- I tanti studi che si sono succeduti negli ultimi due decenni permettono (ormai) di affermare che vivere in un’area designata “da bonificare” comporta rischi ambientali per la salute.
- Lo stato di salute nei siti da bonificare (Sin) e nelle aree inquinate si conosce grazie alle varie edizioni dello studio Sentieri, coordinato dall’Istituto superiore di sanità, e a tante ricerche eseguite negli ultimi anni.
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Nonostante i molti suggerimenti e le raccomandazioni che accompagnano gli studi disponibili si deve registrare la debolezza delle azioni di prevenzione, o la loro assenza. Come conseguenza i ricercatori sono frustrati, i cittadini sconfortati o arrabbiati, il sistema di prevenzione si rileva inefficiente, e in generale aumenta la sfiducia.
I tanti studi che si sono succeduti negli ultimi due decenni permettono (ormai) di affermare che vivere in un’area designata “da bonificare” comporta rischi ambientali per la salute.
Il rischio a cui sono soggetti tanti concittadini dipende dal grado e dal tipo di inquinamento, da quanto le persone respirano aria inquinata, toccano materiali pericolosi, a volte lo stesso suolo su cui si cammina, se bevono acqua o mangiano cibi contaminati, e da fattori come il lavoro che fanno, le abitudini di vita, lo stato socio-economico.
Lo stato di salute nei siti da bonificare (Sin) e nelle aree inquinate si conosce grazie alle varie edizioni dello studio Sentieri, coordinato dall’Istituto superiore di sanità, e a tante ricerche eseguite negli ultimi anni.
Nonostante i molti suggerimenti e le raccomandazioni che accompagnano gli studi disponibili (il più recente è VI Rapporto Sentieri) si deve registrare la debolezza delle azioni di prevenzione, o la loro assenza.
Come conseguenza i ricercatori sono frustrati, i cittadini sconfortati o arrabbiati, il sistema di prevenzione si rileva inefficiente, e in generale aumenta la sfiducia: tutti ingredienti che non fanno bene a una società già provata da più crisi intrecciate tra loro. Chiudere gli occhi, guardare o vedere: attitudini differenti con conseguenze diverse
Le aree inquinate vengono solitamente osservate e presentate con diversi strumenti, che non ci si stanca mai di spiegare ai non addetti ai lavori, e lo fa anche il VI Rapporto Sentieri, nella consapevolezza dell’importanza di una alfabetizzazione specifica verso amministratori e cittadini.
Gli indicatori più utilizzati per caratterizzarle sono:
I dati medi sull’insieme delle aree. È come scattare una foto con un grandangolo, da lontano. Ad esempio sui 46 Sin la mortalità per tutte le cause tra il 2013 e il 2017 è risultata in eccesso del 2 per cento, l’ospedalizzazione del 3 per cento per maschi e femmine;
I dati medi specifici per ciascuna area. È come scattare una foto con uno zoom, più ravvicinata. Ad esempio il Sin di Casale Monferrato (48 comuni con 79.477 abitanti nel 2019) registra l’eccesso di mortalità generale più elevato tra i 46 Sin analizzati, +19 per cento per i maschi e +17 per cento per le femmine (rispetto alla media del Piemonte), che è dovuto non solo ai mesoteliomi della pleura causati dall’amianto ma anche da eccessi di malattie cardiovascolari e respiratorie. Caso simile è il Sin di Balangero (cava e discarica di amianto a cielo aperto) che registra un 15 per cento in più di decessi. Inoltre, ci sono tanti Sin con dati sanitari anomali, circoscritti a poche malattie, ad esempio eccessi consistenti di leucemie e linfomi non Hodgkin nel Sin di Brindisi, che non emergono se si osserva solo l’insieme delle cause.
Il numero di “casi” in più rispetto all’area di riferimento. Questo dato dipende dalla mortalità presente nell’area e dalla numerosità della popolazione residente: quando è piccola anche la differenza tra casi che vengono osservati e casi che ci si aspetterebbe di vedere in condizioni normali sarà limitata, mentre quando la popolazione è grande la differenza potrà essere più consistente. Ad esempio i due Sin di Livorno (due comuni, 173.545 abitanti) e Piombino (un comune, 33.180 abitanti) hanno registrato entrambi un eccesso di mortalità del 7 per cento (uomini più donne), ma per effetto del diverso numero di abitanti i morti in eccesso ogni anno sono 130 a Livorno e 29 a Piombino.
Malattie e inquinamento
Ma ancora prima di “tuffarsi” nei numeri occorre partire da due nozioni di fondo: talune malattie sono riconosciute come associate a fattori di rischio ambientali con maggiore forza e quindi c’è maggiore solidità quando si traggono delle conclusioni; all’interno delle aree studiate ci sono diversi livelli di inquinamento, e quindi di esposizione al rischio della popolazione, e pertanto gli elementi scelti come “indicatori di impatto” sono costruiti facendo una media tra situazioni peggiori e migliori.
Questo è un elemento non trascurabile, tanto più importante quanto più le aree sono ampie e disomogenee al proprio interno. Ad esempio nel grande Sin della Campania “litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano” (in parte Terra dei fuochi), che conta 77 comuni e oltre 1,4 milioni di abitanti, Sentieri ha registrato un eccesso di mortalità generale del 9 per cento (+8 per cento maschi, +10 per cento femmine) corrispondente a circa 5 decessi in più ogni 2 giorni.
In questo caso è ragionevole ritenere che ci siano subaree con carico di inquinamento e di conseguenza di malattie più alto e altre meno, come viene confermato da studi che usano uno zoom più potente.
Questo fenomeno, che in gergo viene detto di diluizione, agisce anche in aree più ridotte, dove l’inquinamento e le conseguenze negative sulla salute si concentrano in sub-aree. Ad esempio nei Sin di Brindisi, Mantova, Brescia ci sono aree più libere e altre più impattate. Quindi gli indicatori su base comunale subiscono una diluizione e vanno considerati con grande cautela, per evitare di comunicare rischi più bassi di quelli davvero esistenti o viceversa.
Il dovere di dare conto
La domanda che più frequentemente accomuna cittadini, amministratori e giornalisti verte su come interpretare la gravità o la compromissione: come sta davvero l’area dove vivo o che amministro? Che solitamente si porta dietro: Come sta rispetto a altre?
Questi punti di domanda sono legittimi e importanti, ma rispondere in modo corretto e comprensibile non è per niente facile; la famosa frase di Einstein «fate le cose nel modo più semplice possibile, ma senza semplificare» è tutt’altro che retorica.
Agli studiosi, compreso il sottoscritto, che hanno visitato per studi e ricerche tante aree inquinate, da Taranto a Marghera, da Gela a Piombino, da Priolo alla Terra dei fuochi e tanti altri ancora, è capitato spesso di doversi confrontare con posizioni molto diverse, spesso divaricate, sul significato dei risultati degli studi. Si trova chi sottovaluta, che a volte veste i panni del pompiere, a volte di indifferente, oppure chi si assurge ad accusatore di chi vorrebbe difendere solo il proprio giardino (la così detta sindrome nimby), o chi interpreta i risultati in modo parziale e di comodo.
Queste posizioni sono frutto di una debolezza strutturale di alfabetizzazione, comunicazione, partecipazione, e su questo anche il VI Rapporto Sentieri offre materiali e spunti interessanti.
Il risultato è che raramente si fanno i conti fino in fondo con la giusta richiesta di disinquinamento, di prevenzione, di presa in cura individuale e collettiva.
Rinunciare al futuro
Il ritardo delle bonifiche, anche in aree ormai dismesse da anni, comporta il mantenimento di rischi che sarebbero mitigabili, e anche l’impossibilità di utilizzi nuovi e diversi, una sostanziale ipoteca sul futuro. Il caso del Sin di Massa Carrara, uno dei primi insediamenti industriali in Italia, è emblematico: vecchi impianti, Anic-Agricoltura ex Rumianca, Italiana Coke, Ferroleghe, Farmoplant (ex Montedison-Diag), chiusi da decenni, bonifiche al palo, cattivo stato di salute perdurante.
Anche a Gela, raffineria Eni chiusa nel 2014 e attività di bonifica in grave ritardo, lo stato di salute non subisce sostanziali miglioramenti, e mortalità, ricoveri e malformazioni congenite permangono a livelli molto alti.
Il problema dell’uso di tante aree si pone in modo critico allorché si materializzano nuovi progetti industriali, basti per tutti il caso di Piombino, in cui un rigassificatore di gas naturale liquido si va a collocare in un’area che, al di là delle narrazioni correnti, i parametri ambientali e sanitari non permettono certo di considerare come “normale”.
Il ruolo chiave dei ricercatori
In aree di crisi la quadratura del cerchio è un’operazione complessa, ancora più difficile se si tenta senza coinvolgere i primi portatori di interesse, che sono i cittadini.
Ogni dato dice qualcosa di diverso e solo mettendoli insieme si può comporre un quadro fedele della realtà. Davanti alla Ragazza col turbante di Johannes Vermeer, meglio conosciuta come Ragazza con l’orecchino di perla, molti vanno subito all’orecchino, altri sono attratti dal turbante o dallo sguardo diretto verso l’osservatore, altri osservano prima da lontano, tutti i punti di vista sono indispensabili per passare dal guardare al vedere, cioè conoscere.
Lo stesso vale anche per un rapporto sullo stato di salute come Sentieri. Diversamente, sguardi superficiali, disattenti, parziali non sono utili per vedere, per conoscere, per prevenire.
Nei risultati e nelle conclusioni del Rapporto Sentieri, per tutti i 46 Sin e per ciascuno di essi, sono contenuti importanti chiavi di interpretazione, elementi di sintesi, indirizzi e raccomandazioni che dovrebbero essere presi in carico da parte delle autorità ai diversi livelli di responsabilità.
I rapporti hanno sempre confermato negli anni gli impatti ambientali e i carichi di malattia e rafforzato le indicazioni di prevenzione, in primo luogo le bonifiche, le necessità di approfondimento e di monitoraggio.
Procrastinare significa non assumersi la responsabilità di fare ciò che si dovrebbe, e non darne conto ai cittadini. Quando si dice che «errare humanum est, perseverare autem diabolicum» dovremmo chiederci il perché si persevera nello sbagliare: verosimilmente la ragione risiede nell’attitudine a non voler riconoscere l’errore.
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