- L’Osservatorio Città Clima di Legambiente registra ben 28.483 siti del patrimonio culturale esposti ad alluvioni, dei quali quasi la metà ricadono in uno scenario di pericolosità elevata.
- Secondo l'Istat, nel nostro paese, la spesa nel settore culturale sfiora il 2,9 per mille contro una media Ue del 4 per mille, dato che relega il nostro Paese al 23° posto tra i 28 Stati membri (2018).
- Lo scorso 19 gennaio, la Commissione Cultura del Senato ha approvato all’unanimità una risoluzione sul problema dei cambiamenti climatici legandoli alla tutela del paesaggio e del patrimonio culturale.
Se per il pianeta non c’è più tempo, come urlato venerdì nelle piazze durante lo sciopero per il clima, all’Italia non va meglio. La situazione del nostro paese è peculiare in quanto presenta un patrimonio culturale e paesaggistico diffusissimo, su un territorio già denso di problematiche poiché sismico e in gran parte sottoposto a dissesti idrogeologici e frane.
In Italia, come rilevato già nel 2020 dal Rapporto dell’osservatorio di Legambiente città clima, ben 28.483 siti del patrimonio culturale sono esposti ad alluvioni. Nell’edizione aggiornata del rapporto si precisa che quasi la metà ricadono in uno scenario di pericolosità elevata.
Fenomeni in aumento
Lo scorso anno si sono registrati 133 fenomeni atmosferici estremi, in aumento del 17,2 per cento rispetto all’anno precedente. Gli impatti più rilevanti si sono registrati in 602 comuni italiani, 95 in più rispetto all’anno precedente (quasi più del 18 per cento).
Si tratta di 486 casi di allagamenti da piogge intense, 406 casi di stop alle infrastrutture con 83 giorni di stop a metropolitane e treni urbani, 308 eventi con danni causati da trombe d’aria, 134 eventi causati da esondazioni fluviali, 48 casi di danni provocati da prolungati periodi di siccità e temperature estreme, 41 casi di frane e 18 casi di danni al patrimonio storico. L’allarme è stato rilanciato nei giorni scorsi in occasione dello sciopero globale per il clima.
Venezia e la marea
Nel racconto di questo fenomeno non si possono tralasciare i malati storici come la laguna di Venezia, dove l’innalzamento del livello medio del mare ha un impatto diretto sulla conservazione del patrimonio artistico, culturale e paesaggistico nel centro storico e nell’ambiente lagunare circostante.
Nel novembre 2019 la basilica di San Marco è stata invasa da 110 centimetri d’acqua, che hanno allagato la cripta e il nartece, con diversi danni al pavimento musivo, particolarmente soggetto alla corrosione dell’acqua salata.
La stazione di Punta della Salute, dal 1923 a oggi, ha registrato 25 maree eccezionali, ma di queste 16 si sono verificate nell’ultimo ventennio.
A confermarlo è Stefano Liberti che nel suo libro Terra Bruciata (Rizzoli) dedica due capitoli allo stato di salute della Laguna: «Sono i venti di scirocco, sempre più forti, che determinano l’acqua alta e quello che non si dice è che nel 2019, ci sono stati tre eventi consecutivi nella stessa settimana, sopra i 140 centimetri. Non era mai successo».
A rischio
Nello stesso periodo, il centro storico di Matera ha subìto un’alluvione che ha provocato allagamenti nei locali ipogei dei sassi e divelto la pavimentazione di alcune vie centrali.
Inoltre, secondo le stime contenute nel suddetto rapporto, solo nel comune di Roma i beni immobili esposti a rischio alluvioni sarebbero 2.204, in un’area che comprenderebbe anche il centro storico, zona Pantheon, piazza Navona e piazza del Popolo.
Per il comune di Firenze i beni immobili esposti a rischio alluvioni risultano 1.145, tra cui la basilica di Santa Croce, la biblioteca nazionale, il battistero e la cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Fenomeni estremi
Anche il nostro paesaggio è a rischio, essendo sempre più vittima di quelli che ci siamo abituati a chiamare fenomeni atmosferici estremi.
Come la tempesta di vento di Vaia che nel 2018 ha raso al suolo milioni di alberi sulle Dolomiti o gli eventi atmosferici estremi che l’anno scorso hanno colpito Catania, Palermo e Napoli, danneggiando chiese e statue, per fortuna senza vittime.
La risoluzione
Ma non ci sono solo i cambiamenti climatici che mettono in pericolo il patrimonio storico, archeologico, artistico e paesaggistico. La scienza sostiene che i pericoli per il patrimonio culturale derivino anche dalla perdita di biodiversità, dal cambiamento d’uso del suolo e dall’alterazione dei cicli biogeochimici.
Per questo nei mesi scorsi la commissione cultura del Senato ha approvato all’unanimità una risoluzione, voluta dalla senatrice del Movimento 5 stelle, Michela Montevecchi, che ha portato in parlamento il problema dei cambiamenti climatici legandoli alla tutela del paesaggio e del patrimonio culturale.
«Sono felice che dopo un lungo lavoro sia stata approvata la risoluzione che impegna il governo e i ministeri competenti a mettere in campo tutte le azioni di tutela del nostro patrimonio culturale e paesaggistico dall’impatto dei cambiamenti climatici» dice la senatrice.
«È un documento innovativo che indica la strada per un’agenda politica tesa a proteggere quel tesoro diffuso di cui il territorio italiano è costellato. Sono beni culturali e luoghi che sono fonte di conoscenza storica e di ispirazione per quella creatività che ci è riconosciuta a livello internazionale, ma che sono fortemente a rischio».
Gli impegni
Il lungo documento impegna il governo a una serie di azioni in grado di rafforzare il nostro patrimonio che prevedono: l’adozione degli strumenti di pianificazione paesaggistica e territoriale non ancora adottati; l’incremento delle risorse umane e strumentali e la valorizzazione delle professioni e delle competenze; la prosecuzione dell’attività di mappatura dei siti industriali abbandonati al fine di riqualificarli nell’ottica del contrasto del consumo di suolo; l’implementazione della carta del rischio del patrimonio culturale tramite una piattaforma open source; considerare i musei come istituzioni strategiche per la conoscenza del tema della crisi climatica; la promozione di progetti di divulgazione scientifica all’interno di ambienti interattivi; favorire attività di valorizzazione ecosostenibile tesi anche ad alleggerire lo stress antropico dovuto a flussi turistici massicci.
La tutela dell’ambiente
Alcuni degli impegni indicati trovano già attuazione con il Pnrr che alla cultura destina 4,28 miliardi di euro, pari all’1,82 per cento delle risorse totali.
Stanziamenti importanti anche per dismettere la maglia nera della spesa nel settore dei servizi culturali, che secondo l’Istat sfiora il 2,9 per mille contro una media Ue del 4 per mille, dato che relega il nostro paese al 23esimo posto tra i 28 stati membri (2018).
La tutela dell’ambiente è poi entrata in Costituzione in chiave sostenibile, con la modifica all’articolo 9 che già prevede la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico del nostro paese.
«È un passaggio imprescindibile per un paese come l’Italia che sta affrontando la propria transizione ecologica. Per le azioni che facciamo oggi e per le conseguenze che ci saranno in futuro sulle prossime generazioni, questa conquista è fondamentale e ci permette di avere regole ben definite per proteggere il nostro pianeta» ha commentato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.
I ragazzi scesi in piazza venerdì sperano che non siano solo parole.
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