- L’inquinamento da biossido di azoto (No2) provoca a Roma tra i 1.000 e i 2.400 morti circa all’anno e a Milano tra i 900 e i 2.100 circa. Sono stime da prendere con le pinze ma partono da un’esperimento interessante sul ruolo che ogni cittadino può avere.
- Infatti, grazie a centinaia di fialette posizionate da comuni cittadini in giro per le città, tra i due e tre metri di altezza da terra, si è ottenuta una maggiore capillarità nelle misure, raggiungendo così «molta parte del territorio non coperta dalle centraline Arpa».
- Il comitato auspica dunque che da parte delle amministrazioni locali e dei ministeri si prenda atto di questi risultati. Se nel breve periodo la soluzione immediata può riguardare la limitazione alla circolazione delle autovetture più inquinanti, nel medio e lungo periodo serve però modificare drasticamente la mobilità urbana.
Cittadini per l’aria, una rete di cittadini distribuita su tutto il territorio nazionale, ha presentato i risultati di una propria campagna di misura del biossido di azoto nelle città di Roma e Milano e della stima dei decessi attribuibili a questo inquinante. Secondo le prime stime, tra il 4 e il 9 per cento delle morti totali registrate a Roma ogni anno e tra il 6 e il 15 per cento di quelle registrate a Milano. Questi risultati preliminari si inseriscono in un contesto globale più ampio: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), infatti, il 91 per cento della popolazione mondiale vive in luoghi in cui gli inquinanti atmosferici in genere eccedono i limiti Oms, con circa sette milioni di morti premature all’anno.
Le stime preliminari a Roma e Milano
Sulla base delle concentrazioni e della popolazione residente, è stato calcolato l’eccesso di mortalità. A Roma sarebbe tra i 1.000 e i 2.400 morti circa all’anno e a Milano tra i 900 e i 2.100 circa. In generale, la popolazione di Roma sarebbe esposta a concentrazioni pari a più di 30 microgrammi per metro cubo all’anno, più elevato cioè della soglia di 20 microgrammi suggerita dall’Oms. Su base mensile, a Milano si supera anche la soglia di 40 microgrammi per metro cubo, che è invece il limite di legge, anche questo indicato ufficialmente dall’Oms nelle vecchie linee guida del 2005. I dati sono stati raccolti da centinaia di cittadini e poi elaborati dal comitato scientifico di Cittadini per l’aria, formato da ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia del Sistema Sanitario della Regione Lazio, tra cui Carla Ancona, che è anche vicepresidente dell’Associazione Italiana Epidemiologia. La stima dell’eccesso di mortalità, spiega Ancona, «si basa su studi epidemiologici consolidati, secondo i quali per ogni 10 microgrammi di biossido di azoto per metro cubo in più il rischio di morte aumenta di circa il 5 per cento». Avendo a disposizione le mappe di concentrazione dell’inquinante si riesce quindi a stimare il «numero di decessi che non si sarebbero verificati se la qualità dell’aria fosse stata migliore», cioè con concentrazioni inferiori al limite Oms di 20 microgrammi.
L’importanza della “scienza partecipata”
Oltre al risultato in sé, lo studio è rilevante perché si tratta di un esempio virtuoso di scienza partecipata – chiamata anche citizen science – riconosciuto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente nel recente rapporto Public awareness and efforts to improve air quality in Europe. Infatti, grazie a centinaia di fialette posizionate da comuni cittadini in giro per le città, tra i due e tre metri di altezza da terra, si è ottenuta una maggiore capillarità nelle misure, raggiungendo così «molta parte del territorio non coperta dalle centraline Arpa», dice Ancona, «avendo ora a disposizione le mappe degli inquinanti per ogni metro quadro delle due città». In più, sostiene Ancona: «Il connubio cittadini-istituzioni ha fatto acquistare ai cittadini maggiore fiducia nelle istituzioni, per esempio mettendo i rilevatori a fianco delle centraline Arpa e verificando che si ottenesse lo stesso risultato». Il comitato auspica dunque che da parte delle amministrazioni locali e dei ministeri si prenda atto di questi risultati. Se nel breve periodo la soluzione immediata può riguardare la limitazione alla circolazione delle autovetture più inquinanti, nel medio e lungo periodo serve però modificare drasticamente la mobilità urbana, sia verso un maggiore uso di mezzi pubblici sia verso una generalizzata elettrificazione dei mezzi di trasporto, che avrebbe impatti positivi non solo sugli inquinanti ma anche sui gas a effetto serra.
In Europa gli inquinanti atmosferici sono in calo, ma causano ancora decessi
Il biossido di azoto è solo uno dei vari inquinanti atmosferici che preoccupano le città, che sono anche particolato atmosferico, monossido di carbonio, ossidi di zolfo, ammoniaca, eccetera. Secondo il rapporto del 2020 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Eea) sulla qualità dell’aria, l’Italia è tra i paesi europei con più decessi stimati per inquinanti atmosferici; e in generale l'inquinamento atmosferico viene definito come una delle principali cause di sviluppo di malattie e morte prematura, rappresentando il più grande rischio ambientale per la salute in Europa. Ogni anno, infatti, in Europa muoiono attorno alle 400 mila persone per esposizione a inquinanti atmosferici.
D’altra parte, è importante sottolineare come, almeno a livello europeo, la quasi totalità degli inquinanti atmosferici abbia registrato un calo tra il 2000 e il 2017, secondo l’ultimo rapporto dell’Eea The European environment - State and outlook 2020. Gli inquinanti maggiormente diminuiti dall’atmosfera sono gli ossidi di zolfo, del 77 per cento, mentre l’ammoniaca è quello che rimasto quasi invariato, con una piccola crescita registrata dal 2013.
In ogni caso, la popolazione mondiale esposta a inquinanti che superano le soglie Oms è circa il 91 per cento del totale. Come riporta l’Oms, questa esposizione aumenta la mortalità per ictus, malattie cardiache e polmonari, ma anche per cancro ai polmoni e infezioni respiratorie acute. A questo proposito è importante ricordare come parte dei temi che verranno trattati alla conferenza mondiale sul clima di questo autunno (la COP26), riguarderanno anche strategie vincenti per ridurre i danni alla salute a causa di inquinanti atmosferici e innalzamento della temperatura, i cosiddetti co-benefici.
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