- Mentre la Protezione civile ha diramato un’allerta gialla nei giorni scorsi per rischio idraulico in alcune regioni del nord e del centro Italia, dal Joint research centre (Jrc) europeo avvertono che è probabile che si verifichino periodi più caldi e più asciutti delle normali condizioni.
- E contando che attualmente ci stiamo dirigendo nella migliore delle ipotesi verso i 2°C di aumento, l’attuale situazione è considerata “pericolosa”.
- Battuti i massimi storici per l'Europa e gli Stati Uniti, mentre il 2022 si candida ad essere il più caldo di sempre. La siccità europea è la peggiore degli ultimi 500 anni. Ma nel dibattito politico la “crisi climatica” è citata lo 0,5 per cento delle volte.
L’autunno è arrivato in anticipo quest’anno. Lo si vede non tanto dalla riduzione delle ore di luce o dalle temperature, ma dal fatto che in alcune aree del nord Italia gli alberi hanno iniziato a perdere le foglie già dopo la metà di agosto.
Colpa dello stress idrico, della mancanza d’acqua, che ha portato le piante a difendersi per superare quello che si annuncia come un lungo inverno. Ma che sarà, comunque, il più freddo dei prossimi anni. Spostando lo sguardo ancora più a nord, in Groenlandia, le temperature insolitamente alte per settembre stanno mettendo in allarme gli scienziati: durante i primi tre giorni del mese, più di un terzo della calotta glaciale (il 36 per cento) ha registrato un evento di fusione superficiale eccezionale per il periodo dell’anno, in quanto l’energia proveniente dalla radiazione solare è già molto bassa. Lo scioglimento e il deflusso della neve ce lo si aspetta a luglio, non in autunno.
Estate eccezionale
Ma che il 2022 stia entrando a pieno titolo nell’anno dei record – in negativo per il clima – lo conferma anche l’eccezionale estate vissuta dall’Europa: il 12 settembre scorso, nella cittadina francese di Bégaar, si sono registrati 40,7°C, mentre i dati raccolti dal Centro europeo di monitoraggio climatico (Copernicus climate change service), confermano che sia agosto che l’intero periodo estivo è stato il più caldo mai registrato, con un aumento di 0,8°C rispetto al 2021, che già aveva fatto registrare aumenti record. «Un’intensa serie di ondate di calore in tutta Europa, combinate con condizioni di insolita siccità», conferma in una nota Freja Vamborg, capo ricercatore dell’istituto europeo, che «hanno portato a un’estate estrema che ha battuto tutti i record in termini di temperatura, siccità e attività degli incendi». Ma se Italia, Francia, Spagna e Regno Unito (che per la prima volta ha registrato temperature superiori ai 40°C) hanno visto ripetute e prolungate ondate di calore già da giugno e per tutto il periodo estivo, non va meglio negli Stati Uniti e precisamente in California, dove dal 1° settembre più di una dozzina di città in tutto il paese ha stabilito nuovi massimi storici. Sacramento il 6 settembre ha visto gli strumenti rilevare 47°C.
La grande siccità
Mentre la Protezione civile ha diramato un’allerta gialla nei giorni scorsi per rischio idraulico in alcune regioni del nord e del centro Italia, dal Joint research centre (Jrc) europeo avvertono che è probabile che si verifichino periodi più caldi e più asciutti delle normali condizioni nella regione euro-mediterranea occidentale, nei prossimi mesi fino a novembre 2022. Una condizione di persistente siccità che continua da inizio anno e che pone quasi metà del territorio europeo in una situazione di emergenza, che ha già danneggiato la produzione agricola di mais, soia e girasole, ma che sta colpendo anche il sistema energetico, sia per la produzione idroelettrica che per il raffreddamento delle centrali termiche: solo in Italia ad agosto, dai dati diffusi da Terna, la produzione idroelettrica è calata del 42,2 per cento.
La situazione ha portato i ricercatori a affermare che quella che stiamo vivendo potrebbe essere la peggiore siccità degli ultimi cinquecento anni. «Non abbiamo ancora completato le analisi per confermare l’eccezionalità dell’evento. Però comparandolo con il 2018, l’evento di quest’anno è peggiore in termini di intensità, persistenza ed estensione», dice Andrea Toreti, ricercatore capo del Jrc. Sappiamo infatti che il 2018 è stato l’evento peggiore guardando indietro fino al Sedicesimo secolo, grazie ai dati confermati dalle ricostruzioni paleoclimatiche di temperatura e di precipitazione stagionale. È quindi lecito pensare che quello in corso sarà simile, se non peggiore.
Nella direzione sbagliata
Che la crisi climatica sia qui e ora ce lo conferma un recente studio pubblicato su Science lo scorso 9 settembre, che mostra come l’attuale riscaldamento climatico, arrivato a 1,1°C a livello globale, ci sta già portando verso i cosiddetti tipping points, ovvero punti di svolta una volta raggiunti i quali si scatena un’altra serie di eventi a cascata in grado di autoperpetrarsi.
È il cosiddetto effetto feedback, ovvero una sorta di effetto domino che andrebbe a colpire intere ecoregioni e cicli naturali, dalle foreste boreali alle barriere coralline, passando per i ghiacci antartici ai monsoni africani, e innescando eventi difficili da predire e affrontare. E contando che attualmente ci stiamo dirigendo nella migliore delle ipotesi verso i 2°C di aumento, l’attuale situazione è considerata “pericolosa”. Ma che stiamo andando nella direzione sbagliata lo si legge anche nel rapporto United in Science, uscito il 13 settembre e pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), dove si sottolinea come gli ultimi sette anni siano stati i più caldi mai registrati e confermando che esiste una probabilità del 48 per cento che durante uno dei prossimi 5 anni la temperatura media annuale sarà temporaneamente superiore al 1,5°C rispetto alla media 1850-1900.
Le avvisaglie che ci stanno arrivando sono piuttosto inequivocabili, dall’alluvione in Pakistan che ha colpito 30 milioni di persone, sommergendo un terzo del paese, alle prolungate ondate di calore europee e americane, fino alla siccità registrata in Cina e nel corno d’Africa.
Sono tutti segnali che gli eventi estremi stanno diventando sempre più frequenti e intensi a causa del cambiamento climatico indotto dalle attività umane. «Non c’è nulla di naturale nella nuova portata di questi disastri», ha detto il segretario generale delle Nazioni unite, António Guterres. «Sono il prezzo della dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili».
Nel frattempo però la crisi climatica resta fuori dal dibattito politico che ci sta portando verso una delle elezioni più delicate degli ultimi decenni. Secondo un’analisi realizzata dall’Osservatorio di Pavia e commissionata da Greenpeace Italia, che ha monitorato la campagna elettorale nel periodo che va dal 21 agosto al 4 settembre, il cambiamento climatico è stato citato meno dello 0,5 per cento delle volte nelle dichiarazioni dei principali leader politici, mentre le questioni ambientali sono ben presenti, ma sostanzialmente legate alle attuali congiunture economiche e politiche, come il caro bollette e in gran parte declinate come politiche economiche per affrontare la crisi energetica.
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