Tante costituzioni ambientaliste potrebbero servire ad allineare i paesi più volenterosi e rendere le legislazioni nazionali più aderenti a politiche climatiche ambiziose. Anche questo è un percorso forse troppo lento. Ma bisogna provarle tutte. Prima che sia troppo tardi
La Cop29 di Baku è nata all’insegna della teologia (il petrolio «dono di Dio», secondo i padroni di casa azeri), dell’imbarazzo (John Podesta che annuncia il ritiro degli Stati Uniti), della fantasia lisergica (Giorgia Meloni che parla di «fusione nucleare»). Èd è finita all’insegna dell’elemosina offensiva. L’elemosina di soli 300 miliardi di dollari l’anno, e neanche subito, ma entro il 2035, concessa alle nazioni in via di sviluppo, mentre il resto delle loro richieste (1.300 miliardi) affidate a impegni ancora più distanti nel tempo, e tutto il denaro promesso affidato non solo ai bilanci pubblici, ma anche e soprattutto alla buona volontà eventuale (e agli interessi non sempre trasparenti) di investitori privati. Un accordo al ribasso, minimo.
Una drastica riforma
All’inizio della Cop era stata resa pubblica la lettera firmata da scienziati e politici che il meccanismo delle Cop l’hanno inventato (nomi come Rockström e Ban Ki-moon). I firmatari invocano una drastica riforma: cambiare le regole d’ingresso per evitare che governi disfattisti e scettici, prigionieri delle lobby del fossile, entrino a falsare le negoziazioni, fare incontri più frequenti e focalizzati su problemi specifici, darsi regole più stringenti di implementazione e responsabilità, concedere maggiore spazio alla scienza e assicurare migliore rappresentanza democratica. È stata la Cop dei sabotatori a viso aperto, di quelli che tramano nell’ombra, dei riformatori coraggiosi e di chi con pazienza e ottimismo della volontà cerca di salvare il salvabile.
La Cop è indispensabile, nonostante i suoi deficit di efficienza e democrazia. La strada della democrazia dal basso non può funzionare, come dimostra l’ondata di destra delle ultime elezioni, l’impatto sempre più pervasivo del negazionismo su opinioni pubbliche frastornate e smarrite, la progressiva perdita di rilevanza dei movimenti ambientalisti. La strada del costituzionalismo ambientale è attraente, ma per funzionare richiederà azioni penali internazionali: la reazione alla sentenza della Corte penale internazionale contro Benjamin Netanyahu è un segno che questo tipo di procedure sono ancora molto difficili da accettare per la politica e le opinioni pubbliche. Immaginatevi capi di stato accusati e condannati per non aver realizzato politiche climatiche efficaci, o addirittura per negare l’urgenza o l’esistenza del cambiamento climatico. Trump, Millei e Meloni sarebbero i primi della lista.
Quindi, rimane quello che è stato faticosamente costruito negli ultimi ventinove anni: processi di negoziazione fra governi, da raffinare e migliorare, ma che non possono né diventare forme di democrazia dal basso né produrre sanzioni giuridiche che scattino automaticamente. Un malinconico trionfo del multilateralismo più cauto. Con il timore che sia sempre troppo tardi.
Costituzionalismo ambientale
Ma l’ottimismo della volontà può suggerire comunque miglioramenti. Possiamo invocare una maggiore partecipazione democratica all’interno dei meccanismi attuali delle Cop: questo vuol dire sostenere i movimenti ambientalisti e protestare quando vengono esclusi o misconosciuti e la loro voce viene fatta tacere, dentro e fuori le Cop. Significa sostenere partiti e politici che s’impegnano per politiche climatiche ambiziose. È una cosa che tutti possiamo fare, nei vari modi in cui si esercita la partecipazione politica (iscrivendosi ai movimenti, partecipando alle iniziative, facendo sentire la propria voce).
Infine, il costituzionalismo ambientale può avere una dimensione nazionale, forse più efficace della Costituzione della Terra. Nella Costituzione italiana sono entrati la tutela dell’ambiente e gli interessi delle generazioni future. Queste norme vanno invocate e fatte valere. Un giudice internazionale che pretenda di arrestare un capo di stato può sembrare inaccettabile, addirittura oltraggioso. Un giudice costituzionale che contesta una norma di diritto interno perché contraria alla Costituzione forse è più convincente, anche perché più consueto. Tante costituzioni ambientaliste potrebbero servire ad allineare i paesi più volenterosi e rendere le legislazioni nazionali più aderenti a politiche climatiche ambiziose. Anche questo è un percorso forse troppo lento. Ma bisogna provarle tutte. Prima che sia troppo tardi.
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