Un annuncio che arriva in contrapposizione a Trump e da dimostrare con i piani. La determinazione del paese asiatico però ha permesso alla Cina di raggiungere risultati inaspettati
- A sorpresa il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping ha annunciato martedì che la Cina punta a zero emissioni nette di CO2 nel 2060.
- La notizia ha destato stupore visto che la Cina emette da sola un quarto della CO2 mondiale e la generazione di energia elettrica a carbone è in crescita.
- La mossa del presidente è arrivata in contrapposizione al disinteresse di Trump per la questione climatica. Il piano cinese forse non esiste ancora, ma il paese si è distinto per la determinazione nel perseguire gli obiettivi che si è fissato.
A sorpresa la Cina ha annunciato martedì che raggiungerà la neutralità carbonica, ovvero zero emissioni nette di anidride carbonica (CO2) nel 2060. Il presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, nel suo video intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite – quest’anno i lavori si sono svolti a distanza per via del Covid-19 - ha detto: «Puntiamo a raggiungere il picco delle emissioni di CO2 prima del 2030 e raggiungere la neutralità carbonica prima del 2060». Cioè il paese raggiungerà il culmine delle emissioni tra dieci anni per poi calare, tra 40 anni le emissioni saranno così basse che potranno essere assorbite. Li Shuo, senior Climate & Energy Policy Officer di Greenpeace East Asia, ha detto al Financial Times: «L'impegno di Xi dovrà essere sostenuto con maggiori dettagli e una tabella di marcia concreta. Quanto prima la Cina può raggiungere il picco delle emissioni? Come possiamo conciliare la neutralità carbonica con la continua espansione del carbone in Cina?».
La Cina emette quasi 10 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno, più di un quarto delle emissioni globali. Secondo lo studio della Ong Global Energy Monitor “Out of step” (Fuori passo), tra gennaio 2018 e giugno 2019 il paese ha aumentato la sua potenza di generazione a carbone molto di più di quanto sia scesa nel resto del mondo. Da allora fino al 2020 sono arrivate altre richieste per la costruzione di nuove centrali.
Una scelta di campo
Lo stesso giorno, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nel suo video intervento aveva tacciato la Cina di «rampant pollution», ovvero di inquinamento in crescita incontrollata. Il presidente cinese invece ha citato gli accordi di Parigi del vertice Cop21 del 2015, in cui 177 paesi hanno deciso di mettere in atto degli sforzi per contenere l’aumento delle temperature ben al di sotto dei due gradi centigradi. All’epoca c’erano anche gli Stati Uniti, ma Trump a fine 2019 ha deciso di uscire dall’accordo.
«La Cina – ha detto Xi - aumenterà i suoi contributi a livello nazionale adottando politiche e misure più vigorose», e ha esortato tutti i paesi a perseguire una «ripresa verde dell'economia mondiale nell'era post-Covid». Le emissioni della Cina sono diminuite drasticamente durante il blocco del Covid-19 all'inizio di quest'anno, ma, come nel resto del mondo, alla fine del lockdown sono tornate come prima. Secondo Li Shuo «l'impegno di Xi Jinping per il clima è un'audace mossa diplomatica che dimostra una chiara volontà politica di mettere in contrasto la posizione della Cina sul clima rispetto a quella degli Stati Uniti». La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, con un tweet, ha accolto con favore l’annuncio, ma ha ricordato che «molto lavoro resta ancora da fare». Secondo il Financial Times, il periodo di 40 anni lascia aperta possibilità di nuove scoperte tecnologiche che forniscano una rapida conversione. Il presidente della fondazione Italia-Cina, Mario Boselli, dice: «Vado in Cina da 42 anni, dal 1978, e quando dicono che una cosa la fanno, nel bene e nel male, in questo caso nel bene, poi la fanno».
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