- Lontano dai nostri occhi e dalla nostra attenzione, l’Antartide continua a mandare segnali preoccupanti
- Il ghiaccio marino che si trova ai suoi margini per il secondo anno di fila è ai minimi storici. È la prima volta che succede da quando vengono fatte queste rilevazioni, negli anni Settanta
- La perdita di ghiaccio marino è pericolosa, perché una delle sue funzioni ecosistemiche è proteggere le calotte polari dalle onde che ne accelerano la disintegrazione. Che infatti sembra pericolosamente vicina
Lontano dai nostri occhi e dalla nostra attenzione, l’Antartide continua a mandare segnali preoccupanti. Il primo riguarda il ghiaccio marino che si trova ai margini del continente bianco: per il secondo anno di fila è ai minimi storici. È la prima volta che succede da quando vengono fatte queste rilevazioni, negli anni Settanta.
Secondo i dati satellitari del National Snow and Ice Data Center degli Stati Uniti il 13 febbraio il ghiaccio marino antartico era 1186mila chilometri quadrati: non era mai stato così poco durante l’estate australe, il record precedente era appunto nell’estate del 2022, il precedente era del 2017 e i cinque picchi negativi di sempre si sono verificati negli ultimi quindici anni. Per altro l’estate è ancora in corso e andrà avanti fino all’inizio di marzo, quindi la copertura potrebbe scendere ulteriormente. L’idea che il Polo Sud risponda in modo migliore alla crisi climatica rispetto al Polo Nord (ormai al collasso e vicino a estati interamente senza ghiaccio) non sembra più applicabile.
Il continente vacilla
Gli sbalzi stagionali da un anno all’altro non sono una novità in Antartide (nel 2014 fu registrato il massimo di copertura di ghiaccio marino) ma la tendenza sembra aver di colpo accelerato. Non casualmente, il National Oceanic and Atmospheric Administration ha annunciato che i ghiacci globali hanno raggiunto il loro minimo storico per il mese di gennaio. Di fatto la copertura di ghiaccio marino in Antartide non è stata alterata per quasi quattro decenni di rilevazioni satellitari e poi ha iniziato a succedere tutto all’improvviso: ora tutto il continente vacilla.
La perdita di ghiaccio marino in Antartide (che a differenza dell’Artico è terra circondata dal mare e non viceversa) è pericolosa, perché una delle sue funzioni ecosistemiche è proteggere le calotte polari dalle onde, fortissime a quelle latitudini. Quelle onde ne accelerano la disintegrazione, che infatti sembra pericolosamente vicina, se osservata da sotto uno dei giganti del Polo Sud, il ghiacciaio Thwaites, uno dei più spaventosi conti alla rovescia climatici che inseguono l’umanità durante l’emergenza climatica.
Thwaites è uno dei ghiacciai più grandi al mondo, ha le dimensioni della Gran Bretagna, ed è quello che perde massa più velocemente. Forse nessun singolo punto di rottura della crisi climatica preoccupa gli scienziati tanto quanto Thwaites, il «doomsday glacier», il ghiacciaio dell’apocalisse. Perderlo completamente significherebbe un innalzamento del livello del mare di mezzo metro. Sarebbero gli «esodi biblici» dalle località costiere di cui ha di recente parlato il segretario generale delle Nazioni unite António Guterres. Sono da poco arrivati i risultati preliminari di un’esplorazione congiunta sottomarina del British Antarctic Survey e dell’US Antarctic Programme, condotta principalmente con l’aiuto di robot sub. È uno dei più vasti progetti di sempre di analisi climatica sul campo dell’Antartide.
Verso il collasso
Secondo i nuovi dati, il ritmo di perdita di ghiaccio è più basso di quello che gli scienziati si aspettavano, ma secondo i nuovi modelli basta anche un quantitativo di fusione relativamente basso per spingere Thwaites verso il suo punto di non ritorno. Quello che hanno spiegato i ricercatori è che non conta il volume di ghiaccio perso, ma quanto il ritmo di fusione aumenta, come e dove aumenta. L’esplorazione condotta attraverso il robot Icefin infatti ha mostrato come Thwaites non sia un monoblocco di ghiaccio ma sia pieno di crepe e punti di rottura, attraverso i quali entra l’acqua più calda dell’oceano Antartico, con una temperatura fino a 2°C più alta del normale. Queste crepe profonde possono minare la stabilità di tutto il ghiacciaio: l’acqua più calda penetra i punti deboli del ghiacciaio, rendendoli progressivamente sempre più deboli, un circolo vizioso che non fa che amplificarsi.
La corsa verso il collasso di Thwaites, che si trova in Antartide occidentale, affacciato sul mare di Amundsen, è partita alla fine degli anni Novanta. Da allora la «linea di terra», il punto di contatto tra ghiaccio e oceano, è arretrata di 14 chilometri. Ci sono punti in cui arretra di un chilometro all’anno. Dagli anni Ottanta fino al 2010 Thwaites ha perso circa 20 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno. Dal 2010 ha perso 40 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno. È questo che spaventa i glaciologici più di ogni altro aspetto: l’accelerazione di questa dinamica.
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