Slovenia e Venezuela sono i primi due paesi a perdere i loro ultimi ghiacciai e, praticamente, non averne più. Solo qualche anno fa l’Islanda aveva celebrato un simbolico funerale ad un ghiacciaio scomparso, ma per fortuna quel paese è ad una latitudine che non vedrà così velocemente la scomparsa di tutte le sue lingue glaciali.

Tutto ciò avviene mentre il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici prevede che dal 18 al 36 per cento della massa glaciale globale andrà perduta nel corso del 21° secolo, in gran parte a causa del riscaldamento globale.

Una fine annunciata

La fine dei ghiacciai venezuelani ha attirato l’attenzione di molti ricercatori quando un post pubblicato a maggio su X dal climatologo Maximiliano Herrera dava una misura del ghiacciaio La Corona, l’ultimo del Venezuela, citando le misurazioni eseguite a dicembre dall’Universidad de Los Andes che mostra un’area rimanente di 0,02 chilometri quadrati, praticamente più nulla.

«La scomparsa di tutti i ghiacciai in Venezuela è una tragedia nazionale», ha detto in una e-mail a E&E News Julio César Centeno, professore all’Universidad de Los Andes che ha studiato i ghiacciai. «È un segnale di avvertimento sulla valanga di ulteriori effetti che si riverseranno sul paese a breve termine, come conseguenza del riscaldamento globale».

Ma nella realtà la Slovenia e il Venezuela hanno perso i loro ultimi ghiacciai anni prima rispetto a questo annuncio. Non esiste un punto di morte universalmente accettato per un ghiacciaio e nessuna organizzazione internazionale è riconosciuta come autorità nella classificazione dei ghiacciai. Ma Centeno ha affermato che «la dimensione minima perché si possa dire che un ghiacciaio è vivo è di 0,1 chilometri quadrati». Anche lo United States Geological Survey utilizza quella soglia e afferma che è «la linea guida comunemente accettata».

In Slovenia, la superficie di Skuta è inferiore a 0,1 chilometri quadrati almeno dal 1969, e il Triglav è sceso sotto la soglia nel 1986. La Corona, in Venezuela, probabilmente ha perso il suo status glaciale nel 2016. Pavšek e Centeno affermano che oltre quella soglia, i ghiacciai residui non si comportano più come prima. «Due caratteristiche fondamentali dei veri ghiacciai sono il loro movimento e la presenza di crepacci, che sono un’evidenza del movimento stesso», ha detto Pavšek, aggiungendo che Triglav e Skuta non hanno mostrato nulla di ciò «negli ultimi decenni».

La quantità di ghiaccio sulla cima del Triglav è «l’area di due campi da pallavolo», mentre la posizione ombreggiata di Skuta gli ha permesso di mantenere la superficie di 0,01 chilometri quadrati. La bassa altitudine e latitudine di entrambi i ghiacciai li hanno resi «più vulnerabili agli estremi climatici» e hanno ceduto all’«aumento delle temperature», ha sottolineato Pavšek. L’Istituto geografico Anton Melik prevede che entrambi i luoghi non vedranno più ghiaccio entro il 2030.

Fantasmi

Centeno ha affermato che, dopo un’ulteriore fusione nel 2022, La Corona del Venezuela è un “fantasma” del suo precedente stato glaciale. «La Corona», ha detto, «è un cadavere insepolto in avanzato stato di decomposizione». Le acque dei ghiacciai sloveni scivolano nel mar Nero, mentre quelle de La Corona sfociano nei Caraibi, contribuendo, seppur di poco, all’innalzamento del livello globale del mare.

«Ma più che altro è un avvertimento chiaro e sonoro per il resto dell’America Latina», ha affermato Centeno. «Le conseguenze dell’inevitabile perdita dei ghiacciai di Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia avranno un impatto sociale molto maggiore di quello del Venezuela, a causa della dipendenza di popolazioni molto più numerose dalle fonti d’acqua di questi ghiacciai».

Si prevede che l’ultimo ghiacciaio del Messico, il Gran Norte, perderà il suo status tra il 2026 e il 2033 e scomparirà completamente entro il 2045. Il suo deflusso ha fornito acqua alle comunità a valle per secoli, ma tra vent’anni non lo farà di più. La Corona è stata l’ultima delle “Cinque Aquile Bianche”, i ghiacciai che ricoprivano le montagne sopra la città di Mérida. Centeno vede la sua fine come un invito all’azione sul cambiamento climatico: «Cosa stiamo aspettando per agire? Mérida non è più la città delle nevi eterne. Le Cinque Aquile Bianche sono scomparse», spiega Centeno. «E molti altri ghiacciai sull’orlo del loro sterminio».

Il sincotrone più potente

Alcuni dei raggi X di sincrotrone più “luminosi” (ossia più potenti) al mondo saranno irradiati nel nuovo impianto cinese ad alta energia entro la fine di quest’anno. La High Energy Photon Source (Heps) da 665 milioni di dollari, sarà la prima del suo genere in Asia, collocando la Cina tra i pochi paesi che disporranno sorgenti di sincrotrone di quarta generazione.

«Sarà sicuramente un’installazione all’avanguardia che soddisferà l’eccellenza scientifica», afferma Pedro Fernandes Tavares, un fisico che dirige la divisione acceleratori di uno dei rivali di Heps in termini di luminosità, il MAX IV Laboratory, un sincrotrone che si trova a Lund, in Svezia. Nell’edificio circolare Heps, situato a Huairou, a circa 50 chilometri dal centro di Pechino, i ricercatori stanno mettendo un punto migliaia di componenti che contribuiranno a produrre una fonte di luce a raggi X in grado di penetrare in profondità gli oggetti sottoposti ad indagine per rivelarne la struttura molecolare e atomica in tempo reale e con dettagli mai avuti.

Entro la metà di luglio, il team Heps spera di completare l’installazione del sistema della telecamera a vuoto, un componente essenziale per mantenere la luminosità e la stabilità della radiazione. All’interno del suo anello di accumulo, che ha una circonferenza di 1,36 chilometri, Heps accelererà gli elettroni fino a un’energia di sei gigaelettronvolt.

Ciò produrrà raggi X ad alta energia, o “duri” come dicono i fisici, in grado di sondare campioni su scala nanometrica (un nanometro corrisponde a un milionesimo di millimetro). La sua risoluzione temporale sarà 10mila volte migliore di quella ottenuta dai sincrotroni di terza generazione, come l’impianto di radiazione di sincrotrone di Shanghai che possiede una circonferenza di 432 metri, attualmente il sincrotrone operativo più avanzato della Cina.

«Ciò consentirà ai ricercatori di effettuare misurazioni in centinaia di nanosecondi anziché in millisecondi» afferma Ye Tao, uno scienziato dell’Istituto di fisica delle alte energie dell’Accademia cinese delle scienze di Pechino, che lavora su Heps. Quando lo strumento diventerà operativo e sarà dato in pasto ai ricercatori nel 2025, gli utenti potranno scegliere tra 14 linee di luce per esperimenti di vario tipo che interesseranno la biomedicina, l’energia in senso lato, i materiali avanzati e la fisica della materia condensata” (sistemi contenenti moltissime particelle, a una densità tanto alta che ciascuna interagisce con numerose altre). Più avanti nel percorso, si prevede che Heps possa ospitare fino a 90 linee di luce. La struttura circolare è destinata ad «avere un impatto su ogni campo scientifico, tranne la matematica», afferma Tao.

Un esempio, riguarda la determinazione della struttura atomica delle proteine, dove i ricercatori devono purificare e trasformare queste molecole in strutture cristalline ordinate che possono essere condivise solo con i raggi X. «I sincrotroni più vecchi richiedono campioni di grandi dimensioni difficili da produrre, il che rende quasi impossibile studiare cristalli proteici più piccoli», afferma Tavares.

«Ma i raggi X duri di Heps saranno abbastanza potenti da analizzare in dettaglio anche i campioni più minuscoli e questo ribalterà le potenzialità di ricerca. Il nuovo sincrotrone consentirà inoltre agli scienziati di eseguire rapidamente esperimenti che richiederebbero giorni per essere completati in strutture più vecchie», aggiunge. «È un vero punto di svolta», continua Tavares.

Il quadro globale

Attualmente, in tutto il mondo ci sono circa 70 sincrotroni che sono operativi o in costruzione. Ma solo pochi fanno parte del club di quarta generazione, ovvero quelli che producono la luce più brillante e focalizzata. Questi includono il laboratorio svedese MAX IV, Sirius a Campinas, Brasile, la sorgente estremamente brillante dell’impianto europeo di radiazione di sincrotrone a Grenoble, in Francia, e la sorgente fotonica avanzata a Lemont, Illinois, dove l’aggiornamento è stato quasi completato.

«L’Heps è stato costruito da zero, anziché da una struttura esistente, perché richiede un acceleratore molto più grande di qualsiasi altro già disponibile in Cina per generare potenti raggi X duri», afferma Yuhui Li, vicedirettore dell’Heps. Il fascio di elettroni di Heps sarà il più stretto al mondo, consentendogli di creare raggi X particolarmente intensi.

Ciò consentirà ai ricercatori di ottenere più informazioni dai loro campioni rispetto a quanto avrebbero potuto fare con le precedenti sorgenti luminose, ma con la stessa dose di radiazioni. Per ora, i ricercatori sono concentrati nel garantire che il raggio sia sufficientemente stabile da essere utilizzabile. «È un processo complicato che richiede aggiustamenti passo dopo passo», afferma Li. «Nessun raggio è perfetto all’inizio».

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