Gli sforzi per la transizione energetica sono superati da spese crescenti sugli idrocarburi, mentre il mondo raggiunge nuove vette di emissioni. Così l’umanità prosegue imperturbabile la sua corsa verso il disastro
I pezzi si incastrano perfettamente e quando il puzzle è finito mostra un’immagine molto chiara: quella di un’umanità che prosegue imperturbabile la sua corsa verso il burrone. Gli allarmi sulle conseguenze del riscaldamento globale, della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, dei consumi di idrocarburi sembrano non servire a nulla.
La diffusione delle energie rinnovabili, delle auto elettriche, delle pompe di calore, del risparmio energetico, prosegue ma non basta. Il mondo consuma e inquina sempre di più, batte nuovi, inquietanti record e i governi hanno un’enorme responsabilità nel favorire questa tendenza invece di ostacolarla.
La prima tessera del nostro puzzle è una fotografia scattata dal più recente rapporto mensile di monitoraggio del clima del Copernicus climate change service dell'Unione Europea, della National oceanic and atmospheric administration (Noaa) degli Stati Uniti e della Nasa: i loro dati ci dicono che la Terra ha appena avuto il luglio più caldo mai registrato, il ghiaccio marino ha raggiunto i livelli più bassi mai toccati e per il quarto mese consecutivo la temperatura globale della superficie degli oceani è arrivata a livelli record.
In particolare, si stima che il mese di luglio sia stato più caldo di circa 1,5 gradi Celsius rispetto alla media preindustriale del periodo 1850-1900 e di 0,33 gradi rispetto al precedente mese più caldo, luglio 2019. La copertura del ghiaccio marino in luglio ha stabilito il primato della più bassa estensione globale, inferiore di circa 1,2 milioni di chilometri quadrati rispetto al precedente minimo storico registrato nello stesso mese del 2019.
Seconda tessera: i livelli di anidride carbonica misurati presso il Mauna Loa atmospheric baseline observatory della Noaa hanno raggiunto un picco di 424 parti per milione nel mese di maggio, «continuando un'ascesa costante verso un territorio che non si vedeva da milioni di anni» hanno commentato gli scienziati dell’agenzia e dell’Università di San Diego.
Le misurazioni della Co2 ottenute dal laboratorio del Noaa hanno registrato una media di 424 parti per milione a maggio, il mese in cui si registra il picco di Co2 nell'emisfero settentrionale. Si tratta di un aumento di 3 parti per milione rispetto al maggio 2022 e rappresenta il quarto più grande aumento negli archivi dal Noaa. I livelli di anidride carbonica sono ora più alti del 50 per cento rispetto a prima dell'inizio dell'era industriale.
Di fronte a questa raffica di record negativi ci si aspetterebbe una lotta senza quartiere agli idrocarburi e un abbattimento dei relativi consumi. Ma non è così. La terza immagine arriva dall’Oil Market Report di agosto realizzato dall’Agenzia internazionale dell’energia: rivela che i consumi mondiali di petrolio stanno raggiungendo livelli record, favoriti dalla ripresa dei voli estivi, dall'aumento dell'uso del greggio nella produzione di energia e dall'impennata dell'attività petrolchimica cinese.
La domanda mondiale di petrolio è destinata infatti a crescere quest’anno di 2,2 milioni di barili al giorno raggiungendo quota 102,2 milioni, con la Cina che rappresenta oltre il 70 per cento della crescita dei consumi. Nel frattempo va ricordato che nel 2022, per il secondo anno consecutivo, la produzione globale di elettricità con il carbone ha raggiunto il massimo storico. Una crescita dovuta ai prezzi elevati del gas naturale causati dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e ad eventi meteorologici estremi, che hanno spinto molti Paesi a ricorrere alla fonte più inquinante per assicurarsi l'approvvigionamento elettrico.
I governi stanno forse cercando di invertire questa folle galoppata verso il disastro? Non abbastanza: con una mano sostengono la diffusione delle energie rinnovabili, con l’altra inondano di sussidi gli idrocarburi. La quarta tessera del puzzle è un rapporto appena pubblicato dal Fondo monetario internazionale e firmato dagli analisti Simon Black, Ian Parry, Nate Vernon.
Il report rivela che nel 2022 i sussidi ai combustibili fossili hanno raggiunto la cifra record di 7 mila miliardi di dollari: soldi versati dai governi (cioè dai contribuenti) di mezzo mondo per sostenere i consumatori e le imprese durante l'impennata globale dei prezzi dell'energia causata dall'invasione russa dell'Ucraina e dalla ripresa economica dalla pandemia.
«Mentre il mondo lotta per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius e parti dell'Asia, dell'Europa e degli Stati Uniti soffocano per il caldo estremo» scrivono gli autori dello studio «i sussidi per il petrolio, il carbone e il gas naturale costano l'equivalente del 7,1 per cento del prodotto interno lordo globale. È più di quanto i governi spendono annualmente per l'istruzione (4,3 per cento del reddito globale) e circa due terzi di quanto spendono per la sanità (10,9 per cento)».
Secondo le stime dei tre analisti del Fmi, l'abolizione dei sussidi espliciti e impliciti ai combustibili fossili eviterebbe 1,6 milioni di morti premature all'anno, aumenterebbe le entrate pubbliche di 4.400 mila miliardi di dollari e metterebbe le emissioni in linea con gli obiettivi di riduzione del riscaldamento globale. «Inoltre, ridistribuirebbe il reddito, poiché i sussidi ai carburanti avvantaggiano le famiglie ricche più di quelle povere».
Secondo l’Fmi una parte delle maggiori entrate dovrebbe essere utilizzata per compensare le famiglie più vulnerabili all'aumento dei prezzi dell'energia. Il resto potrebbe essere utilizzato per ridurre le tasse sul lavoro e sugli investimenti e per finanziare beni pubblici come l'istruzione, la sanità e l'energia pulita.
Ma eliminare i sussidi ai carburanti è estremamente difficile come dimostra la Francia, dove l’aumento dei prezzi alla pompa ha scatenato la rivolta dei gilet gialli. E anche in Italia il governo Meloni si trova a dover giustificare il mancato taglio alle accise, spiegando che serve a finanziare il taglio al cuneo fiscale.
Assecondare le esigenze a breve termine dell’elettorato è più semplice che fargli sopportare dei sacrifici per un domani migliore. E se alle prossime elezioni europee dovessero vincere le destre, la situazione potrebbe peggiorare: basta ascoltare i proclami dei nostri governanti su auto elettriche, case green o allevamenti intesivi per farsene un’idea.
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