L’Emilia-Romagna allagata a maggio, dopo mesi di siccità, è diventata un’infografica del sesto rapporto Ipcc-Onu sulla crisi climatica: «La frequenza e l’intensità delle precipitazioni estreme è aumentata dal 1950 in tutte le terre emerse e il cambiamento climatico di origine umana è il principale fattore». Se andiamo un migliaio di chilometri più a occidente, o se allarghiamo su scala globale, è iniziata la stagione delle ondate di calore a nord dell’Equatore, ed è a quella stagione che ora dobbiamo prepararci.

Gli effetti delle temperature estreme sono la prossima emergenza dietro l’angolo per un’Italia che riesce a pensare solo un problema alla volta e che invece dovrebbe dotarsi di uno sguardo sistemico.

Il giorno più caldo

In Spagna l’anomalia termica ha raggiunto gli 11°C sopra le medie, in Asia stiamo assistendo a una sequenza di record di temperature senza precedenti, che rappresenta allo stesso tempo un problema sanitario e uno di sviluppo: le persone muoiono e si rischiano di bruciare decenni di progresso in paesi non attrezzati a reggere. Secondo un’analisi di Carbon Brief, metà della popolazione globale vive in regioni che hanno registrato la propria temperatura più alta di sempre negli ultimi dieci anni.

Il 40 per cento della superficie terrestre non era mai stato così caldo come nell’ultimo decennio e un essere umano su due ha dovuto attraversare il giorno più caldo della propria vita tra il 2013 e il 2023. Il 2022 è stato il quinto o sesto anno più torrido della storia (a seconda dei dataset di riferimento) e l’anno scorso 380 milioni di persone hanno affrontato il giorno più caldo di sempre mai registrato nel posto dove vivono, con i picchi noti dell’Europa occidentale e meridionale e della Cina. Nella maggior parte dell’Europa, il giorno più caldo è stato in una delle ultime quattro estati.

I costi del clima

È anche un problema di sviluppo umano, perché con queste temperature estreme ogni conquista è sul piatto. Nell’ondata di calore del 2022, il 90 per cento della popolazione dell’India ha visto aumentare il proprio rischio di soffrire la fame, il reddito o di andare incontro a una morte prematura, secondo uno studio dell’Università di Cambridge. Secondo le normali variabilità del meteo, il subcontinente indiano dovrebbe sperimentare un’ondata di calore estremo ogni trent’anni. Le ultime, devastanti anche in termini di perdite di vite umane, sono invece state nel 2010, nel 2015, nel 2022 e ancora quest’anno, con il 60 per cento del territorio dell’India attualmente in questa situazione.

Con il passaggio alla fase di surriscaldamento naturale con il fenomeno El Niño, le cose non tenderanno a migliorare. Secondo l’Università di Cambridge, «l’aumento della frequenza di queste ondate di calore mortali potrebbe invertire tutti progressi fatti dall’India nel contrasto alla povertà, all’insicurezza alimentare, alla disuguaglianza di genere». Senza un piano di adattamento serio, le temperature estreme potrebbero costare all’India il 2,8 per cento del suo Pil fino al 2050 e addirittura l’8,7 per cento del Pil entro il 2100 (senza contare quindi tutti gli altri disastri climatici). È una prospettiva significativa per quella che sta diventando la popolazione più numerosa al mondo e che corre per trasformarsi in un’economia da 10 triliardi di dollari entro il 2030.

Impreparati

Su una scala completamente diversa, la prospettiva di un’estate pericolosamente calda nelle città italiane sembra fuori dalla conversazione politica, nonostante veniamo dalla più torrida della storia (2022) e dal record europeo di sempre stabilito in Sicilia (2021). Un’altra ricerca, fatta dall’Università di Bristol e pubblicata su Nature, ha identificato le aree al mondo più vulnerabili a un drastico aumento della frequenza e dell’intensità delle ondate di calore. «Temperature che sembrano implausibili finché non le si registrano possono verificarsi dappertutto».

È la normalizzazione della scala dell’impossibile nel formato di un termometro, come i quasi 50°C in Canada o i quasi 49°C a Siracusa. Però questi sbalzi non colpiscono tutti i paesi allo stesso modo. Secondo lo studio, questo è per esempio il principale rischio che ha di fronte l’Afghanistan in mano ai Talebani e già in siccità da anni. Altri epicentri di pericolo sono il Centro America, la Cina e, ancora una volta, l’Europa.

«I governi devono prepararsi in anticipo alle ondate di calore, creando dei rifugi nelle città e preparandosi a ridurre le ore di lavoro all’esterno. La preparazione salva vite umane». Niente di tutto questo sta accadendo in Italia.

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