Nel peloton dai mille colori sulle strade del Tour di Slovacchia fino a domani sarà possibile scorgere sette tutine blu con alcuni disegni tondeggianti verdi, che ricordano delle molecole legate tra loro.

«Ho saputo dell’esistenza del Team Novo Nordisk guardando la Milano-Sanremo, così mi sono informato e ho partecipato alle selezioni per entrare a farne parte» racconta Filippo Ridolfo, 22 anni di Buja in provincia di Udine, approdato nella squadra development del Team Novo Nordisk nel 2019, ora è al suo terzo anno da professionista.

In questa squadra di ciclismo tutti gli atleti hanno il diabete di tipo 1, una malattia cronica e autoimmune. Il sistema immunitario di chi ne è affetto non riconosce e distrugge le cellule del pancreas che producono l’insulina, l’ormone che regola il livello di zuccheri nel sangue.

Correre con il diabete

«Ho iniziato a 8 anni ad andare in bicicletta seguendo le orme di mio cugino, prima con la mountain bike poi sono passato alla strada con la categoria esordienti» continua Ridolfo. A 13 anni la scoperta di avere il diabete. «A quell’età non capivo bene che cosa fosse, per me è stato un po’ un dolore perché non sapevo se potevo continuare a correre con la bici e come sarebbe cambiata la mia vita» aggiunge.

«L’obiettivo della nostra squadra è ispirare, educare e incoraggiare le persone affette da diabete, promuovendo uno stile di vita attivo e sano – spiega Tim Lindley, senior pr del team – Il messaggio è semplice, ma è difficile raggiungere l’effetto desiderato dal momento che nel mondo ci sono milioni di persone affette da diabete e molte di loro non hanno accesso alla giusta tecnologia e assistenza sanitaria».

Tutto questo avviene anche grazie a Novo Nordisk, l’azienda danese leader mondiale nella produzione di penne per l’insulina, la cui valutazione in borsa ha superato il Pil della Danimarca, ed è il principale sponsor del team.

Che cosa fa Ridolfo quando si allena o corre in una gara? «Come tutti i ciclisti mangiamo tanto, ma allo stesso tempo dobbiamo tenere sotto controllo il livello di glicemia, possiamo farlo con il ciclocomputer e il CGM (Continuous Glucose Monitoring, è un piccolo sensore applicabile sul braccio o sull’addome che monitora 24 ore al giorno i livelli di glucosio, ndr), durante la gara anche l’ammiraglia può controllarli» spiega il ciclista.

«Durante le corse abbiamo un medico specializzato nell’auto, per fortuna i nostri atleti sanno gestire bene il proprio diabete ed è raro che il medico debba intervenire» chiarisce Lindley. «Ciò che accade spesso invece è che i ragazzi si avvicinino all’ammiraglia per controllare i propri valori con il glucometro – aggiunge – se sono bassi durante una corsa, si assume un gel o una barretta energetica, come fanno quasi tutti».

Ogni membro della squadra è seguito dal proprio medico di fiducia e usa le penne per l’insulina che più si adattano alle proprie esigenze. Tra loro è nata anche un’amicizia, grazie alla quale riescono a parlare e scambiarsi consigli su come affrontare la patologia.

L’importante è tenersi sotto controllo e imparare a conoscere come il diabete agisce sul proprio corpo: «Gli atleti imparano a conoscere perfettamente sé stessi e il proprio diabete, meglio di quanto facciamo noi diabetologi» afferma Raffaella Buzzetti, professoressa ordinaria di Endocrinologia alla Sapienza di Roma, che da settembre guiderà la Società italiana di Diabetologia.

«Gli atleti professionisti affetti da diabete sono bravi due volte: non solo perché riescono ad ottenere risultati strabilianti, ma lo fanno tenendo sempre sotto controllo la loro malattia anche durante un’attività fisica come il ciclismo che richiede un grandissimo dispendio di energie e sforzo muscolare, è un doppio impegno», conclude Buzzetti.

Lindley spiega inoltre che «tutto diventa amplificato, c’è il rischio che l’atleta con diabete senta la fatica prima o più spesso, letteralmente finisce il carburante perché il pancreas non lavora come dovrebbe».

Obiettivi

Ridolfo racconta che «punta a entrare in qualche fuga». Si è allenato tra Girona, in Spagna. Insieme alla ricerca del miglior risultato possibile, tra prova a crono, arrivi in volata e due tappe di montagna, Lindley dice che la squadra ha fatto anche altro all’Okolo Slovenska: «In ogni paese in cui corriamo, lavoriamo con la comunità diabetica locale».

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