Un discorso pronunciato a Singapore dal presidente di Saudi Aramco (la cassaforte del regno saudita) ha denunciato la matrice occidentale e i ritardi del piano di transizione energetica, proponendo un’alternativa di stampo geopolitico che guarda al secolo asiatico e a un ruolo di garanzia per i paesi del Sud globale
Questa transizione è etnocentrica. L’ingegner Amin bin Hassan Al-Nasser, presidente e amministratore delegato di Saudi Aramco, non ha usato esattamente queste parole. Ma il suo discorso in occasione della Settimana Mondiale dell’Energia, svolta dal 21 al 25 ottobre a Singapore, ha lanciato un messaggio da cui si può trarre questo significato.
Quel discorso sottintende che la transizione energetica è stata tracciata in Occidente, che le sue categorie sono occidentali per riferimento agli stili di vita e di consumo, ma soprattutto per ammortizzabilità dei sacrifici richiesti ai sistemi industriali locali e regionali. E poiché la sua applicabilità si fa sempre più un miraggio, ecco montare il dissenso da parte di chi maggiormente dovrebbe pagarne l’applicazione tramite drastiche limitazioni proprio sistema produttivo: i sauditi, al pari di ogni altro paese la cui economia si fonda sullo sfruttamento e l’esportazione di combustibili fossili. Ma anche i paesi del Sud globale, che dovrebbero pagare costi insostenibili. La posta in palio è molto alta. Da parte della monarchia di Riad, c’è l’ambizione di affermarsi come potenza politica asiatica di primo piano, per poi scalare una posizione da primaria potenza politica globale.
Le parole di Al-Nasser
La mappa del potere saudita assegna a Hassan Al-Nasser una posizione chiave. Nel ruolo di presidente di Saudi Aramco guida il colosso degli idrocarburi che, grazie alla produzione di 10 milioni di barili di petrolio al giorno, è il principale finanziatore dell’economia nazionale. Gli Al Saud hanno consegnato a quest’uomo le chiavi della cassaforte, ma anche un ruolo centrale nelle strategie di internazionalizzazione del regno. Tutto ciò porta il presidente di Saudi Aramco a largheggiare nel distribuire denaro (l’ultima sponsorizzazione, quella a beneficio della Fifa, ha generato la protesta di oltre 100 calciatrici di diverse nazionalità), ma anche a assumere un profilo politico del massimo rango nel campo della diplomazia internazionale parallela. In questa veste egli ha pronunciato, a Singapore, parole incisive.
Come riportato dal quotidiano saudita Al Riyadh, Al-Nasser ha enunciato qualcosa di molto simile a un programma di politica globale in materia energetica, ma anche un abbozzo di nuova geopolitica: «È necessario sviluppare un nuovo piano per la transizione energetica, che tenga conto del ruolo decisivo che il continente asiatico svolge sulla scena globale, della natura delle risorse a sua disposizione e delle sue prospettive di crescita futura». Il riferimento al continente asiatico traccia dunque una ben precisa prospettiva geopolitica, che è stata ribadita in un passaggio successivo del discorso: «Il 21° secolo potrebbe essere il secolo del continente asiatico, ma alla luce dell’attuale pianificazione della transizione, che si è rivelata inefficace, vediamo che non si tiene in conto né la voce e le priorità dell’Asia, né le voci e le priorità dei paesi del Sud del mondo, e di conseguenza il mondo intero ne subisce le ripercussioni. A causa del fallimento dell’attuale pianificazione, i progressi nel processo di trasformazione sono più lenti e più complessi». Quindi, l’affondo finale: «Molti se lo aspettavano (questo ritardo nel percorso di transizione, ndr), dunque il nostro focus principale dovrebbe essere su ciò che può essere applicato nella pratica, anziché accontentarci della teoria».
Ridisegnare la mappa
Un messaggio dai contenuti complessi, che necessita di essere analizzato su piani distinti. C’è un piano che riguarda la questione delle risorse energetiche, sul quale il regno saudita è chiamato direttamente in causa poiché l’attuale transizione mette in mora un modello di sviluppo economico fondato sulle risorse che alimentano la smisurata ricchezza saudita. Dunque, se si guarda soltanto a questo piano, il discorso pronunciato dal presidente di Saudi Aramco si muove lungo una linea della difesa di interessi particolari.
Ma c’è anche un secondo piano del discorso, quello di più rilevante significato: il piano geopolitico. Al-Nasser fa esplicitamente riferimento all’edificazione di un “Secolo asiatico”, ciò che pare l’anticipazione di un nuovo programma strategico “Vision post-2030”. Rivolto a un continente composto da diversità pressoché incomponibili, ma che potrebbe compattarsi utilizzando la risorsa del Grande Altro: l’Occidente. E entro questo ordine del discorso vanno inseriti i riferimenti ai paesi del Sud globale; che, come il presidente di Saudi Aramco ha specificato in altra parte del discorso, rischiano di essere schiacciati dai costi di una transizione energetica di matrice occidentale.
Al vasto Sud globale, rispetto al quale i sauditi sono né parte né controparte (poiché non sono componenti del Nord del mondo), Al-Nasser ha lanciato una proposta: siamo pronti a farvi da garanti, e a non farvi pagare i costi del disastro ambientale prodotto da chi adesso vuol porvi riparo anche a spese vostre.
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