La sovrapproduzione e le quotazioni elevati stanno trasformando una passione in un problema ambientale che minaccia i fragili equilibri dell’appennino in Emilia Romagna, tra spedizioni notturne e speculazioni
- Nell’Appennino Tosco-Emiliano la ricerca dei funghi porcini si sta tramutando in una caccia al tesoro forsennata, con infrazioni delle regole di raccolta, vandalismi alle auto e litigi pesanti tra fungaioli di città e montanari.
- La sovrapproduzione di funghi, grazie a condizioni climatiche favorevoli, ha convogliato in montagna migliaia di persone attratte dall’idea di un facile guadagno per la rivendita dei porcini. I carabinieri forestali hanno sequestrato 400 kg di funghi e comminato sanzioni per 15.000 euro.
- La tecnologia Gps ha stravolto la modalità di ricerca dei funghi, cancellando i segreti del bosco. La passione lascia il posto agli affari. A subirne i danni è anche l’ecosistema montano, sottoposto ad una pressione antropica predatoria.
All’improvviso il bosco fitto, avvolto nelle tenebre notturne, è rischiarato da lampi di luce. Sono i cercatori di funghi porcini che, infrangendo le regole, si orientano con le torce nelle foreste dell’Appennino, prima che sorga il sole, per arraffare i panciuti boletus, sorpassando la concorrenza.
Un rito d’autunno, la ricerca delle prelibatezze fungine del sottobosco, sta diventando un assalto ai boschi. Stanno anzi aumentando le tensioni, con episodi da far west. A chi si introfula in montagna di notte si risponde con tagli di pneumatici, sigillature di portiere, furtarelli e altri vandalismi. Episodi registrati in tutto l’Appennino Tosco-Emiliano e culminati in una scazzottata all’alba, nel bosco di Albareto, nel parmense, tra un residente e un “forestiero” lombardo che si contendevano una fungaia.
Le autorità tentano di arginare gli illeciti con sequestri di “refurtiva”, ossia i quantitativi extra-legge di funghi raccolti, comminando multe e denunciando gli autori di reati.
Questione di prezzo
Negli ultimi anni, grazie a condizioni climatiche favorevoli, vi è stata una sovrapproduzione spontanea di porcini, anche a quote altimetriche basse. Il secondo aspetto è la crisi economica, aggravata dal Covid-19. La quotazione media di 1 kg di porcini freschi è di 15 euro. Un compenso allettante se si riempiono le ceste. Anche chi non è mai andato in montagna è invogliato dalla prospettiva di facili guadagni. E dal tentativo di aggirare le regole: perché il fungo spunta di notte, ed allora è una “gara” a chi arriva prima degli altri a coglierlo.
I porcini crescono in tutta Italia e in altre nazioni europee, specialmente nei Balcani. Gli intenditori assicurano che è nel tratto emiliano, dal piacentino al modenese, e in Lunigiana e Garfagnana nel versante toscano, che spuntano i più buoni. I migliori sono appannaggio del parmense, in specifico della Valtaro, che si fregia della denominazione IGP per il Fungo di Borgotaro.
“La qualità – spiega il Colonnello Pierluigi Fedele, comandante del gruppo di Parma dei Carabinieri forestali ed esperto micologo - sembra sia dovuta alla combinazione del clima con il territorio: le correnti d’aria sospinte dal mar Ligure sono cariche di vapor acqueo che trovandosi di fronte la catena appenninica subiscono uno sbalzo termico fino a dieci gradi centigradi in meno e quindi condesano e, valicato il crinale, scaricano il contenuto mantenendo di fatto un livello di umidità costante nei boschi che oltre a favorire i funghi è anche, per fortuna, un fattore mitigante degli incendi che qui non scoppiano quasi mai».
La nascita dei funghi, dice circostanzia Antonio Mortali, tecnico forestale del Consorzio delle Comunalie Parmensi, è determinata «da condizioni macroclimatiche non controllabili: deve fare caldo, poi piovere in assenza di vento e freddo. Per una buona fruttificazione occorre che il bosco sia curato, ben mantenuto e con tagli mirati che facciano filtrare la luce nel modo giusto». Il fungo è simbionte con gli alberi, le radici si scambiano sostanze. I porcini più belli nascono nelle faggete, i più saporiti nei castagneti e, ancor più, nei boschi di querce.
Un bene collettivo
La raccolta dei funghi in montagna è una tradizione che affonda nei secoli ma solo nel Novecento ha cominciato a produrre reddito, tanto che a un certo punto è sorta l’esigenza di normare il settore. «La prima riserva per la raccolta funghi – spiega Mortali – è stata istituita in Valtaro nel ‘64. Da quella poi sono derivate le leggi nazionali e regionali». Le Comunalie sono un istituto giuridico insolito: boschi e terreni montani sono di proprietà collettiva degli abitanti dei paesini circostanti, frazioni di un comune capoluogo a valle.
In Alta Val Taro le Comunalie sono 30 e danno diritto, a chi vi abita, al taglio della legna per uso personale e alla raccolta dei funghi illimitata. Un modo per garantire un reddito e mantenere popolata la montagna.
Il fungo è diventato un attrattore di turismo fuori porta, consentendo agli appassionati di città di raccoglierne quantitativi personali (fino a 3 kg) dietro il pagamento di un permesso per accedere ai boschi quattro giorni alla settimana (tariffa giornaliera da 13, 15 o 20 euro a seconda delle zone). Nei week-end in Valtaro affluiscono 10mila persone, in una stagione 200mila. Una pressione molto forte. Quest’anno il freddo intenso ha stoppato tutto alla prima settimana di ottobre.
«L’annata migliore fu il 2013 – racconta Mortali – staccammo 60mila biglietti per un introito di circa 1 milione di euro. Quei fondi le Comunalie li investono in piste, sentieri e acquedotti e in protezione civile e automediche, utili quando la gente si perde in montagna. L’anno scorso 30mila biglietti e circa mezzo milione di incassi, ma le persone in cerca di funghi erano il doppio: purtroppo c’è molto abusivismo e poca sorveglianza».
Questo innesca le tensioni perché, se pur la torta dei funghi diventa più grande le fette diventano più piccole, specie per i montanari. «Nel 2017 – spiega Fedele – è stato introdotto un nuovo codice Ateco, con una facilitazione fiscale: pagando una tassa anticipata di 100 euro annui permette la raccolta dei frutti del sottobosco fino a un reddito di 7.000 euro. Un passo avanti».
La cessione dei funghi in modo regolare ai commercianti, oltre all’emersione dal nero, consente la tracciatura e i controlli alimentari dell’Ausl, perché coi funghi il rischio avvelenamento è sempre dietro l’angolo. “Il reddito da questa attività è di 4-5mila euro” stima Mortali. Ma vi sono casi di famiglie che in una stagione guadagnano 20mila euro e più.
Effetto GPS
«Il meccanismo ha cominciato a rompersi quindici anni fa – spiega Paolo, che abbina la passione dei funghi a quella venatoria, in Val Parma – fino ad allora il fungaiolo manteneva il segreto fino in punto di morte sui siti delle fungaie, spesso in luoghi impervi. Poi sono arrivati i satellitari e il GPS. E la gente, specie quelli di città e della bassa, hanno cominciato a segnarsi i punti dove trovavano i funghi. E a passarsi le tracciature. A rivendersele. Un conoscente mi ha mostrato una mappatura con 6mila punti Gps. Il bosco non ha più segreti. Non è etico». La tracciatura col Gps ha rovinato amicizie.
«Invece il bello è proprio andare in cerca di una cosa nascosta, girare nei boschi per riconnettersi con la natura – racconta Monica Morelli, fisioterapista di mestiere ed escursionista nel tempo libero – In Val Parma è stata un’annata favolosa, trovavi porcini ovunque, sembrava fosse un supermercato. E questo mi ha invogliato meno. Su ai Lagoni c’era pieno di gente, con poco rispetto della natura, rovesciavano tutto il sottobosco, scavavano addirittura, poi finisce che distruggi l’ambiente”.
«Con tanti abbandoni di plastica e rifiuti – dice Andrea Coloretti, di Cervarezza (Re), fungaiolo da quand’era bambino – i boschi finiscono degradati. Un sabato sono andato in Valbona alle 6.30, quando sono arrivato c’erano 40 macchine e gente nel bosco con le torce e addirittura una cellula fotoelettrica, e poi trovi funghi calpestati, perché al buio non li vedono». Nel reggiano, a Ospitaletto di Ligonchio, quattro auto di fungaioli “esterni” sono state ritrovate con tutti i pneumatici tagliati. «Sono il segno di un’esacerbazione – commenta Fedele – noi abbiamo scoperto e denunciato un anziano montanaro che sigillava con colla le serrature delle auto. Nei nostri controlli quest’autunno abbiamo sequestrato 400 chili di funghi e comminato sanzioni per 15mila euro».
A vigilare ci sono anche le Guardie ecologiche volontarie di Legambiente (Gela). «Abbiamo dato 40 sanzioni, in genere da 50 euro per mancanza di permesso, sequestrando tutti i funghi raccolti. - afferma Davide Mori, presidente Gela di Parma - In alcuni casi siamo arrivati a 200 euro di sanzione, per raccolte ingenti non consentite. Potremmo dare multe più elevate, ma il nostro intento è educativo».
Il problema, prosegue Mori, è che il fungo «da passione è diventato un business. In Valtaro qualcuno ha venduto appezzamenti di boschi a lombardi, in prevalenza bergamaschi, che così hanno acquisito il diritto di raccogliere funghi senza limitazioni, poi li vendono a Milano e dintorni, e così facendo viene meno il reddito della gente del posto. Capita che molta gente si metta in pericolo di vita, esce con la nebbia, si perde, oppure scivola e si fa male. Così interveniamo anche per dare soccorso, in supporto alla Protezione Civile». A volte non si fa in tempo. Due cercatori di funghi sono morti quest’anno in appennino: un 79enne nel reggiano, un 51enne in Lunigiana.
© Riproduzione riservata