Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condanNato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti


L’inchiesta detta della Rosa dei Venti inizia dalla denuncia del medico ligure Gianpaolo Porta Casucci: si presenta spontaneamente alla polizia per metterla al corrente della preparazione di un nuovo piano golpista. L’elaborato dossier consegNato alla polizia contiene i piani per un colpo di stato violento atto ad instaurare una repubblica presidenziale ed espliciti progetti di eliminazione fisica di numerosi esponenti della sinistra politica, oltre a scrittori e intellettuali. Le indagini vengono sviluppate dall’Ufficio istruzione di Padova che emette numerosi mandati di cattura.

Tra costoro Roberto Cavallaro, nelle vesti di falso magistrato militare ha potuto girare per caserme e comandi Nato per coordinare i militari e i civili che avevano aderito al progetto tra la Liguria e il Veneto. Interessante il capitolo dei finanziatori dell’organizzazione, tra cui alcuni importanti industriali.

L’organizzazione e il progetto golpista si denominano Rosa dei Venti; il suo programma, secondo uno degli esponenti dell’organizzazione, il colonnello Amos Spiazzi di Verona, onnipresente in tutti i gruppi eversivi di quegli anni e responsabile della Legione dei Nuclei difesi dello Stato della sua città ma, incredibilmente, alcuni anni dopo protagonista di uno degli episodi più oscuri di copertura e depistaggio della strage di Bologna (si veda oltre), mira “a garantire il rispetto del potere vigente, dei patti Nato riservatamente sottoscritti”.

Cavallaro è la principale fonte di accusa su cui la magistratura può contare per svelare il progetto, ma di fronte all’energica azione del giudice sono in molti a rendersi conto che il progetto non ha sbocchi e coperture e iniziano a parlare, chiamando in causa livelli superiori. Cavallaro parla di una struttura occulta di tipo militare che vede la partecipazione di civili, reclutati nei gruppi di Ordine Nuovo e di avere cercato finanziamenti su incarico di Amos Spiazzi, nel frattempo arrestato anch’egli.

Anche Spiazzi comincia a fare delle rivelazioni e riferisce di un’organizzazione “legale” interna alle forze armate che si prefigge di prevenire la conquista del potere da parte del comunismo, organizzazione che non si identifica con il SID perché rappresenta un livello ancora più occulto e che l’ufficiale definirà "SID parallelo". Tale organizzazione occulta ha un proprio vertice che può divergere da quello ufficiali; esso prevale sul Servizio ufficiale per ciò che concerne le azioni costituenti la missione dell’organizzazione.

Spiazzi per certi aspetti confonde strutture eversive frutto di accordi illegali con l’organizzazione Gladio che emergerà ufficialmente anni dopo, sul cui carattere legale dal punto di vista amministrativo e costituzionale emergeranno forti dubbi, pur trattandosi di organizzazione prevista espressamente da un protocollo segreto Nato e quindi formalmente “legale”.

Nel corso delle indagini emerge il diretto coinvolgimento nell’organizzazione eversiva del comandante del SID generale Miceli, che viene arrestato. L’ipotesi del giudice riguarda una struttura mista di civili e militari con al vertice alcuni dei massimi vertici militari. Obiettivo dell’organizzazione è di intervenire nella politica interna per impedire mutamenti sul piano dell’accesso al potere dei partiti di sinistra e nelle alleanze internazionali. Miceli è accusato di avere intralciato le indagini della magistratura.

Il magistrato che indaga, tra mezze ammissioni e significative allusioni di testi qualificati, appura che l’organizzazione "è talmente vasta da avere capacità operative nel campo politico, militare, delle finanze, dell’alta delinquenza organizzata." La struttura occulta sembra dunque strettamente collegata ai servizi di sicurezza ufficiali, a loro volta legati alla CIA e alla Nato.

Il piano denunciato dal Porta Casucci, disvelato in pochi mesi dall’indagine padovana finirà a Roma per connessione con l’inchiesta sul golpe borghese; in tale calderone confluirà anche l’indagine torinese sul c.d. “golpe bianco” di Edgardo Sogno. Alla fine sarà archiviato tutto, anche grazie all’invocato segreto di Stato da parte del Miceli.

Su tutta questa vicenda la Corte ha avuto l’opportunità di ascoltare il protagonista diretto della ricostruzione giudiziale della vicenda “Rosa dei Venti”, l’allora giudice istruttore Giovanni Tamburino, escusso all’udienza del 28 aprile 2021.

Il giudice ha confermato la sommaria ricostruzione testé esposta ed ha fornito importantissime puntualizzazioni dall’interno dell’indagine che fanno comprendere quali e quante difficoltà abbia affrontato l’autorità giudiziaria nel procedere per quelli che erano evidenti gravissimi reati, senza riuscire a portare a compimento il proprio lavoro malgrado l’emersione di prove evidenti.

Va detto che, anche senza condanne, l’attività giudiziaria (di alcuni magistrati in un contesto di formidabile contrasto alla loro azione, anzitutto all’intero dell’istituzione, secondo ricorrenti valutazioni critiche) ha portato alla luce gran parte delle trame occulte e golpiste, in tal modo disinnescandole e contribuendo a salvare la democrazia nel nostro paese.

La Procura generale ha inteso ricordare chi fosse il colonnello Spiazzi, al quale il centro SISMI di Bolzano affidò il ruolo di verificare l’attendibilità delle propalazioni di Vettore Presilio del giugno 1980 sull’imminente attentato che in agosto avrebbe fatto parlare di sé il mondo; se fossero state diversamente utilizzate dai servizi tramite i loro infiltrati, avrebbero potuto dare un diverso corso alla storia. E invece quelle preziose notizie raccolte proprio dal giudice Tamburino furono affidate proprio al colonnello Spiazzi, uomo che con le frange di Ordine Nuovo aveva costruito il gruppo clandestino eversivo di cui era al comando.

A conferma del ruolo del colonnello Spiazzi nella vicenda della Rosa dei Venti, il teste Tamburino ha riferito che lo Spiazzi fu uno degli imputati più importanti nel processo noto come della Rosa dei Venti. Spiega quindi il magistrato che il processo nacque nell’estate del 1973, dopo che si era avuta notizia di un gruppo di estremisti di destra che "giravano per l’Italia", soprattutto in Toscana, in Liguria, in Lombardia, disponendo di armi, esplosivi, passamontagna, guanti. Il gruppo faceva a capo a un personaggio padovano, Eugenio Rizzato.

Quest’ultimo era stato un elemento di spicco nella Repubblica Sociale Italiana nell’ultima fase del conflitto, a conferma di quanto sostenuto in sede storica sulla persistente operatività nel nostro sistema politico-istituzionale di una componente fascista, stabilmente insediata nel sistema in una posizione palese/occulta.

Le ragioni storiche di questo recupero di pezzi di apparati, eserciti, dirigenti e milizie fasciste all’interno del nuovo Stato Repubblicano sono ampiamente dibattute e meriterebbero un discorso a parte. Indiscutibilmente sono all’origine della sovranità limitata di cui godette il nostro Paese, non diversamente da molti altri Paesi in Europa, benché per la nostra parte in un contesto di regole costituzionali liberal democratiche e di libertà civili e politiche che sono alla base delle fibrillazioni golpiste di cui stiamo discutendo e che quelle stesse regole e principi impongono di considerare come tali senza giustificazioni di ordine politico, astrattamente sussistenti.

Tamburino ha dichiarato che Rizzato era un elemento di spicco “perché aveva fatto facilare molti partigiani, pare che fosse stato anche insomma un torturatore e comunque diciamo dopo la guerra viene condannato a trent’anni di reclusione per queste attività diciamo illecite commesse durante l’ultima fase della guerra. Poi in realtà, con le varie amnistie che fa, penso, meno di dieci anni, esce e riprende un’attività di, diciamo, potremmo dire di ricostituzione di bande fortemente fasciste o addirittura nazifasciste, a Padova e non solo.”

A Padova dove opera il gruppo di Freda e Ventura in stretto contatto con i gruppi ordinovisti di Mestre e Venezia di Zorzi e Maggi, opera dunque un’altra cellula che trama direttamente con i militari italiani collegati alle basi Nato. Su Rizzato viene raccolta un’importante documentazione che attesta le trame eversive che il gruppo sta attuando.

Precisa il magistrato che “Rizzato non parla mai nel processo” però non può impedire che a parlare siano i documenti che gli sono sequestrati, tra cui uno in cui sono elencati oltre 1600 nomi di persone da sopprimere, nel senso “cileno” o “argentino” del termine, da quanto sembra di capire, al momento opportuno. E quindi siamo ben oltre il presunto buonismo del "golpe bianco" che pure nello stesso periodo muove ad altri livelli e latitudini politiche. Dice il testimone che altra documentazione del Rizzato dimostra una consistente disponibilità di denaro mentre un altro documento di carattere militare costituiva un codice segreto ritrovato sempre tra i documenti del Rizzato e “accoliti”. Il codice militare portava ad un Reparto di artiglieria, integrato nel dispositivo di Difesa della Nato di Verona, Caserma di Montorio Veronese.

Il reparto era comandato da Amos Spiazzi, il cui nome si trova in altro documento trovato tra le carte del Rizzato come percettore di somma di denaro di una certa consistenza, proveniente dai fondi di una società immobiliare di un certo Andrea Maria Piaggio, uno dei più facoltosi industriali del tempo. L’indagine si dipanò da questi elementi e collegamenti, individuando in Spiazzi un elemento di raccordo tra queste bande, tra le quali circolano armi, esplosivi, passamontagna e varia attrezzatura militare. “Un certo mondo militare che per altro a sua volta è collegato con industriali, uno di questi appunto è Piaggio, che foraggiano con parecchi milioni i gruppi”.

Questo è il quadro iniziale del processo Rosa dei Venti, nelle parole del magistrato che ne scoprì la trama. Da quel punto di partenza l’indagine si sviluppa e si complica nel momento in cui “assieme a Spiazzi emergono altri militari, e quando Spiazzi comincia poi a dire, cosa che dicono anche altri imputati assieme a lui, che esisteva tutta un’organizzazione che non era un’associazione era .... , perché pur essendo Spiazzi di convinzioni politiche fortemente orientate verso una destra fortemente radicale, la struttura che lui dirigeva era a carattere difensivo e ufficiale” o meglio para ufficiale, segreta, diciamo parallela. Parallela. E questo poi porta a collegamenti con il Servizio Segreto, adesso non sto a rifare tutto il processo, ma insomma porta a legare tutta questa attività, il personaggio, ma non solo lui, e tutta l’attività con i Servizi Segreti perché diciamo la struttura portante sarebbe stata diciamo secondo le dichiarazioni sue e degli altri imputati interna all’Arma dei Carabinieri e ai Servizi Segreti.” ( cfr. trascrizione, pag. 21 ).

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