Secondo uno studio australiano nei fondali potrebbero esserci fino a otto milioni di tonnellate di plastica. Una ricerca italiana ha dimostrato che il Mediterraneo è tra mari i più inquinati
- Uno studio realizzato da ricercatori australiani ha dimostrato che sui fondali di tutti gli oceani potrebbero esserci fino a 14 milioni di tonnellate di microplastica.
- Un lavoro simile nel Mar Adriatico ha dimostrato che il Mediterraneo è tra i mari più inquinati da microplastiche, tant’è che in media due pesci su dieci ingeriscono da una a cinque microplastiche durante la loro vita.
- Le previsioni dicono che il fenomeno continuerà nel prossimo futuro con un apporto stimato tra i quattro e gli otto milioni di tonnellate di plastica all’anno.
Non c’è luogo al mondo, a quanto pare, dove la plastica non sia arrivata a inquinare: è segnalata nelle aree marine artiche, così come nei ghiacci dell’Antartide e persino nelle acque più profonde del Pianeta, la Fossa delle Marianne. Ora, una nuova ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Marine Science fornisce una stima globale delle microplastiche sul fondo di tutti gli oceani e il risultato è impressionante: non ce n’è meno di otto milioni di tonnellate, ma potrebbero essercene anche 14 milioni di tonnellate, ossia quanto il peso di una decina di milioni di automobili. Questo valore è circa 35 volte superiore al peso stimato della plastica che vi è sulla superficie dell'oceano.
E nonostante ciò, le previsioni dicono che la produzione di plastica e il conseguente inquinamento aumenteranno nei prossimi anni, nonostante la maggiore attenzione dei media, dei governi e di quel che la scienza ci dice su come ciò danneggi gli ecosistemi marini, la fauna selvatica e la salute umana. La stima delle quantità di microplastiche (così chiamate perché si tratta di piccoli pezzetti) presenti sul fondo del mare è enorme, ma si reputa che ogni anno entrino in mare tra i 4 e gli 8 milioni di tonnellate di plastica. La maggior parte probabilmente finisce sulle coste, mentre solo una parte, dopo essersi spezzettata in piccole frazioni a causa degli agenti atmosferici e delle forze meccaniche indotte dalle onde, finisce sui fondali oceanici in pezzi con un diametro inferiore ai 5 millimetri.
La ricerca australiana
Le loro piccole dimensioni fanno sì che i micro-pezzetti possono essere mangiati da una grande varietà di fauna marina, dai crostacei fino ai pesci. E quando le microplastiche entrano nella rete alimentare marina a livelli bassi, possono risalire la catena alimentare poiché le specie più grandi mangiano quelle più piccole. Il nuovo studio, realizzato da ricercatori dell’agenzia governativa australiana Commonwealth Scientific and Industrial Research (Csiro) ha raccolto campioni utilizzando un sottomarino robotico a varie profondità marine, da 1.655 a 3.062 metri, nella Great Australian Bight, fino a 380 chilometri al largo dell'Australia Meridionale. Il sottomarino ha raccolto 51 campioni di sabbia e sedimenti dal fondale che sono poi stati analizzati in laboratorio. Una volta essiccati i campioni di sedimenti sono stati suddivisi nei vari componenti ed è così che si è trovata la presenza fino a 13 particelle di plastica per grammo. Si tratta di una quantità di microplastiche fino a 25 volte superiore rispetto ai precedenti studi in acque profonde.
«Sebbene il nostro studio abbia esaminato un'area particolare del pianeta, abbiamo potuto estrapolare i valori ottenuti per ottenere una stima globale delle microplastiche sul fondo marino. Utilizzando la dimensione stimata di tutti gli oceani - 361.132.000 chilometri quadrati -, il numero e la dimensione media delle particelle di sedimenti, si è giunti a stimare il peso globale compreso tra 8,4 e 14,4 milioni di tonnellate» spiega Britta Denise Hardesty del Csiro e tra le ricercatrici dello studio.
Il Mar Adriatico
Questa situazione globale riflette quanto si è appena documentato per la prima volta nei nostri mari ed in particolare nel Mar Adriatico, grazie ad un insieme di campagne di monitoraggio e di indagini svolte nell’ambito del progetto di ricerca AdriCleanFish, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) e coordinato dall’Università di Siena in collaborazione con l'Università Ca’ Foscari Venezia. Questa ricerca non ha utilizzato robot-sommergibili, ma i pescatori. Per la raccolta dei rifiuti dal mare si sono attivate infatti, le flotte di pescherecci dei porti di Civitanova Marche (MC) e Chioggia (VE), col loro bagaglio di mezzi e conoscenze.
Quanto raccolto nel mare è poi stato analizzato dagli scienziati, che hanno anche cercato frammenti di plastica nel pescato destinato al consumo umano, in particolare Acciuga, Nasello, Sardina, Sogliola, Sugarello e Triglia di fango. I risultati dicono che il Mar Mediterraneo risulti essere una tra le aree più impattate da microplastiche a livello mondiale. In particolare per quel che riguarda i rifiuti raccolti dal fondo, i dati confermano come i materiali plastici siano i più frequentemente riscontrati. Più del 70 per cento in numero degli oggetti analizzati sono costituiti da plastica e microplastica, prevalentemente proveniente da articoli monouso, come ad esempio sacchetti e bottiglie per bevande. La ricerca nell’Adriatico ha scoperto anche che in tutte le specie ittiche analizzate è stata riscontrata la presenza di plastica nei tratti gastro intestinali. In media due pesci su dieci avevano ingerito da una a cinque microplastiche, dato che conferma le recenti stime diffuse a livello mondiale che evidenziano come tra il 20 e il 30 per cento di tutte le specie ittiche ingeriscono microplastiche. Per fortuna i tratto gastro intestinali sono raramente mangiati dall’uomo e dunque ciò che arriva a noi è in proporzioni molto limitate.
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