L’Islanda non è solo uno dei paesi al mondo dove da un giorno all’altro può nascere un nuovo vulcano, come si è assistito in questi ultimi anni. È anche uno dei paesi più ricchi di pozzi perforati dall’uomo. Ecco a quale scopo
L’Islanda non è solo uno dei paesi al mondo dove da un giorno all’altro può nascere un nuovo vulcano, come si è assistito in questi ultimi anni. È anche uno dei paesi più ricchi di pozzi perforati dall’uomo. Non si tratta però di pozzi petroliferi, ma atti ad estrarre energia geotermica. A quelli già esistente se ne aggiungerà presto un altro, che farà storia.
Lo spiega Hjalti Páll Ingólfsson del Geothermal Research Cluster di Reykjavík: «Perforeremo una camera magmatica. È il primo viaggio al centro della Terra», afferma il suo collega Björn Þór Guðmundsson su New Scientist. È senza dubbio un modo di dire perché le camere magmatiche si trovano a pochi chilometri sotto la superficie terrestre, alla portata dunque, della tecnologia delle trivellazioni, ma si arriverà in un ambiente quasi da fantascienza. Pur sapendo che le camere magmatiche sono a “pochi passi dalla superficie” rispetto al centro della Terra (il quale si trova ad oltre 6.300 chilometri), è comunque molto difficile localizzarle. «Nessuna tecnica geofisica ha dimostrato di saper individuare in modo soddisfacente i serbatoi di magma», ha spiegato John Eichelberger dell’università dell’Alaska Fairbanks. In un caso tuttavia Ingólfsson e i suoi colleghi hanno avuto fortuna riuscendo a localizzarne una con estrema precisione e ora vogliono perforarla deliberatamente. Se riusciranno nell’intento sarà la prima volta che gli scienziati potranno avere tra le mani il magma là dove ristagna sottoterra e forse trovare nuovi percorsi per fornire al mondo energia illimitata, economica e pulita.
Sottolinea Eichelberger: «Non c’è mai stato nessuno che ha proposto di perforare una camera magmatica e questo per vari motivi. Il primo perché è difficile localizzarne una, in secondo luogo perché la gente avrebbe un’enorme paura, sostenendo che si potrebbe dare inizio ad un’eruzione e farebbe di tutto per bloccarti».
Lo studio di Krafla
Ma nel 2009 è successo qualcosa che ha portato i geologi a credere che arrivare ad una camera magmatica non sarà per nulla catastrofico.
Il tutto è avvenuto in prossimità del vulcano islandese Krafla, che si trova nel nord-est dell’Islanda. È uno dei vulcani più attivi al mondo: da quando l’Islanda venne colonizzata nel IX secolo, il Krafla ha eruttato 29 volte. L’ultima eruzione è avvenuta tra il 1975 e il 1984, quando si è “acceso e spento” per nove volte.
Quegli eventi furono studiati con estrema attenzione da parte degli scienziati della Terra, tra cui i vulcanologi Katia e Maurice Krafft, tra i vulcanologi più noti al mondo anche per i documentari che realizzavano, i quali però, morirono tragicamente pochi anni dopo durante un’eruzione in Giappone. I lavori eseguiti in quel periodo portarono alla scoperta della presenza di una potenziale camera magmatica a circa 3-7 chilometri sotto il vulcano. Páll Einarsson dell’università dell’Islanda si è concentrato sullo studio delle onde sismiche provenienti dall’attività tettonica associata alle eruzioni e scoprì due punti dove le onde diventavano significativamente più deboli o sparivano del tutto. Ciò poteva essere causato dalla presenza di un liquido, e dunque magma, che le assorbe, anche se vi erano altre ipotesi da non escludere del tutto.
La perforazione inaspettata
Nel 2000, l’Icelandic Deep Drilling Project, un consorzio industriale-governativo, al termine dell’eruzione, decise di perforare in prossimità del vulcano per verificare se fosse possibile sfruttare acqua “supercritica”, ossia acqua estremamente calda e pressurizzata, per l’energia geotermica. Scelsero così, un punto in cui un’indagine geofisica aveva suggerito che la camera magmatica, se fosse esistita, si trovava ad almeno 4,5 chilometri sotto la superficie. Nel 2008, la principale compagnia elettrica islandese Landsvirkjun, che gestisce un impianto geotermico a Krafla, iniziò a trivellare. Il piano era di arrivare a non più di a 4000 metri di profondità, per avvicinarsi abbastanza al magma rimanendo comunque a distanza di sicurezza. I lavori si svolsero senza intoppi fino all’inizio del 2009. Poi, a circa 2.000 metri di profondità, la trivella iniziò inspiegabilmente ad avere problemi nel proseguire la perforazione.
Ma a 2.104 metri precipitò all’improvviso come un coltello caldo nel burro e poi si fermò di colpo. Gli ingegneri la sollevarono di 13 metri e provarono ad abbassarla di nuovo, ma si rifiutò di muoversi. Giorni dopo, i campioni prelevati dal pozzo mostrarono che il campionatore era stato intasato da un tipo di vetro vulcanico estremamente duro, chiamato ossidiana. L’unica spiegazione era che la trivella fosse penetrata in una camera magmatica e la roccia fusa fosse penetrata all’interno del campionatore mentre veniva ritirata, ostruendo l’apertura.
«La perforazione del magma, fu del tutto inaspettata», racconta su New Scientist Bjarni Pálsson di Landsvirkjun, che era il responsabile del progetto. Successivamente è emerso che incontri accidentali simili erano già avvenuti almeno altre due volte, una nella caldera di Menengai in Kenya e un altro in prossimità del vulcano Kīlauea alle Hawaii. Questa era la prova che è possibile e sicuro perforare il magma senza provocare un’eruzione.
Il lavoro islandese permise di utilizzare il pozzo di Krafla per nove mesi per generare elettricità. Ma alla fine si dovette bloccare la produzione perché la testa del pozzo in superficie si surriscaldò fino a raggiungere i 450°C – un record mondiale – e l’azienda dovette raffreddarla utilizzando acqua fredda, il che portava a continue piccole esplosioni. Le drammatiche riprese dell’epoca mostrano vaste nuvole di fumo nero fuoriuscire dal pozzo. «Non si trattava di eruzioni vulcaniche, ma dei resti cremati della trivella e del suo involucro d’acciaio mentre veniva consumato dal magma», dice Ingólfsson. Dopo quei nove mesi di attività il pozzo risultò praticamente distrutto.
Il progetto Kmt
Ma quell’evento lasciò un segno tra i geologici, i quali si resero conto che una camera magmatica è accessibile e che può essere esplorata. Nel 2014 ha così preso il via il progetto Krafla Magma Testbed (Kmt). Dieci anni dopo, si è pronti per iniziare le trivellazioni. La prima meta del Kmt è perforare il magma con obiettivi puramente scientifici. A partire dal 2026, il progetto scaverà vicino al pozzo originale per portarsi verso la camera magmatica. Ci vorranno circa due mesi per arrivarci, procedendo faticosamente attraverso le rocce vulcaniche finché la trivella non raggiungerà il punto sensibile. Con tale perforazione i ricercatori vogliono approfondire le loro conoscenze sul magma e sulle camere che lo contengono. «Non abbiamo alcuna conoscenza diretta di come siano le camere magmatiche, che ovviamente sono cruciali per comprendere i vulcani», afferma Paolo Papale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Pisa.
Il poco che sappiamo deriva in gran parte dallo studio della lava. Ma lava e magma non sono la stessa cosa. Quando la roccia fusa emerge in superficie, viene rilasciato molto gas modificandone la composizione chimica. «Poter andare nella crosta e campionare il magma ci fornirebbe enormi conoscenze», afferma Ingólfsson. Ma agli scienziati non basta raccogliere campioni di magma e prevedono di gettare al suo interno degli strumenti scientifici. Come minimo, sensori di temperatura. «Vorremmo anche misurare la pressione, anche se è molto più impegnativo», dice Ingólfsson. Ed è proprio per questo che l’inizio delle perforazioni avverrà nel 2026, durante questi mesi infatti, si cercherà di sviluppare sensori e attrezzature di perforazione in grado di resistere al calore intenso, alla pressione e all’acidità dell’ambiente.
Il piano è quello di gettare gli strumenti nel magma e lasciarli lì finché sopravvivono. La trivella raffredderà il magma mentre entra, solidificandolo in ossidiana che seppellirà i sensori. Ma gli scienziati poi, lasceranno che si riscaldi e si fonda nuovamente, rilasciando i sensori nel magma liquido. Il pozzo rimarrà aperto, consentendo ulteriori monitoraggi ed esperimenti per molti anni. Kmt lo descrive come il primo osservatorio del magma al mondo. Di grande interesse è anche la natura del magma di Krafla.
La maggior parte dei vulcani islandesi erutta lava basaltica, che si solidifica per formare la roccia vulcanica chiamata “basalto”. Ma i campioni prelevati nel 2009 dimostrano che Krafla contiene anche magma riolitico, che contiene più silice, è molto più viscoso, tende a non eruttare e si solidifica da ndo origine a rocce simili al granito. Questi sono i substrati per la costruzione dei continenti, ma il processo non è ben compreso, afferma Eichelberger. Un secondo obiettivo sarà quello di migliorare la previsione delle eruzioni. Al momento, ciò avviene in gran parte utilizzando sismometri e altri strumenti in superficie, ma i sistemi lasciano ancora a desiderare.
Per raggiungere questo obiettivo, si sta pensando cosa fare. C’è chi propone di iniettare fluidi nella camera per alterare la pressione e la temperatura e quindi misurare i risultati. Un ultimo obiettivo è fare un salto di qualità nella produzione di energia geotermica. Una volta avviato il pozzo scientifico, i ricercatori ne inizieranno un secondo da utilizzare come banco di prova per una nuova fonte di energia che potrebbe fornire al mondo grandi quantità di elettricità pulita ad un costo quasi nullo.
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