- La sindaca di Santa Croce sull’Arno (Pisa) Giulia Deidda (Pd) da quasi un mese tace. Si è sempre rifiutata di commentare l’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Firenze che la vede indagata.
- Lei, insieme ai vertici del sistema industriale delle concerie, è indagata per associazione a delinquere finalizzata a «una serie indeterminata di delitti ambientali con particolare riguardo a molteplici traffici organizzati di rifiuti e delitti di inquinamento ambientale e abuso d’ufficio».
In un’intercettazione del 20 novembre scorso la sindaca Deidda discute con i presunti sodali di un prossimo incontro con il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo (Pd), cofirmatario con Pieroni dell’emendamento che favoriva i conciatori.
La sindaca di Santa Croce sull’Arno (Pisa) Giulia Deidda (Pd) da quasi un mese tace. Si è sempre rifiutata di commentare l’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Firenze che la vede indagata insieme ai vertici del sistema industriale delle concerie per associazione a delinquere finalizzata a «una serie indeterminata di delitti ambientali con particolare riguardo a molteplici traffici organizzati di rifiuti e delitti di inquinamento ambientale e abuso d’ufficio». La sindaca si trincera dietro questioni di privacy e rispetto del lavoro della magistratura. Eppure per lei si profila il ruolo di fulcro dell’inchiesta, come è facile dedurre da una semplice ricostruzione dei fatti emersi.
Il sistema illecito
Gli industriali del cosiddetto comprensorio del cuoio, principale distretto italiano del pellame accanto a quello veneto di Arzignano (con il quale sussistono stretti legami), sono accusati di aver smaltito illegalmente centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici, finiti come materiale di riempimento in cantieri pubblici. L’esecutore materiale, per così dire, dello smaltimento illegale è l’imprenditore calabrese Francesco Lerose, arrestato, considerato dagli inquirenti «a disposizione della cosca Grande Aracri», una delle più significative articolazioni della ’ndrangheta. Questo aspetto della vicenda ha fatto virare l’attenzione dei politici toscani sul tema, non nuovissimo peraltro, delle infiltrazioni mafiose nell’economia della regione, su cui naturalmente si avverte l’esigenza di «tenere alta la guardia».
Ciò che emerge dalle indagini dimostra però che il ruolo della criminalità organizzata nella vicenda è circoscritto alla fornitura di un servizio. La ’ndrangheta non ha il controllo della situazione ma al contrario appare nel ruolo di semplice subfornitore al servizio di un disegno criminale che gli inquirenti attribuiscono agli industriali di Santa Croce e al quale i politici toscani partecipano con piena consapevolezza e unità d’intenti.
Deidda e Pieroni
Non solo Deidda ma anche il consigliere regionale Andrea Pieroni (ex presidente della provincia di Pisa) accusato di corruzione per aver ricevuto la promessa di 2mila euro in cambio della acrobatica presentazione di un emendamento (scritto per lui dall’avvocato dell’associazione dei conciatori) con cui il consiglio regionale ha esentato i depuratori della zona del cuoio dall’obbligo stringente di autorizzazione integrata ambientale (Aia). Tra gli indagati anche Ledo Gori, capo di gabinetto del presidente della regione Eugenio Giani, che ha subito provveduto a scaricarlo licenziandolo. Mentre Deidda e Pieroni resistono strenuamente ai loro posti.
La piena consapevolezza
In un’intercettazione del 20 novembre scorso la sindaca Deidda discute con i presunti sodali di un prossimo incontro con il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo (Pd), cofirmatario con Pieroni dell’emendamento incriminato ma non indagato, al quale si vuole chiedere un interessamento per togliere di mezzo il dirigente regionale Alessandro Sanna che, con i suoi insistenti richiami a rispettare leggi e regole, ostacola l’attività industriale. Deidda appare la più decisa e dalle sue parole non si capirebbe se è la sindaca o un’imprenditrice seccata. Parla sostenendo che «dovevano essere costruttivi e dire espressamente che Sanna rompeva il cazzo, perché non era obiettivo e ne faceva una questione personale». Ma l’intercettazione che inchioda Deidda (non a responsabilità penali ma alla verità dei fatti e dei suoi comportamenti politici) è stata fatta ben tre anni fa. E illumina una piena consapevolezza: l'industria del comprensorio di Santa Croce sparge veleni, e la politica lo sa. Ogni ciclo industriale ha un nemico economico, lo scarto delle lavorazioni.
Il Keu
Nel caso delle pelli è il Keu, il granulato sinterizzato. Al telefono emerge chiaramente la preoccupazione perché «il Keu non era idoneo per riutilizzo in edilizia (ad esempio per gessi o intonaci) a causa del colore scuro e dei cloruri. Si tratta di fatto delle stesse criticità chiarite anche nella notizia di reato dell’agenzia regionale della protezione ambiente di Pisa (soprattutto con riferimento alle concentrazioni di cromo e di cloruri) tali che lo rendono inutilizzabile come materiale per l'edilizia», scrivono i pubblici ministeri.
A smaltire il Keu ci pensava l’impresa di Lerose. Il Keu, dilavato dall’acqua, libera il cromo esavalente, cancerogeno. Il 24 luglio 2018 tra gli indagati c’è preoccupazione per il fatto che i funzionari della regione hanno messo in discussione il conferimento del Keu all’impresa di Lerose. Lorenzo Mancini, presidente del consorzio di depurazione Aquarno, chiama Deidda. Sarebbero il controllato e il controllore, ma il tenore della telefonata, che affronta anche temi privati, dimostra che i ruoli sono saltati. «Un poco di tempo fa c’era stato un simpaticissimo sopralluogo dell’Arpat, del Noe (…) hanno scritto alla regione, chiedendo alla regione di verificare la possibilità che noi si possa continuare a smaltire il Keu con Lerose, eee cosa che a questo punto noi dubitiamo fortemente», dice Mancini. Deidda chiede un chiarimento: «Scusa Lorenzo, eh! Smaltire il Keu con?». Mancini risponde: «Con Lerose, quelli con cui si lavora, che si butta nei sottofondi stradali o nei cementifici». E, infatti, i fanghi velenosi delle concerie di Santa Croce hanno trovato nuova vita come materiale di riempimento per la statale 429 e per l’aeroporto militare di Pisa, ma anche sotto un centro commerciale. Mancini chiarisce la questione al seguito dei controlli: «Una rottura di palle, veramente questa è una rottura di palle, francamente una grandissima rottura di coglioni (…) è vent’anni che lo fanno e nessuno ha mai detto nulla (…) Giulia in questo momento alternative non ce ne sono, sai quanto tempo è che si pensa a delle alternative? Cioè quella cosa dell’economia circolare che dice Rossi (Enrico Rossi, presidente della regione fino all’ottobre scorso, ndr) cioè noi si prova ad andà negli asfalti si può prova anda però, se caca il cazzo tutte le volte (….) e vaffanculo». A questo punto Deidda vuole capire la natura del problema e Mancini spiega che «se te lo butti nel cemento, di fatto lo leghi, cioè quindi nel cemento se ci piove sopra, non rilascia niente… Lerose però lo usa anche come sottofondo stradale cioè nei riempimenti prima di fare (…) l’asfalto e lì loro te lo contestano, cioè quell’utilizzo te lo contestano, quindi dicono alla regione (…) perché secondo loro non ha le caratteristiche per poter andare lì, cioè questo loro lo interpretano così».
Il Keu a contatto con l’acqua si scioglie liberando il cromo esavalente. Nei rilievi effettuati in questi giorni sulla strada 429, ai bordi del rilevato stradale, sulla scarpata è stata riscontrata la presenza di materiale nero, si tratterebbe proprio di Keu, esposto agli agenti atmosferici.
Non si ferma l’industria
Il ciclo industriale non si può interrompere e Deidda commenta: «Uno si sveglia una mattina e dice… andiamo un po’ a vedè lì che fanno?… boh?». Parla come se l'agenzia regionale di protezione ambientale, i carabinieri del nucleo operativo ecologico e la forestale andassero lì per passare la mattinata e non per adempiere al loro dovere di controllare. Mancini si lamenta di questa situazione e dei controlli inaspettati. «Rossi è cotto, Rossi non conta più una sega, qui fanno tutti come gli pare (…) però mi sembra che a questo punto non gliene frega un cazzo a nessuno cioè… un sai neanche chi può essere il tuo referente… Chi è, Mazzeo? Chi è, Pieroni? Chi è? Chi è?». Mazzeo era consigliere regionale, ora presidente del consiglio, si è incontrato con i conciatori, ha firmato l’emendamento dello scandalo, ma non è indagato. Pieroni, invece ha proposto l’emendamento che favoriva i conciatori senza conoscerne neanche il contenuto tecnico. Il tema ambientale non è neanche all’ordine del giorno della conversazione. Solo la tutela dell’industria conciaria. Mancini dice: «Se metti in discussione questo settore qui… cazzo… chiudiamo l’Italia». Nel 2004 è stato firmato un “accordo di programma”, tra comuni, gestori e governo, che concedeva alcune deroghe agli scarichi del depuratore Aquarno in cambio di una serie di interventi previsti da un cronoprogramma. Sono passati 17 anni e di certo c’è solo la deroga sugli scarichi. Sul rispetto di quel programma di lavori, invece, neanche la regione è in grado di rispondere.
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