- Sono tornati in piazza i Fridays for Future, per lo sciopero globale che in Italia ha avuto il compito di chiudere la campagna elettorale sulla crisi climatica.
- Le manifestazioni hanno ospitato la delusione per un tema che doveva essere al centro del dibattito e invece è rimasto ai margini: solo lo 0,5 per cento delle dichiarazioni dei leader è stato sulla crisi climatica.
- Per gli attivisti, la politica ha fatto principalmente greenwashing, riciclando proposte generiche, senza nessuna capacità di affrontare la complessità.
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23-09-2022 Milano, Italia - Cronaca - Largo cairoli, Fridays For Future sciopero globale per il clima September 23, 2022 Milan Italy - News - Largo cairoli, Fridays For Future global climate strike
Non sono bastati gli appelli degli scienziati, né le raccolte firme della società civile, per non parlare delle manifestazioni, come lo sciopero globale di ieri: la politica italiana ha confermato nella campagna elettorale 2022 la sua distrazione rispetto al riscaldamento globale.
L'unico elemento legato al clima durante questi mesi di caccia al voto e costruzione del consenso è stata la realtà fisica della crisi, il fatto che l'Italia continua a essere uno dei paesi più vulnerabili e colpiti da eventi estremi.
Uno degli ultimi atti di Draghi come presidente del Consiglio non dimissionario era stata andare a Canazei dopo il collasso della Marmolada, un attimo prima della turbolenza politica che ci avrebbe portato al voto.
La campagna elettorale è passata attraverso la siccità e varie ondate di calore consecutive senza mai trasformare l'angoscia degli italiani in un vero tema politico.
Nemmeno l'ultima tragedia, l'alluvione delle Marche, è entrata nell'agenda dei leader: se ne è parlato giusto il tempo di un ciclo di notizie e di tweet, prima di passare ad altro.
Nel disinteresse generale
Lo sciopero per il clima di ieri in decine di piazze italiane era un evento globale, la data non era stata scelta per fare da controcanto agli ultimi comizi, ma in Italia ha avuto inevitabilmente l'effetto di contenere lo scontento e la frustrazione dei movimenti rispetto a come si arriva al voto di domani. «I numeri dei cortei sono stati superiori alle nostre aspettative, nonostante l'atmosfera di disinteresse generale intorno allo sciopero e al tema dello sciopero», commenta Luca Sardo, uno dei portavoce di Fridays for Future.
In realtà le manifestazioni di ieri sono state tra le più piene degli ultimi due anni anche in reazione al disinteresse generale: l'accademia e la piazza sono gli unici luoghi dove i cambiamenti climatici vengono trattati con la serietà che la scala del problema richiede, altri sbocchi non se ne vedono.
Da quando esistono Fridays for Future, Extinction Rebellion e Ultima Generazione, questa è la prima volta che si vota a livello nazionale: smuovere lo status quo politico si è rivelato più difficile di quanto sembrasse durante la prima, irripetibile ondata di proteste nel 2019.
«Dal nostro punto di vista la campagna elettorale è andata male», aggiunge Sardo. «Ci sono ancora candidati negazionisti, come Malan in Piemonte per Fratelli d'Italia. Magari nei programmi si trovano un approccio diverso rispetto al passato e alcune proposte positive, ma comunque nel dibattito non emergono mai».
Solo parole sull’ambiente
Questo è uno dei paradossi: i programmi, per chi si prende la briga di leggerli, avrebbero anche sezioni legate all'ambiente e al clima, ma è come se i leader non avessero ritenuto necessario spenderle lì dove il consenso si crea davvero: comizi, Tv e social.
Il monitoraggio dell'Osservatorio di Pavia commissionato da Greenpeace è impietoso: la crisi climatica è stata citata solo nello 0,5 per cento delle dichiarazioni dei leader riprese dai telegiornali.
Il Partito Democratico aveva pagine di idee, come un fondo anti nimby per favorire la transizione o un contratto di luce sociale per le famiglie più economicamente vulnerabili, ma Letta ne ha parlato pochissimo, limitandosi a sintetizzare la posizione del Pd nella metafora del minibus elettrico.
A sinistra il clima è stato ancora una volta trattato come un'agenda di settore da appaltare all'alleato specializzato, in questo caso l'Alleanza Verdi Sinistra.
A destra, le proposte sono state ancora più sporadiche e meno convinte, quello che rimane sono i milioni di alberi di Silvio Berlusconi e il nucleare pulito di Matteo Salvini.
Come contare di più
Il ciclo elettorale dei movimenti per il clima era iniziato con il Climate Social Camp di luglio a Torino: era arrivato da lì il primo dei tanti appelli affinché i partiti prendessero sul serio la crisi. Friday for Future ha provato a partecipare alla campagna elettorale con un'articolata agenda di proposte.
Alcuni partiti hanno scelto di intercettare gli angoli più mediatici della protesta climatica: Europa Verde e Movimento Cinque Stelle si sono offerti come interlocutori per gli attivisti di Ultima generazione in sciopero della fame. Schermaglie e posizionamenti più che contenuti.
Come spiega Marco Modugno, altro portavoce Fridays, «Il tema non è ancora centrale come dovrebbe e soprattutto non troviamo una cosa di cui c'è disperatamente bisogno, l'approccio alla complessità.
C'è la tendenza a semplificare fino al limite massimo i temi, e il risultato è che ascoltiamo solo propaganda, quella del nucleare panacea a tutti i mali o quella sulle bollette: si parla di abbassarle, ma non si parla mai del motivo vero per cui sono così alte».
La sfiducia
Sofia Pasotto è una delle attiviste più preparate e ascoltate di questa galassia, in questi mesi ha fatto un intenso lavoro per disinnescare la sfiducia nell'atto stesso di votare di molti dei suoi (tantissimi) follower su Instagram e TikTok. «Però sono ugualmente delusa di come la politica è arrivata a queste elezioni.
Dopo anni di elaborazione globale sul tema a livello politico, culturale e accademico, qui in Italia spesso non si va oltre la richiesta di un generico aumento delle rinnovabili o della sburocratizzazione delle autorizzazioni».
Sono sicuramente cose importanti, ma dovrebbero essere anche il livello minimo del discorso, invece in Italia sono ancora presentate come idee d'avanguardia.
«Il fatto di usare concetti così generici alla fine non è tanto diverso dal greenwashing che fanno le aziende. I programmi dei partiti nella maggior parte erano esattamente questo: greenwashing politico».
Per il movimento ora si apre una nuova fase, un orizzonte di costruzione diverso, «la stagione dei cortei è una fase storica che ha avuto il suo ciclo e va a esaurirsi», spiega Modugno, che a Bari sta infatti provando a sviluppare un formato nuovo che vada oltre l'idea dello sciopero, legato alla partecipazione delle scuole e alla formazione.
All'orizzonte però c'è sempre la politica. Dice Pasotto: «I nostri primi rappresentanti stanno entrando nelle istituzioni in questi anni, anche se sono ancora pochi. Sono i primi passi, la politica non deve essere vista più come qualcosa che deve per forza essere fatta da qualcun altro. Possiamo farla anche noi, in prima persona, soprattutto se continuano a ignorarci».
È ancora un'idea nebulosa e va superato lo scoglio di queste elezioni, ma la direzione sembra tracciata e non è così remota: se non puoi farti ascoltare dai politici, diventa un politico. Dopo quattro anni di palestra nelle piazze, i tempi sarebbero anche maturi.
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