- Siamo nelle ore finali e più delicate di COP27, la conferenza sui cambiamenti climatici in Egitto, e il governo italiano è assente da ogni tavolo del negoziato
- L’Unione Europea negozia per blocchi, ma ai tavoli ci vanno i singoli paesi. All’Italia non è stato affidato nessuno dei dossier cruciali, mentre i ministri degli altri paesi negoziano fino a notte, quello italiano Pichetto Fratin è già andato via e non tornerà a Sharm El Sheikh
- Doveva essere una COP di passaggio, invece le decisioni prese in queste ore potrebbero avere effetti per decenni e cambiare la governance e la forma del mondo
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Demonstrators have 1.5 written on their hands as they advocate for the 1.5 degree warming goal at the COP27 U.N. Climate Summit, Wednesday, Nov. 16, 2022, in Sharm el-Sheikh, Egypt. (AP Photo/Nariman El-Mofty) Associated Press/LaPresse Only Italy and Spain
Sono ore tese a COP27, il negoziato Onu sui cambiamenti climatici in corso in Egitto da dieci giorni e ormai prossimo alla conclusione. «Le parti rimangono divise su un gran numero di temi significativi, c'è una rottura della fiducia tra nord e sud, tra economie sviluppate ed emergenti. Questo puntarsi il dito addosso è la ricetta per la mutua e assicurata distruzione», ha commentato il segretario generale dell'Onu António Guterres.
Si sta trattando su questioni in grado di cambiare la forma del mondo: se avviare l'uscita da tutti i combustibili fossili o solo dal carbone e se i paesi più sviluppati dovranno contribuire a un fondo di compensazione a favore di centinaia di paesi afflitti dalla crisi climatica, come le Isole Marshall, che stanno sparendo sotto acqua, o il Pakistan, che quest'anno ha avuto danni per 30 miliardi di dollari e milioni di sfollati.
L'Unione europea prende decisioni come un blocco unico, ma ai tavoli negoziali ci vanno i rappresentanti dei singoli paesi, che si dividono le questioni chiave per gruppi di lavoro. E c'è un'assenza che si sta facendo notare: l'Italia.
Al nostro paese non è stato affidato nessuno dei dossier che compongono il mosaico e nessun rappresentante del governo è presente a Sharm El Sheikh a dare indirizzo politico, mentre i ministri di ogni altro grande paese dell'Unione stanno trattando fino a notte fonda per trovare alcuni tra i compromessi più difficili della storia recente, destinati a cambiare la finanza, l'economia, l'energia e gli equilibri mondiali.
Meloni e Pichetto
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto il suo passaggio durante il segmento dei capi di stato e governo, ha stretto mani e accordi sul gas ed è volata via, come d'altra parte normale e previsto: alla Cop il capo del governo porta la visione, poi il negoziato è la materia dei ministri.
Il testimone è passato al nuovo ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che c'era (silente) nel giorno di Meloni e poi è tornato per un altro breve passaggio in Egitto di un giorno e mezzo, all'inizio della settimana.
Pichetto Fratin ha avuto photo opportunity e ha rilasciato interviste ai media italiani, citando temi spendibili mediaticamente ma irrilevanti per il negoziato (come il nucleare) e ha stupito per la sua scarsa dimestichezza con le lingue.
Per il bilaterale con l'inviato per il clima degli Stati Uniti John Kerry ha dovuto farsi assistere da un'interprete. Kerry gli ha chiesto dei progressi dell'Italia, lui ha risposto, si sono sorrisi e stretti la mano, pura forma e niente politica.
Pichetto Fratin è andato via martedì e il suo staff ha confermato che non tornerà a Sharm in nessun caso. Il futuro lo decidono gli altri.
Solo li sherpa
Sul campo sono rimasti a trattare i tecnici del ministero, coordinati dall'inviato per il clima Alessandro Modiano, che a differenza di Kerry o di altre figure con lo stesso titolo non è membro del governo, non ha investitura politica ed è pure in scadenza per il ruolo.
Insomma, Modiano non ha potere e titolo per prendere decisioni, che nel frattempo diventano cruciali e vengono negoziate da altri.
Si dovrebbe chiudere ufficialmente stasera, si arriverà probabilmente a sabato o domenica, siamo nella fase più delicata, in cui i nodi tecnici possono essere risolti solo politicamente, ed è per questo che stanno lavorando senza sosta i governi.
La ministra spagnola della transizione ecologica Teresa Ribera è stata scelta dalla presidenza di COP27 per facilitare il dialogo sul decisivo tema del global goal of adaptation insieme alla ministra dell'ambiente delle Maldive Shauna Aminath: si decidono strumenti, parametri e fondi per capire come prepararsi agli effetti dei cambiamenti climatici.
Per la Germania è arrivata la ministra degli esteri (ed esponente dei Verdi) Annalena Baerbock, mentre la sua collega di governo Svenja Schulze, ministra alla cooperazione, ha presentato il Global Shield, lo scudo assicurativo globale per il clima, una delle novità principali di COP27.
Austria e Svezia stanno trattando sul tema dell'adattamento per conto dell'Europa, lo stesso fanno Belgio e Germania sul tema della mitigazione, cioè la riduzione delle emissioni. Il tema della finanza è stato preso in mano dai governi di Olanda e Lussemburgo.
Quello irlandese è al lavoro per smussare la posizione europea sulla questione loss & damage, la parte di finanza climatica pubblica che dovrà erogare i risarcimenti da parte dei paesi sviluppati (quindi anche dell'Italia) a quelli più poveri, che non hanno contribuito alla crisi ma ne devono affrontare i problemi peggiori.
La ministra finlandese del clima Maria Ohisalo sta lavorando al complicato rebus del testo dell'accordo finale.
La Francia intanto gioca la sua partita politica attraverso l'alleanza con diversi paesi del Sud globale per riformare le istituzioni della finanza e innovare il sistema ereditato dalla fine della seconda guerra mondiale.
I nuovi equilibri
Come si capisce da questo elenco, il negoziato sui cambiamenti climatici è un groviglio di questioni e temi, nel quale oltre 190 paesi divisi in una decina di blocchi devono accordarsi non più solo su come si proteggono l'ambiente e la Terra riducendo le emissioni di gas serra ma anche su come si governano le questioni del mondo.
Doveva essere una conferenza sul clima minore, di passaggio, invece si sta rivelando un evento in grado di creare equilibri che ci porteremo per decenni.
In questo groviglio ogni paese sta seguendo la sua agenda, imponendo i suoi temi e il suo angolo di visione, mentre il nuovo governo italiano è a casa a farsi raccontare le cose al telefono.
Qualunque cosa venga decisa (o non decisa) nelle ore di negoziato non stop da oggi a domenica, l'Italia potrà sostanzialmente soltanto subirla.
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