«Quanti chili hai fatto?». La domanda può sembrare bizzarra, invece è proprio così che ci si rivolge a un “plogger” per sapere quanto è stato efficace il suo esercizio. Il plogger è un praticante del plogging, un particolare tipo di jogging che prevede la raccolta dei rifiuti trovati lungo il proprio percorso.

L’ha inventato Erik Ahlström, un amante dello sport nella natura, un signore nato, cresciuto e vissuto in un paesino sperduto nelle montagne svedesi, dove il divertimento principale era praticare lo sci d’inverno e la corsa d’estate. Nel 2016 Erik si sposta a Stoccolma per motivi di lavoro e la città gli riserva immediatamente una sgradevole sensazione: racconta infatti di essere rimasto letteralmente agghiacciato dalla quantità di rifiuti dispersi nell’ambiente urbano (e verrebbe da dire “meno male” che non ha dovuto trasferirsi a Roma…).

Non ci pensa due volte e, attrezzato di guanti e sacchetti, decide di ripulire i luoghi che attraversa mentre si allena: prova un’istantanea sensazione di benessere, un profondo sollievo legato alla percezione di aver fatto qualcosa di utile e giusto. Così, il giorno seguente, decide di filmare e condividere sui social le immagini del suo allenamento. In un attimo il video diventa virale, l’esempio virtuoso e contagia tutti i runners eco-friendly del globo.

Il neologismo

Insieme al successo cresce velocemente anche il bisogno di dare un nome alla nuova disciplina sportiva. Erik sente l’esigenza di chiamare in maniera semplice quell’esercizio denso di significato e moltiplicatore di motivazioni, capace di spronare al movimento chi è sensibile alla causa ambientale e, viceversa, capace di avvicinare alla causa ambientale chi è attratto dal movimento fisico. Così, dopo un neppur troppo lungo brainstorming con la moglie, nasce “plogging” dalla fusione di due parole: “jogging” termine internazionale ormai noto a tutti e la parola svedese “plocka upp” (che significa raccogliere da terra). L’intuizione risulta estremamente efficace, un'unica parola universale, di facile comprensione per tutti, attraverso cui diffondere un messaggio complesso: un neologismo azzeccatissimo per esprimere un modo rivoluzionario di fare sport, uno stile originale di muoversi e di promuovere consapevolezza.

Le gare

Di sicuro non vedremo mai il plogging tra le discipline del programma olimpico ma c’è chi ha pensato bene di divulgarlo attraverso un circuito di gare. Così anche il plogging ha il suo campionato del mondo, una manifestazione nata in Piemonte nel 2021 e che, da allora, è stata organizzata annualmente (e finora solo in suolo italiano). Per partecipare è necessario qualificarsi attraverso un circuito di prove detto “challenge”.

Le gare si svolgono in un terreno delimitato all’interno del quale ogni concorrente è libero di scegliere il percorso che preferisce, con l’unico obbligo di passare per due punti di controllo. La classifica si ottiene sommando i punteggi di due fattori; il primo è legato alla prestazione atletica in termini di chilometri totali percorsi e di dislivello accumulato. Il secondo fattore è relativo alla parte ecologica ovvero, all’immissione di CO2 risparmiata all’ambiente, calcolata grazie alla misurazione della quantità e tipologia di rifiuti raccolti e al tempo di cui avrebbero avuto bisogno per essere smaltiti naturalmente.

La grande partecipazione di atleti e la presenza, purtroppo sempre massiccia, di materia prima (leggi spazzatura) anche nei posti più remoti e apparentemente incontaminati, ha dato il via a un circuito di gare a tutti i livelli e in tutti gli ambienti (montano, collinare, marino, urbano). Ci sono anche le corse a tappe. In Italia è famosa la “Keep Clean and Run” che, proprio quest’anno, ha appena concluso la sua decima edizione con un percorso che, dal 17 al 23 aprile, ha portato i concorrenti dall’area metropolitana di Torino fino a Roma.

Dal punto di vista fisiologico, gli scienziati dell’esercizio, hanno dimostrato che il plogging è molto più completo ed efficace del jogging, perché combina la corsa a movimenti di piegamento di gambe (cambi di direzione, squat, affondi) e al coinvolgimento intenso di braccia e tronco (necessari per portare e trasportare). A parità di minuti corsi si consuma dunque un 30% in più di calorie, si sollecita la tonificazione di tutto il corpo e si favorisce la definizione muscolare, perché il lavoro di forza resistenze si consuma in regime aerobico.

EPA

Gli specialisti

In perfetta sintonia con quanto accade in tutte le discipline agonistiche, oggi ci sono anche gli specialisti del plogging. Perciò un atleta come il serbo Miloš Stanojević, nel suo Paese è una vera e propria star ambientalista, noto prevalentemente per riuscire a ripulire anche le zone più remote e impervie, raggiungibili magari solo in kayak o arrampicando. La specializzazione non riguarda solo la componente atletica ma anche l’abilità nel cercare e differenziare. Per dare un’idea delle capacità degli specialisti, negli ultimi campionati mondiali, ogni atleta è stato attivo per circa 6 ore. Il vincitore ha rimosso, da solo, 140 kg di spazzatura e tutti gli 80 partecipanti insieme, oltre 3000 Kg: la CO2 non emessa in atmosfera, grazie alla corretta separazione e all’avvio al riciclo, è stata calcolata in oltre sei milioni di grammi, ovvero l’equivalente di circa 60 mila chilometri percorsi da un’auto oppure di 50 voli aerei Milano-Roma.

Il FIL e il PIL

Alcuni dati oggettivi che esprimono efficacemente la portata di queste manifestazioni: le si potrebbe considerare come la “versione motoria o attiva” della pubblicità progresso, un modo concreto per promuovere un comportamento virtuoso per ispirare e spronare ognuno, nel proprio piccolo, a fare qualcosa per una grande causa. C’è però un aspetto, non trascurabile, in cui tutti i plogger, anche i non agonisti, sono particolarmente specializzati e ha un nome importante: si chiama felicità.

Nei giorni scorsi è uscita la speciale classifica del FIL (felicità interna lorda). Il termine FIL fu inventato per perfezionare il concetto di PIL (prodotto interno lordo) che già nel 1968, Robert Kennedy descriveva con queste parole: «Il PIL misura tutto eccetto ciò che rende la vita meritevole di essere vissuta». Da allora, il tentativo di misurare e classificare ciò che rende la vita meritevole di essere vissuta, esercitato nel FIL, prende in considerazione cinque indicatori: uno dei cinque è relativo all’aspettativa di vita, con una serie di importanti collegamenti col movimento e il contatto con la natura. E se, come le neuroscienze confermano, la felicità è una competenza e imparare ad essere felici si può, allora il “plogging” è un ottimo metodo di studio. Facendo nostra la portata della parola “cura” verso noi stessi e verso l’ambiente, ne conseguirà la consapevolezza che le due cose coincidono: forse, come diceva il professore di meditazione buddista Wes Nisker, potremmo convincerci che non siamo “sulla” faccia della terra ma siamo “la” faccia della terra.

© Riproduzione riservata