o alleanza. Sappiamo – ha aggiunto Putin – a cosa conducono tali ambizioni irragionevoli». 

Durante il discorso, il leader del Cremlino ha ammesso che la Russia sta attraversando un «periodo difficile» perché «il futuro della madrepatria dipende da noi». Ma dopo aver chiesto un minuto di silenzio, ha concluso: «Per la Russia! Per la vittoria!». Contro la Germania nazista nel 1945 come oggi contro «i nazisti di Kiev».

La parata nella piazza rossa

Sono 9mila i soldati e 70 i mezzi militari, tra missili e carri armati, che hanno sfilato questa mattina per le vie di Mosca. Una parata, però, in formato ridotto: nel 2019 erano 13mila i militari e 132 i mezzi. «Le unità coinvolte nella zona di conflitto non verranno distolte dal combattimento», ha scritto il giornale filogovernativo Isvestija, anche se la vera novità di quest’anno, oltre ai consueti reggimenti, è stata la presenza di mille soldati che hanno combattuto in Ucraina.

Sul palco, accanto a Putin, erano seduti otto leader stranieri. Il suo fedelissimo Alexander Lukashenko della Bielorussia, Kassym-Jomart Tokayev del Kazakistan, Emomali Rahmon del Tagikistan, Serdar Berdimuhamedow del Turkmenistan, Miguel Diaz-Canel di Cuba, Thongloun Sisoulith del Laos e Umaro Sissoco Embalo della Guinea-Bissau. Assenti per ovvie ragioni i rappresentanti europei, alcuni dei quali erano però presenti martedì scorso alla cerimonia di insediamento per il quinto mandato presidenziale di Putin. 

La situazione sul campo in Ucraina

Intanto in Ucraina, dove oggi è arrivata la presidente del parlamento europeo Roberta Metsola per la festa dell’Europa, non si fermano i combattimenti. La situazione al fronte è sempre più critica per Kiev che lamenta di stare attraversando settimane di difficoltà. I russi, oltre che ad avanzare sul terreno, continuano a prendere di mira le infrastrutture energetiche, mentre ieri l’Unione europea ha raggiunto un accordo di principio per usare gli asset di Mosca congelati, che potrebbero ammontare a tre miliardi di dollari l’anno (il 90 per cento speso per armamenti, gli altri per aiuti).

Mentre questa mattina il parlamento ucraino ha votato per destituire il vicepremier Kubrakov e ha rimosso il ministro dell’agricoltura Solsky, in Europa continua il dibattito sulle prossime mosse a sostegno di Kiev: dopo l’uscita di Macron, seguito dal ministro degli Esteri polacco, sull’eventualità di inviare truppe Nato in Ucraina, il capo della diplomazia lituana ha sollevato la prospettiva di una coalizione ad hoc di paesi occidentali che potrebbe inviare personale militare di addestramento a fianco dell’esercito ucraino.

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