Schiacciato tra un debito pubblico colossale e un «debito ecologico» sospeso come una spada di Damocle sulle teste dei francesi, il nuovo governo si trova di fronte a un dilemma: sacrificare gli sforzi necessari alla transizione ecologica per risparmiare
Michel Barnier crede nell’ecologia «delle soluzioni»: un’ecologia capace di decarbonizzare le industrie, incoraggiare l’innovazione e creare delle filiere per il riciclo, secondo il nuovo premier francese.
Il tutto con un budget totale di 40 miliardi di euro in meno rispetto all’anno scorso, per evitare che il deficit superi il 5 per cento del PIL nel 2025. «40 miliardi di spesa pubblica in meno sono una cifra mostruosa» avverte François Veillerette, portavoce di Générations Futures, associazione di difesa ambientale, secondo cui una riduzione troppo drastica rischia di spezzare delle dinamiche già fragili. «È come nel malato immaginario di Molière: troppi salassi eliminano la malattia, ma anche il malato».
La prima a farne le spese è Agnès Pannier-Runacher, a capo di un ministero della transizione ecologica ridimensionato: la gestione delle foreste è affidata al ministero dell’agricoltura, mentre i trasporti e l’alloggio passano sotto la competenza di altri ministeri.
«È dal 2017 che avevamo un grande ministero della transizione che inglobava tutti questi settori chiave, fondamentali per abbassare le nostre emissioni di gas serra e condurre una transizione ecologica giusta – dice Anne Bringault, coordinatrice dei programmi presso il Réseau Action Climat, federazione di 27 associazioni ecologiche – ma se i trasporti escono da questo perimetro, sarà più facile ascoltare chi vuole costruire più strade e ampliare gli aeroporti, per esempio. È un segnale molto inquietante».
Segnali inquietanti
E non si tratta dell’unico segnale. L’allentamento previsto delle norme sul consumo del suolo (ZAN), che permette di contenere la cementificazione selvaggia e la revisione della certificazione energetica degli edifici, lo strumento su cui si basano le politiche per la ristrutturazione e l’isolamento dei palazzi, rischiano di aumentare il debito ecologico caro a Barnier.
E pensare che la sua nomina aveva lasciato ben sperare, soprattutto dopo il passaggio di Gabriel Attal poco sensibile all’ambiente: «Attal ha perso in due settimane quello che noi avevamo guadagnato in quindici anni», si rammarica François Veillerette.
Barnier, ministro dell’ambiente dal 1995 al 1997, poi dell’agricoltura tra il 2007 e il 2009, ha istituito il principio di «chi inquina, paga», lanciato la Commissione nazionale del dibattito pubblico per associare i cittadini alle scelte di sviluppo del territorio e creato il «fondo Barnier», destinato ad aiutare i comuni a rimborsare i cittadini colpiti da catastrofi naturali o residenti in zone ad alto rischio. Barnier aveva pure tenuto testa alla FNSEA, la potente lobby agricola francese, per ridurre del 50 per cento l’uso dei pesticidi.
Un bilancio tutto sommato positivo. Ma i tempi sono cambiati: oggi Barnier guida una maggioranza relativa fragile e soprattutto non può permettersi di alienarsi il Rassemblement national, pena la sfiducia e le dimissioni.
Tra austerity e aspettative
Oltre ai tagli già previsti dal governo precedente, 1.5 miliardi di euro in meno ai «fondi verdi», lo strumento per finanziare la transizione nei territori, Barnier prevede dei timidi aumenti di prelievi fiscali sui mezzi di trasporto particolarmente inquinanti: i suv pesanti e gli aerei, che dovrebbero fruttare rispettivamente 316 milioni e 1 miliardo di euro.
Misure che verranno discusse in parlamento dal 21 ottobre, quando la legge di bilancio approderà all’Assemblée nationale, ma che vanno nella giusta direzione secondo Anne Bringault: «Tassare l'aviazione è un modo per recuperare denaro. Fa parte di quelle che chiamiamo spese nocive per il clima: spesso si tratta di agevolazioni fiscali su alcuni combustibili fossili, come il cherosene. Non è normale che un mezzo di trasporto sia tassato meno di altri anche se inquina di più».
Non tutti dovranno stringere la cinghia. Nel bel mezzo di questa doppia crisi economica ed ecologica Michel Barnier ha firmato, il 2 ottobre, la lettera di garanzia per coprire i costi dei Giochi Olimpici invernali previsti sulle Alpi francesi nel 2030. 520 milioni di euro inseriti nel bilancio 2025, a cui se ne aggiungeranno altri in futuro.
«Michel Barnier è personalmente legato alle Olimpiadi invernali. Ma in un periodo di rigore non si tratta di un'emergenza, quando non si agisce contro il riscaldamento globale, la punizione non viene dall'ecologia, ma dall'assenza di ecologia», dice François Veillerette.
© Riproduzione riservata