Gli attivisti di Greenpeace che giovedì sera hanno manifestato pacificamente fuori dal teatro Ariston hanno ricevuto un foglio di via da Sanremo per tre anni. Oltre a essere una misura sgradevole ed eccessiva, è anche un modo interessante di porre la questione: teniamo la crisi climatica lontanissima dal Festival della canzone italiana, non tornate più qui, non vi vogliamo ascoltare.

Lo striscione che avevano mostrato diceva «Eni inquina anche la musica» ed era una contestazione alla sponsorizzazione del rebranding rinnovabile Plenitude da parte di quella che rimane la prima azienda italiana per emissioni di gas che alterano il clima.

Il promo introdotto da Amadeus nel corso di ogni serata è pieno di piante che fioriscono e pannelli fotovoltaici, a Sanremo ci è stata raccontata la svolta solarpunk del gigante nazionale delle fonti fossili.

Poi è bastato che Cosmo, durante la serata dei duetti, dicesse due parole, «stop greenwashing», perché il senso di realtà facesse irruzione all’interno dell’Ariston, nonostante i fogli di via e il bonifico dello sponsor.

Il cantautore di Ivrea si stava esibendo sul palco insieme a La rappresentante di lista, il duo siciliano che sta dall’altra parte della battaglia mediatica e culturale sulla transizione ecologica che si è svolta a Sanremo «nel silenzio della crisi generale», come cantano in Ciao ciao.

La loro canzone ha il ritmo e la forza per diventare l’inno dei movimenti per il clima, in una primavera che potrebbe essere calda non solo meteorologicamente.

A Roma venerdì sono stati arrestati con un’irruzione muscolare della polizia in un Airbnb gli attivisti di Extinction Rebellion che in settimana avevano fatto un’azione vistosa ma pacifica con la vernice al ministero della Transizione ecologica.

Lo «stop greenwashing» di Cosmo potrebbe diventare un momento icona dell’ambientalismo in Italia: Sanremo, con la sponsorizzazione di Eni, cade un anno esatto dopo l’insediamento del governo Draghi e le relative promesse sul «buon pianeta». La crisi ha accelerato, la transizione ancora no: Greenpeace e Cosmo contro il Festival è la spia di questa frustrazione per un anno di tante parole e poco cambiamento.

LaPresse

Fiction e realtà

Quando abbiamo guardato il famoso film di Netflix sulla cometa che distrugge la Terra, abbiamo tutti simpatizzato con Jennifer Lawrence e Leonardo DiCaprio, gli scienziati che – con grande sgradevolezza e nessun senso dello spettacolo o della creanza – provano ad avvisare i potenti della Terra della catastrofe imminente, sperando che riescano in qualche modo a evitarla, gli unici sani in un mondo di pazzi autolesionisti.

Nella realtà invece gli diamo il foglio di via e non stacchiamo gli occhi, come sempre, dai brillanti conduttori televisivi che vogliono solo sapere se esistono gli alieni o dall’imprenditore sociopatico ma carismatico che prega per la salute dei nostri meravigliosi prodotti e vuole fare profitti anche con l’apocalisse.

E quindi si corre il rischio di essere sgradevoli almeno quanto l’astronoma Jennifer Lawrence col suo mullet e l’ansia a palla, ma Cosmo ha ragione. 

Anzi, con la sponsorizzazione di Plenitude, Suzuki e Costa Crociere, Sanremo ha promosso i rappresentanti di metà delle emissioni di Co2 ed è diventato un po’ il Don't Look Up in versione Italia, «un paese di canzonette mentre fuori c’è la morte», per parafrasare la serie tv Boris, e mentre a febbraio i fiumi sono a secco come in piena estate.

Storiografia del presente

A Sanremo bisogna chiedere ciò che è giusto: canzoni, intrattenimento e coesione nazionale. Però le annuali cinque serate musicali sono anche storiografia del presente, sono un documento, una capsula del tempo che inviamo al paese del futuro per dire chi eravamo.

Tra trent’anni guarderemo i video del Sanremo del 2022 e ci chiederemo non tanto che musica si ascoltava, ma di cosa si parlava in Italia quell’anno, cosa sembrava abbastanza importante da meritare uno spazio tra le venticinque canzoni: i successi nello sport, il razzismo e l’odio sui social, la rielezione di Sergio Mattarella e il ricordo commosso di Monica Vitti.

Il Festival non è tenuto a parlare con chiarezza di riscaldamento globale, ovviamente, anche se la crisi climatica è una delle faccende più importanti dei nostri tempi. Però nel frattempo il main sponsor ci ha raccontato che è tutto in ordine, che se ne stanno occupando loro, voi pensate a camminare sul tappeto verde di erba finta e a divertirvi.

Dove saremo nel 2050?

E quindi non sappiamo in che mondo abiteremo nel 2050, quando riapriremo la capsula temporale di queste cinque serate, dove saremo sulla traiettoria dell'aumento delle temperature, né se avremo raggiunto le emissioni zero o se il greenwashing ci avrà impedito di farlo finché, ops, ormai è troppo tardi.

E quindi no, il Festival di Sanremo non è tenuto a parlare di clima o di energia ma, quando lo fa, è lecito aspettarsi un livello di informazione più completo. Per ora ci accontentiamo dei versi di La rappresentante di lista: «La fine del mondo è una giostra perfetta. Mi scoppia nel cuore la voglia di festa».

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