Oggi la Commissione Ue presenta le nuove regole per riformare il regolamento di Dublino. L’alto commissario dell’Onu per i rifugiati chiede che il nuovo “patto” fermi le tragedie
- Oggi la Commissione europea presenta il Patto sull’immigrazione e asilo, la base di discussione per superare il regolamento di Dublino che impone ai paesi di primo ingresso (come l’Italia) l’onere dell’accoglienza dei richiedenti asilo.
- Gli eventi delle ultime settimane - le ennesime tragedie nel Mediterraneo, i ritardi negli sbarchi delle persone salvate in mare, le ceneri del campo di Moria in Grecia - confermano l’urgenza di arrivare al più presto ad una politica europea condivisa.
- Il nuovo patto potrà avere successo se stabilirà un sistema coordinato di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, procedure rapide e corrette alle frontiere e un sistema automatico di redistribuzione.
Quello di mercoledì 23 settembre è un giorno cruciale per l’Unione Europea e per il diritto di asilo. Il Patto su immigrazione e asilo presentato dalla Commissione europea può essere un passaggio fondamentale per ricostruire una politica comune ed efficace su questi importanti ambiti, nel rispetto dei diritti di tutti: delle comunità che accolgono e delle persone che stanno fuggendo da persecuzioni e guerre o che sono alla ricerca di una vita più dignitosa.
Serve un’inversione di rotta che permetta di uscire dalle strumentalizzazioni politiche e che consenta d’inaugurare una stagione nuova, quella delle azioni concrete, della cooperazione e delle scelte di lungo termine.
Gli eventi delle ultime settimane - le ennesime tragedie nel Mediterraneo, i ritardi negli sbarchi delle persone salvate in mare, le ceneri del campo di Moria in Grecia -, confermano l’urgenza di arrivare al più presto ad una politica europea condivisa.
È tempo che l’immigrazione e l’asilo vengano gestiti in un’ottica di cooperazione tra gli Stati e vengano affrontati considerandoli opportunità piuttosto che emergenze.
Da diversi anni, d’altronde, gli arrivi irregolari, soprattutto via mare, sono relativamente più contenuti, ed è dunque questo il momento giusto per costruire senza indugi una nuova politica comune.
L’Unione europea sembra aver finalmente deciso di guardare in avanti e superare strumenti, il regolamento di Dublino in primis, obsoleti e disfunzionali, forieri di continue tensioni.
Funzionerà il nuovo patto? Sì, nella misura in cui sarà in grado di stabilire nuove regole condivise e realizzare nuovi investimenti grazie ai quali tutti gli stati possano agire in modo responsabile, superando la fase delle soluzioni bilaterali, della rigidità e del rifiuto, tutto ciò che ha arrecato, fino a oggi, molto danno ai rifugiati e ai migranti così come, in termini di coesione sociale, a tutti i paesi dell’Unione e ai loro cittadini.
Il nuovo patto potrà avere successo se stabilirà un sistema coordinato di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, procedure rapide e corrette alle frontiere, in grado di identificare immediatamente le persone vulnerabili; e se attuerà un sistema automatico di redistribuzione.
Dovranno poi essere rafforzati il coordinamento e la cooperazione tra le autorità degli stati membri sui rimpatri delle persone che non hanno diritto a rimanere sul territorio europeo, attraverso procedure congiunte rispettose della dignità e dei diritti individuali delle persone coinvolte.
Al contempo vanno ampliati i canali legali e sicuri di immigrazione e asilo, in modo da permettere ai rifugiati più vulnerabili di arrivare in Europa in modo organizzato e sicuro, senza mettere la propria vita a rischio in mare.
L’Italia rappresenta, a questo proposito, un esempio per come ha saputo promuovere, attraverso alleanze forti tra istituzioni e società civile, forme di ingresso sicure e legali, quali i corridoi umanitari e universitari; e per come ha messo in atto con decisione alcune evacuazioni umanitarie dalla Libia e dal Niger.
Bisogna poi ribadire con convinzione che l'arrivo dei rifugiati può innescare cambiamenti sociali ed economici positivi.
Durante l’emergenza Covid-19, i rifugiati hanno anch’essi sofferto le conseguenze economiche e sociali della pandemia, vedendo la loro già fragile condizione ulteriormente peggiorare. Ciononostante, un po’ ovunque in Europa abbiamo visto molti tra loro attivarsi per aiutare altri, più vulnerabili di loro, nelle comunità che li hanno accolti.
Per questa ragione le politiche sull’integrazione dei rifugiati devono ulteriormente essere rafforzate nello spirito del Global Compact per i Rifugiati, attraverso il coinvolgimento degli enti locali, della società civile, del mondo delle imprese, delle università e dei media.
Servono, con urgenza, investimenti molto più strategici e mirati in quei paesi in via di sviluppo che ospitano la stragrande maggioranza dei rifugiati, spesso senza concrete opportunità d’inclusione sociale. Se venisse loro offerta la possibilità di un futuro dignitoso in quei paesi, le persone non rischierebbero la vita tentando di arrivare in Europa, mettendosi nelle mani di trafficanti senza scrupoli.
A tale riguardo il prossimo Quadro finanziario pluriennale post-2020 dell’Unione europea rappresenta un’opportunità da cogliere per sostenere questi paesi, attraverso misure concrete a favore dei rifugiati ma anche delle comunità che li ospitano.
Infine, non può essere tralasciata una nuova regolamentazione dell’immigrazione che garantisca la possibilità alle persone di richiedere permessi di lavoro e soggiorno da paesi di origine, riducendo la pressione sul sistema di asilo europeo e garantendone un funzionamento adeguato.
Sono tempi incerti quelli che stiamo vivendo, e l'Europa può dimostrarsene all'altezza rinnovando la propria fedeltà ai principi fondamentali che sorreggono il diritto d’asilo, e allo stesso tempo aggiornando le pratiche che lo attuano in una realtà difficile e complessa.
Affinché ciò possa avvenire, affinché possa continuare a essere modello e guida nel mondo in questo ambito, l’Europa dovrà tornare a dare il giusto peso ai suoi valori originari: solo così potrà realizzare una politica comune giusta, ma anche realmente efficace.
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