«I cugini Salvo mi parlarono del Senatore in termini, direi, proprio di intima confidenza. Addirittura con me lo chiamava “Lo zio”, però questo “zio” non deve rappresentare che chiamassero lui, al Senatore come una persona, come si intende nei termini siciliani, lo zio tale, forse per omettere il nome»
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra
Dopo la conclusione dell’incontro con l’on. Lima, Antonino Salvo rappresentò al Buscetta che i “corleonesi” creavano gravi difficoltà all’on. Lima attraverso il Ciancimino, il quale era appoggiato da costoro in modo incondizionato («i corleonesi fanno la vita impossibile a Lima, attraverso Ciancimino, perché Ciancimino è indomabile ed è appoggiato incondizionatamente dei corleonesi»).
Dai discorsi fatti dall’on. Lima e da Antonino Salvo, il Buscetta trasse la conclusione che costoro intendevano avvalersi della sua mediazione per la gestione dei rapporti con i “corleonesi”.
Le dichiarazioni rese sull’argomento dal Buscetta, ed i relativi riscontri, formano oggetto di più approfondita trattazione nella Sezione II del presente capitolo.
Il Buscetta ha altresì dichiarato di avere conosciuto personalmente i cugini Salvo intorno al luglio 1980, subito dopo essersi reso latitante. I Salvo gli furono presentati da Stefano Bontate.
Nei mesi successivi, il Buscetta incontrò frequentemente i Salvo, i quali, conversando con lui, gli parlarono più volte in termini amichevoli del sen. Andreotti («come se potessero, in qualsiasi momento, poter contare sul Senatore»).
Il collaborante ha comunque precisato di non essere in grado di indicare alcuna circostanza in cui i cugini Salvo ed il sen. Andreotti si siano incontrati, né alcuna persona che abbia assistito a simili incontri, né alcuna specifica iniziativa assunta dal sen. Andreotti in favore dell’associazione mafiosa su richiesta dei Salvo.
I Salvo gli parlarono in termini amichevoli anche dell’on. Lima, che essi consideravano «come se fosse uno della loro stessa famiglia, (...) come se fosse un parente, (...) come se fosse una cosa loro». I Salvo sostenevano incondizionatamente l’on. Lima perché costui «rispondeva a tutti i requisiti dell’uomo di cui loro avevano bisogno».
Il collaborante ha poi esplicitato di avere trascorso le festività natalizie del 1980, insieme alla propria famiglia (ritornata a Palermo dal Brasile con un viaggio aereo organizzato dall’ing. Lo Presti attraverso i Salvo), presso la villa del genero di Antonino Salvo, Gaetano Sangiorgi (“uomo d’onore” della “famiglia” di Salemi).
Il Buscetta ha precisato che i Salvo avevano instaurato rapporti particolarmente stretti con Stefano Bontate e con Gaetano Badalamenti, i quali furono incaricati anche di ritrovare – dopo il sequestro del Corleo – almeno il cadavere del suocero di Antonino Salvo.
Le dichiarazioni rese in proposito dal Buscetta all’udienza del 9 gennaio 1996 sono di seguito riportate:
Domanda – Ritorniamo a Nino e Ignazio Salvo. Lei ha già detto di averne sentito parlare, per la prima volta, nel carcere di Palermo, attraverso il dottor Barbaccia, li ha mai conosciuti personalmente, e se sì, quando?
Risposta – Li ho conosciuti personalmente nell’agosto-luglio, subito dopo che mi sono dato alla latitanza mi sono stati presentati da Stefano Bontade.
Intervento del presidente – Quindi siamo nell’anno?
Risposta – 1980, subito dopo la latitanza.
Domanda – Quando dice: mi furono presentati, intende...?
Risposta – Ufficialmente, nel senso di uomini d'onore.
Domanda – Vuole ripetere che cosa sa della loro esatta qualifica in Cosa Nostra?
Risposta – La qualifica in Cosa Nostra è che sono figli, tutti e due, di uomini d'onore.
Domanda – No, loro come qualifica, erano soldati o erano altro?
Risposta – Uno è Ignazio, sotto capo, e l'altro è Capo dei...
Domanda – Della famiglia?
Risposta – Salemi, quindi provincia di Trapani.
Domanda – I Salvo, lo ha già accennato, erano in rapporti con Salvo Lima. Sa qualche cosa di più di ciò che ha detto su questi rapporti tra i cugini Salvo e Salvo Lima?
Risposta – Qualcosa di più, i rapporti sono elettorali, perché ho detto poc'anzi che il candidato per i cugini Salvo era Salvo Lima, e logicamente consideravano Salvo Lima come se fosse uno della loro stessa famiglia, intendo dire famiglia, non Cosa Nostra, come se fosse un parente. Loro parlavano di Salvo Lima come se fosse una cosa loro, Salvo Lima significava per loro difenderlo e portarlo incondizionatamente perché Salvo Lima rispondeva a tutti i requisiti dell'uomo di cui loro avevano bisogno.
Domanda – Dopo questo incontro, durante il quale le vengono presentati, cioè l'incontro dell'hotel Flora al quale partecipa Nino Salvo. Successivamente, lei ha modo di incontrare, di avere altri rapporti?
Intervento del presidente – L’incontro all'Hotel Flora quando avviene?
Risposta – Avviene durante l'estate dell’80, perché è un'estate caldissima.
Domanda – Quindi, dopo questo incontro, ha modo di incontrare altre volte i cugini Salvo?
Risposta – Sì, li incontro moltissime volte, sia nella tenuta di Michele Greco, Favarella, ma anche nel mese di dicembre, volendo passare le feste natalizie insieme alla mia famiglia, mi offrono...
Domanda – Perché durante questo suo periodo di latitanza lei a Palermo era stato da solo?
Risposta – In questo periodo sì. In questo periodo che è l'estate del 1980 sì. Poi, quando si avvicinano le feste natalizie, provvedo a far venire la mia famiglia dal Brasile, i miei figli, mia moglie e mio suocero.
Domanda – E come avviene questo rientro, come arrivano a Palermo?
Risposta – Loro sbarcano a Parigi, e a Palermo vengono con un aereo privato.
Domanda – Di chi era questo aereo privato, o chi aveva provveduto a quest'aereo?
Risposta – Chi aveva provveduto era Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.), ma so che chi si interessava di queste cose, era l'ingegner Lo Presti attraverso i cugini Salvo.
Domanda – Quindi chi aveva provveduto, nel senso di chi aveva pagato, o chi si era interessato di organizzare la cosa?
Risposta – Chi aveva pagato ricordo che era Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.), chi aveva organizzato era l'ingegner Ignazio Lo Presti.
Domanda – Questo che ha detto che era in che rapporti con i Salvo, vuole ripetere?
Risposta – Cugino acquisito.
Domanda – Quindi lei ha detto che fa venire la famiglia per passare le
festività del Natale ’80 a Palermo. Dove le trascorre?
Risposta – Le trascorro in una villa del genero di Nino Salvo.
Domanda – Come si chiamava questo genero?
Risposta – Gaetano Sangiorgi. Questa villa è situata a 50 metri dalla villa del suocero di Nino Salvo, ed è a 50 metri dalla villa di Ignazio Salvo.
Domanda – Ricorda il nome della località?
Risposta – Zagarella.
Domanda – Gaetano Sangiorgi era uomo d'onore?
Risposta – Sì, era uomo d’onore della famiglia di Salemi.
Domanda – Quali erano i rapporti, se ve ne erano, tra i cugini Salvo, Stefano Bontade e Gaetano Badalamenti? È a conoscenza di questi rapporti, se ve ne erano?
Risposta – I rapporti c'erano, ed erano molto intimi. Gaetano Badalamenti (...) era tanto stimato dai cugini Salvo, che insieme a Stefano Bontade, fu l'incaricato principale di poter trovare, quanto
meno, il corpo del sequestrato suocero di Nino Salvo, se non vado errato, Corleo. E Badalamenti si profuse veramente nell'opera di trovare quanto meno il corpo del suocero.
Domanda – E come mai i Salvo si rivolgono a Badalamenti, anch'essi uomini d'onore si rivolgono a Badalamenti per sapere dove ritrovare il corpo del suocero sequestrato? Cosa aveva causato questo sequestro?
Risposta – Il prestigio, in quegli anni, di Gaetano Badalamenti, era immenso. Il prestigio di Gaetano Badalamenti, dopo l'arresto di Luciano Liggio, diventa lui il capo della provincia di
Palermo, ed è lui che gestisce tutte le cose più importanti che succedono in Cosa Nostra. Gaetano Badalamenti era senza dubbio l'uomo più qualificato per poter fare una richiesta simile, ma questa richiesta è una cosa che costa cara a Badalamenti. La ricerca del corpo del suocero di Nino Salvo
costa a Badalamenti di essere il capo di Cosa Nostra, tra le altre cose, per il suo interessamento. Perché negli anni si è saputo e che a fare il sequestro del suocero di Nino Salvo fosse stato in persona proprio Salvatore Riina insieme a Scarpuzzedda.
Domanda – E questo all'insaputa di Gaetano Badalamenti?
Risposta – Ma questo all'insaputa di tutti quanti, era una cosa molto segreta ed arrivano a queste conclusioni proprio attraverso le cose che giorno dopo giorno riusciva a racimolare Gaetano Badalamenti. (...)
Domanda – Le avevo chiesto dei rapporti tra i cugini Salvo, Stefano Bontade e Gaetano Badalamenti, lei ha accennato a questi con Gaetano Badalamenti. Con Stefano Bontade vi erano rapporti, e se sì, di che natura, di che intensità?
Risposta – Uguali a quelli di Gaetano Badalamenti, tanto che poi Stefano Bontade rimane sempre nella Commissione, mentre Gaetano Badalamenti viene espulso, e chi chiede il favore della casa per ricevere i miei familiari, è proprio Stefano Bontade, per i quali loro si offrono e, anzi, con molto piacere. Ma per spiegare che Stefano Bontade rimane in rapporti buonissimi con i cugini Salvo. (...)
Domanda – Le chiedevo: i cugini Salvo le ebbero mai a parlare di esponenti politici?
Risposta – Sì.
Domanda – Di chi?
Risposta – Mi parlarono di Andreotti, del Senatore Giulio Andreotti.
Domanda – In che termini gliene parlarono?
Risposta – Come se potessero, in qualsiasi momento, poter contare sul Senatore. Me ne parlarono in termini, direi, proprio di intima confidenza. Addirittura con me lo chiamava “Lo zio”, però questo “zio” non deve rappresentare che chiamassero lui, al Senatore come una persona, come si intende nei termini siciliani, lo zio tale, forse per omettere il nome. Anche loro stessi parlandone solo con me omettevano il nome e lo nominavano come “Lo zio”.
Domanda – Gliene parlarono una sola volta o più volte?
Risposta – I cugini Salvo vennero a trovarmi prima che arrivasse la mia famiglia alla Zagarella, direi, quasi tutte le sere per tenermi compagnia, e nelle innumerevoli volte che vennero parlavamo
di politica.
Intervento del presidente – Tutti e due?
Risposta – Sì, tutti e due insieme perché tutti e due avevamo le ville oltre a quella del genero, nello stesso posto dove c'era la villa del genero.
Domanda – Avete parlato più volte di politica, nel corso di questi numerosi incontri, e di questo loro rapporto con l'onorevole Andreotti, gliene parlarono una volta o più volte?
Risposta – Più volte. I termini erano sempre amichevoli, erano sempre di amicizia fra loro e il Senatore Andreotti, tra loro e Salvo Lima e Salvo Lima con Andreotti. Di cose specifiche non ne abbiamo parlato perché in Cosa Nostra non esiste molta curiosità. Io non ho mai chiesto ai Salvo come abbiamo fatto ad avere l'Esattoria Comunale, non ho mai chiesto che cosa fossero le sue attività, perché questo è il comportamento di un uomo d'onore: "non chiedere". Se gli viene detta una cosa la apprende, se non gli viene detta è una cosa che non si chiede.
Nella successiva udienza del 10 gennaio 1996 il Buscetta ha compiuto le seguenti precisazioni:
Domanda – Può fare il nome di persone che abbiano assistito ad incontri tra i cugini Salvo ed Andreotti?
Risposta – Io non ce l'ho.
Domanda – Può indicare delle circostanze che a lei risultino, in cui queste persone si siano incontrate, i due Salvo e Andreotti?
Risposta – Non ce l’ho. (...)
Domanda – Può indicare iniziative specifiche assunte dall'on. Andreotti in favore della mafia, su richiesta dell'on. Lima o su richiesta dei cugini Salvo?
Risposta – Non li so.
Domanda – Passiamo ai Salvo. Queste persone erano importanti in Cosa Nostra?
Risposta – L’ho detto ieri, sì.
Domanda – Ricorda le dichiarazioni che ha reso al dottor Falcone nell'interrogatorio del 10 novembre 1984? (...) Ha detto, in quell’interrogatorio: (...) «Il ruolo dei Salvo in Cosa Nostra era modesto». (...)
Domanda – Lei ricorda di avere escluso, davanti al dottor Falcone, che i Salvo fossero dei violenti?
Risposta – Sì. (...)
Domanda – Ricorda di avere escluso, davanti al dottor Falcone, che i Salvo fossero degli uomini sanguinari?
Risposta – Ho escluso che fossero dei sanguinari.
Domanda – Lei ricorda di avere rappresentato al dottor Falcone che i Salvo avevano ricevuto dei soprusi da parte di Cosa Nostra?
Risposta – Ricordo.
Domanda – Si ricorda in particolare a quale episodio lei intendeva riferirsi?
Risposta – Al sequestro del suocero di Nino Salvo.
Domanda – Lei ebbe occasione di parlare dei Salvo con Badalamenti e con Stefano Bontade, nel corso della sua vita?
Risposta – Sì.
Domanda – Le dissero qualche cosa questi due personaggi, in ordine al sequestro Corleo?
Risposta – Sì.
Domanda – Le dissero o le fecero capire che in questo sequestro era coinvolto anche Totò Riina?
Risposta – Me lo dissero anche i Salvo.
Domanda – Quindi i Salvo erano consapevoli del fatto che Riina era uno degli autori del sequestro del suocero?
Risposta – Erano consapevoli ma non avevano la certezza per poterlo ancora dimostrare.
Domanda – Qual è, per quel che lei sa, il motivo per il quale è stato ucciso Ignazio Salvo?
Risposta – Io non lo so, come faccio a saperlo, non lo so. (...)
Domanda – Ricorda quando i Salvo, o uno di essi, ed in questo caso quale per primo, conobbe – l’epoca quindi – quando conobbe Badalamenti e perché lo conobbe? Ricorda l'epoca in cui i Salvo o uno di essi per primo, conobbe Badalamenti e la ragione di questa conoscenza?
Risposta – Io non lo ricordo.
Domanda – Le risulta che Nino Salvo abbia versato a Bontade 2 miliardi e mezzo per ottenere la liberazione o, perlomeno, la restituzione del cadavere del suocero?
Risposta – Non solo non mi risulta, ma so che è anche bugiarda questa espressione.
Domanda – Cioè non è vera?
Risposta – Esatto.
Domanda – Quando ha sentito parlare, per la prima volta, dei cugini Salvo?
Risposta – Quando sono tornato a Palermo, intorno agli anni ’72, ’73.
Domanda – In che termini le vennero rappresentati questi cugini?
Risposta – Come esattori, ricchi, come le persone che appoggiavano la candidatura di Lima.
Domanda – In quell'epoca già le vennero rappresentati come uomini d'onore o lo seppe più tardi?
Risposta – No, certamente lo sapevo già in quell'epoca, anche se non li conoscevo personalmente.
Domanda – Quando li ha conosciuti personalmente?
Risposta – Nel 1980.
Domanda – Dopo la sua evasione, così lei l'ha definita, da Torino, quanto tempo lei è rimasto in Italia?
Risposta – Dal giugno ’80 ad inizio gennaio ’81.
Domanda – Quindi la sua frequentazione con i Salvo durò soltanto in questi 6 mesi, 7 mesi?
Risposta – Esatto.
Domanda – Senta, lei disse al dottor Falcone che i Salvo avevano amicizie di natura politica?
Risposta – Non mi ricordo se glielo ho detto, ma credo di no, e non volevo affrontare questo problema.
Domanda – Nel cosiddetto maxi–processo ci fu un avvocato di parte civile che, con riferimento alle sue dichiarazioni rese al dottor Falcone, la invitò a fare i nomi dei politici a cui lei aveva fatto
cenno, sia pure senza rivelarne il nome, negli interrogatori al dottor Falcone?
Risposta – Non ricordo.
Domanda – Quindi non ricorda che l'avvocato Galasso la incitò a fare i nomi?
Risposta – Non ricordo.
Domanda – Quindi lei non ricorda neppure di avere negato di avere mai fatto riferimento a conoscenze politiche?
Risposta – Non ricordo.
Domanda – Non ricorda che le venne contestato un passo delle sue dichiarazioni, in cui si sosteneva il contrario, che lei disse che allora evidentemente doveva essere frutto di un equivoco o di un fraintendimento del giudice istruttore?
Risposta – Non ricordo questo passo.
Domanda – Quando lei ha parlato dei Salvo al dottor Falcone, non temeva di aprire il fronte della politica? Perché con Lima lo si sarebbe aperto e con i Salvo no, visto la loro caratura, anche politica? (...)
Risposta – Nel 1984 io non ammisi al dottor Falcone, agli inizi della mia collaborazione non volevo parlare dei Salvo. Quando finì di interrogarmi, il dottor Falcone uscì fuori con delle trascrizioni, ricavate da bobine, sulle intercettazioni telefoniche fatte sul telefono dell'ingegnere Lo Presti, dove c'era tutta una spiegazione, che si parlava che i cugini Salvo desideravano che io entrassi in Italia, affinché si potesse mettere fine a questa guerra.
Di fronte a queste cose io, costretto dalle evidenze che erano nate al dottor Falcone, perché io parlando con Lo Presti, e Lo Presti parlando con Ignazio Salvo, si era creato un circuito che io non potevo più negare. Allora solo a questi fini ammisi dei cugini Salvo, ma fu molto dopo la chiusura del mio primo interrogatorio con il dottor Falcone. (...)
Domanda – (...) leggo dal verbale depositato: «Pur nutrendo qualche dubbio sulla reale volontà dello Stato di lottare alla mafia, ho deciso di riferire parte delle cose che sono tutt'ora a mia conoscenza, ritenendo che ne sia questo il momento, riservandomi di riferire il testo nel prosieguo». (...)
Lei ha dichiarato, poco fa, di essersi deciso a parlare dei Salvo solo dopo, e solo perché il dottor Falcone le aveva contestato il contenuto di registrazioni di telefonate intercorse tra lei, Lo Presti, etc. etc.. Nel verbale delle dichiarazioni del 10 novembre 1984, verbale nel quale per la prima volta lei si diffonde sui Salvo, lei esordisce in questi termini: «Pur nutrendo tutt’ora qualche dubbio sulla reale volontà dello Stato di lottare alla mafia, ho deciso di riferire parte delle cose che sono tutt'ora a mia conoscenza», etc..
Ora io le chiedo, perché in questo ravviserei una contraddizione, se ci può spiegare come mai qui, da questo verbale, risulterebbe invece che la decisione di parlare dei Salvo sia in lei maturata autonomamente e non si fa anche riferimento a questa che invece sarebbe stata l'occasione vera del suo ripensamento. Questa è la contestazione.
Risposta – Io posso rispondere brevemente, per dire che la data già di per sé fa vedere che è una cosa che io non volevo parlare con il giudice Falcone, perché il giudice Falcone chiude con il mandato di cattura del mese di settembre del 1984. Il verbale ha una data, del novembre del 1984, significa proprio quello che ho detto prima, che il dottor Falcone viene con le registrazioni telefoniche trascritte e comincia a parlare dei Salvo, a cui io non trovo più scappatoia e deve, irrimediabilmente...
Le parole di contorno che sono dette, all'inizio del verbale, è una forma fiorita di scrivere di un giudice istruttore. Io non avrò detto nella maniera com'è scritto nel verbale, ho detto: va bene, vista questa evidenza, continuerò a collaborare. Quindi è probabile, è vero tutto quello che è scritto nel verbale, però nasce da un riscontro processuale prodottomi dal dottor Falcone.
Intervento del presidente – Le furono contestate queste dichiarazioni?
Risposta – Le bobine, e dice: «Lei, signor Buscetta, non ha mai voluto parlare dei Salvo, ma mi dica, mi spieghi, come mai si parla dei Salvo?».
Intervento del presidente – E questo non è stato messo a verbale?
Risposta – No, io non credo che non è messo. Può darsi che ci siano dei verbali precedenti a questo, non dobbiamo dire cosa succede il 20 novembre, dobbiamo dire cosa succede il 19 novembre anche, non posso rispondere così. Comunque è un dato certo che ho risposto per i Salvo dopo le contestazioni sulle intercettazioni telefoniche.
Intervento del presidente – Quindi conferma che le cose andarono così?
Risposta – Confermo.
Le spiegazioni offerte dal Buscetta in ordine alle ragioni per cui egli, dopo alcune iniziali riluttanze, si era risolto a riferire all’autorità giudiziaria quanto a sua conoscenza circa i cugini Salvo (senza però trattare compiutamente il tema delle loro relazioni politiche), trovano conferma nel contenuto della sentenza n. 91/90 emessa il 10 dicembre 1990 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo.
In questa pronunzia, infatti, si è rilevato che il collaborante aveva in un primo tempo negato di conoscere i cugini Salvo, per essere alla fine costretto ad ammettere il contrario, a fronte delle contestazioni circa il contenuto delle telefonate intercettate, e tuttavia aveva ugualmente mantenuto una linea abbastanza compiacente, sostenendo che il ruolo dei Salvo in “Cosa Nostra” era modesto.
Quanto alla credibilità soggettiva del Buscetta, può – ai semplici fini della valutazione delle dichiarazioni da lui rese sull’argomento in esame – osservarsi che la sentenza n.91/90 emessa il 10 dicembre 1990 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo ha rilevato come – pur senza nascondersi alcuni suoi aspetti contraddittori, talune reticenze e le riserve mentali tendenti a coprire la sua posizione e quella dei suoi più fedeli amici – sia possibile cogliere una generale attendibilità della sue rivelazioni, che raggiunge valori assai consistenti in relazione alle imputazioni di associazione per delinquere di tipo mafioso (non ravvisandosi alcun motivo che avrebbe indotto il collaborante a coinvolgere persone del tutto estranee all'organizzazione).
L’esattezza delle conclusioni cui è pervenuta la suddetta sentenza n. 91/90 è stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 80 del 30 gennaio 1992.
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