Importanti scoperte circa il sottosuolo lunare arrivano dal rover cinese trasportato sul lato a noi invisibile della Luna dalla sonda Chang’e-4. Mentre, sulla Terra, due miliardi di persone sono sottoposte a stress idrico per tutto l’anno. E la situazione potrebbe peggiorare
Mentre la Russia si lecca le ferite lasciate dal fallimento del sua missione Luna-25 e l’India esulta per essere riuscita a far atterrare la propria sonda Chandrayaan-3 in prossimità del polo sud lunare, dove sarebbe dovuta scendere per prima la sonda russa, la Cina guarda a questi tentativi dall’alto dei suoi risultati. Un lander e un rover stanno studiano il nostro satellite, anche sul lato a noi invisibile con risultati di grande interesse.
Da quando è atterrato nel 2018, la sonda cinese Chang’e-4, il primo veicolo spaziale ad essere mai sceso sul lato più lontano della Luna, ha ripreso panorami mozzafiato dei crateri da impatto e ha prelevato campioni di minerali dal suolo lunare. Ma dati estremamente importanti arrivano dal rover che la sonda ha portato con sé. Il veicolo spaziale infatti, ha permesso ai geologi di “visualizzare” gli strati che caratterizzano i primi 300 metri della superficie lunare in modo più dettagliato che mai.
I loro risultati, che sono stati pubblicati sul Journal of Geophysical Research: Planets, raccontano miliardi di anni di storia lunare precedentemente che fino ad oggi gli scienziati avevano solo ipotizzato.
Le scoperte
Il rover che aveva viaggiato a bordo di Chang’e-4, chiamato Yutu-2, è dotato di una tecnologia chiamata Lunar Penetrating Radar (LPR). «Questo dispositivo consente al rover di inviare segnali radio in profondità nella superficie lunare», ha affermato l’autore principale dello studio Jianqing Feng, ricercatore astrogeologico presso il Planetary Science Institute di Tucson, in Arizona.
«Quindi, ascolta gli echi che tornano indietro», ha detto Feng. Gli scienziati possono usare quegli echi, o onde radio che rimbalzano su strutture sotterranee, per creare una mappa del sottosuolo lunare. Nel 2020, gli scienziati avevano utilizzato l’LPR di Yutu-2 per mappare i 40 metri superiori della superficie lunare, ma fino ad ora non erano andati più in profondità. I nuovi dati suggeriscono che i primi 40 metri circa della superficie lunare sono costituiti da più strati di polvere, materiale compatto e rocce frantumate.
Nascosto all’interno di questi materiali è stato individuato un cratere (invisibile dalla superficie), formatosi quando un grosso oggetto si schiantò contro la Luna. Feng e i suoi colleghi hanno ipotizzato che la maggior parte del materiale che circonda la sonda fosse composto da ejecta più o meno alterati, ossia detriti dell’impatto.
Più sotto, gli scienziati hanno scoperto cinque distinti strati di lava lunare che plasmarono il paesaggio miliardi di anni fa. I nuovi dati di Chang’e-4 mostrano che il processo di effusione delle lave rallenta nel tempo: Feng e i suoi colleghi hanno scoperto che gli strati di roccia vulcanica si assottigliano man mano che si avvicinano alla superficie lunare.
Ciò suggerisce che nelle eruzioni più giovani scorreva meno lava rispetto a quelle più antiche. Si pensa che l’attività vulcanica sulla Luna si sia esaurita circa un miliardo di anni fa (sebbene gli scienziati abbiano scoperto alcune prove di attività vulcanica più giovane fino a 100 milioni di anni fa.
Ma si tratta di eventi sporadici ancora da capire). Per questo motivo la Luna è spesso considerata «geologicamente morta». Tuttavia, potrebbe esserci ancora del magma in profondità sotto la superficie lunare, ha detto Feng. Chang’e-4 non ha ancora finito il suo lavoro sulla Luna e il ricercatore spera che in futuro il velivolo ci dia altre informazioni ancor più dettagliate.
Lo stress idrico
Non c’è solo il problema climatico ad interessare l’umanità intera, esiste infatti un altro problema che sta diventando sempre più grave: l’acqua. Un quarto della popolazione mondiale, ospitato da 25 paesi, è costretto ad affrontare ogni anno uno stress idrico molto elevato in quanto consuma tutta l’acqua a loro disposizione.
Ma non è tutto perché circa quattro miliardi di persone, ossia il 50 per cento della popolazione del pianeta, deve affrontare il “problema-acqua” per almeno un mese all’anno.
Sono questi i dati più appariscenti del nuovo lavoro del World Resource Institute (WRI), Aqueduct Water Risk Atlas. Vivere con questo livello di stress idrico mette a rischio la vita, il lavoro, la sicurezza alimentare ed energetica delle persone. L’acqua è fondamentale per la coltivazione dei raccolti e l’allevamento del bestiame, la produzione di elettricità, il mantenimento della salute umana, la promozione di società eque e il raggiungimento degli obiettivi climatici mondiali.
Ma cosa sta causando il crescente stress idrico e quali paesi e regioni saranno maggiormente colpiti? In tutto il mondo, la domanda di acqua sta superando quella disponibile. A livello globale, la domanda è più che raddoppiata dal 1960. L’aumento della domanda di acqua è spesso il risultato della crescita della popolazione e di industrie come l’agricoltura irrigua, l’allevamento, la produzione di energia e l’industria manifatturiera.
Nel frattempo, la mancanza di investimenti nelle infrastrutture idriche, politiche di utilizzo dell’acqua non sostenibili o una maggiore variabilità dovuta ai cambiamenti climatici possono influire sull’approvvigionamento disponibile. Lo stress idrico, il rapporto tra domanda idrica e offerta rinnovabile, misura lo stato delle risorse idriche locali.
Minore è il divario tra domanda e offerta, più un luogo è vulnerabile alla scarsità d’acqua. Un paese che affronta “stress idrico estremo” significa che utilizza almeno l’80 per cento della sua fornitura disponibile, “stress idrico elevato” invece, significa che sta utilizzando il 40 per cento della sua fornitura.
Senza interventi, come gli investimenti nelle infrastrutture idriche e una migliore governance idrica, questo tipo di stress continuerà a peggiorare, in particolare nei luoghi con popolazioni ed economie in rapida crescita. I dati del rapporto mostrano che 25 paesi sono attualmente esposti ad uno stress idrico estremamente elevato ogni anno.
Anche una siccità di breve durata mette questi luoghi in pericolo di rimanere senza acqua e talvolta spinge i governi a chiudere i rubinetti. Abbiamo già visto questo scenario svolgersi in molti luoghi del mondo, come Inghilterra, India, Iran, Messico e Sudafrica. I cinque paesi più stressati dall’acqua comunque sono Bahrain, Cipro, Kuwait, Libano, Oman e Qatar. Lo stress idrico in questi paesi è principalmente determinato dalla scarsa offerta, abbinata alla domanda per uso domestico, agricolo e industriale.
Oggi dunque, le regioni più soggette alla problematica dell’acqua si trovano tra il medio oriente e il nord Africa, dove l’83 per cento della popolazione è esposta a stress idrico estremamente elevato, e l’Asia meridionale, dove ne è esposto il 74 per cento.
Le prospettive
Entro il 2050, si prevede che un ulteriore miliardo di persone vivrà con uno stress idrico estremamente elevato, anche se il mondo limiterà l’aumento della temperatura globale da 1,3 gradi a 2,4 gradi entro il 2100, considerato ad oggi uno scenario ottimistico. Questo è un problema non solo per i consumatori e le industrie dipendenti dall’acqua, ma anche per la stabilità politica.
In Iran, ad esempio, decenni di cattiva gestione e un uso insostenibile dell’acqua per l’agricoltura stanno già causando proteste, tensioni che non faranno che intensificarsi con il peggioramento dello stress idrico.
Tuttavia il più grande cambiamento nella domanda di acqua da qui al 2050 si verificherà nell’Africa subsahariana. Sebbene la maggior parte dei paesi dell’Africa subsahariana non sia estremamente stressata in questo momento, la domanda sta crescendo più rapidamente rispetto a qualsiasi altra regione del mondo.
Entro il 2050, la domanda di acqua dovrebbe salire alle stelle, ossia del 163 per cento, un tasso di variazione quattro volte superiore rispetto all’America latina, la seconda regione più in pericolo, che dovrebbe registrare un aumento del 43 per cento della domanda di acqua. La scarsità d’acqua può portare a interruzioni industriali, interruzioni di energia e perdite di produzione agricola.
La mancata attuazione di migliori politiche di gestione dell’acqua potrebbe comportare perdite del Pil in India, Cina e Asia centrale dal 7 per cento al 12 per cento e del 6 per cento in gran parte dell’Africa entro il 2050. Anche la sicurezza alimentare globale è a rischio. Già il 60 per cento dell’agricoltura irrigua del mondo si trova ad affrontare uno stress idrico estremamente elevato, in particolare canna da zucchero, grano, riso e mais.
Tuttavia, per nutrire i 10 miliardi di persone previste entro il 2050, il mondo dovrà produrre il 56 per cento in più di calorie alimentari rispetto al 2010, il tutto affrontando l’aumento dello stress idrico e i disastri causati dal clima come siccità e inondazioni. Nel frattempo, la domanda di acqua si è stabilizzata nei paesi più ricchi del nord America e dell’Europa.
Gli investimenti nell’efficienza dell’uso dell’acqua hanno contribuito a ridurre il consumo idrico interno nei paesi ad alto reddito. Ed esempi che dimostrano che il problema può comunque essere affrontato anche con risultati positivi esistono. Luoghi come Singapore e Las Vegas dimostrano che le società possono prosperare anche nelle condizioni di scarsità d’acqua impiegando tecniche come la rimozione dell’erba assetata d’acqua, la desalinizzazione e il trattamento e il riutilizzo delle acque reflue.
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