Il mutamento sostanziale degli equilibri esistenti rispetto a quelli che erano stati garantiti con l'accordo del 1974 tra Berlusconi con l'intermediazione di Dell'Utri (e di Cinà) e "cosa nostra" che aveva a capo i boss mafiosi Bontate e Teresi. Dopo la morte di costoro, vi era stato l'avvento della reggenza stragista e caratterizzata da una cifra criminale più alta di Salvatore Riina
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello su Marcello Dell’Utri, del presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte
Dopo avere chiarito che i pagamenti di Berlusconi a "cosa nostra" si erano protratti senza soluzione di continuità anche nel periodo in cui Dell'Utri si era allontanato dall'area imprenditoriale berlusconiana per andare a lavorare da Rapisarda, deve adesso affrontarsi il problema indicato dalla Cassazione come "la questione del dolo" nei pagamenti successivi al suddetto periodo fino al 1992.
La Corte, invero, seppur ritenendo che la motivazione del giudice di merito era stata rispettosa dei parametri normativi sia in ordine all'affermazione della effettività della protrazione dei pagamenti "negli anni '80 e poco oltre" da parte di Dell'Utri sulla base della nota causale del patto di protezione con la mafia, sia sul tema dell'attendibilità dei collaboratori di giustizia, ha affermato che le stesse fonti di prova che avevano consentito di pervenire alla suddetta conclusione, coniugate ad eventi oggettivi, quali ad esempio gli attentati subiti da Berlusconi nell'arco temporale in esame avevano evidenziato "elementi di una certa torsione o avvitamento dei rapporti tra le parti interessate all'interno dei quali quei pagamenti avrebbero dovuti essere reinterpretati".
Detti "eventi oggettivi" individuati dalla Suprema Corte, hanno riguardato aspetti problematici collegati sia ad atteggiamenti di Dell'Utri verso "cosa nostra" che la Suprema Corte ha definito "riluttanti" che ad attività intimidatorie poste in essere nei confronti delle proprietà di Berlusconi , eventi che apparentemente potrebbero sembrare contrapposti agli elementi probatori acquisiti in relazione alla condotta di Dell'Utri che negli anni '80 si era comunque risolta in un arricchimento di "cosa nostra".
L'esame di tali eventi demandato dalla Cassazione a questa Corte è necessario al fine di affermare o escludere la persistenza dell'elemento soggettivo del dolo diretto che - così come è stato sostenuto la Suprema Corte - non può ritenersi acquisita misconoscendo o negando, così come era avvenuto nella sentenza annullata, "la valenza di emergenze che si connotano segni di una possibile caduta della precedente unitarietà degli intenti".
Ove, all'esito di detto esame, non fosse possibile individuare l'elemento soggettivo necessario del dolo diretto, si andrebbe incontro ad un delimitazione cronologica del reato permanente al 1982.
Gli "eventi oggettivi" individuati dalla Suprema Corte che devono essere esaminati da questo giudice di rinvio al fine di individuare o di escludere una diversa interpretazione dei rapporti che esistevano tra le parti interessate possono essere riassunti secondo i profili che seguono.
In primo luogo viene in evidenza l'attentato di via Rovani del novembre del 1986 subito da Berlusconi che, secondo la Corte di Cassazione, non poteva essere spiegato, così come aveva fatto la Corte d'Appello, come una prassi tenuta dalla consorteria mafiosa per non allentare la tensione con la propria vittima. Secondo i giudici di legittimità, detto costrutto era del tutto irrazionale atteso che non sarebbe stato spiegato come una vittima potesse essere contemporaneamente considerata concorrente esterno nella associazione che aveva messo in atto dette pressioni, anche contro di essa.
Era stato inoltre considerato l'atteggiamento scostante assunto da Dell'Utri nei confronti di Cinà in relazione al quale Antonino Galliano aveva riferito di un incontro avvenuto nel 1986 tra esponenti mafiosi e del fatto che, nel corso di tale incontro Cinà si era lamentato di detto atteggiamento assunto da Dell'Utri nei suoi confronti ed aveva comunicato che non voleva più recarsi a Milano per riscuotere le somme dall'imputato. Ed ancora la conversazione intercorsa il 24.12.1986 tra Alberto Dell'Utri e Cinà nel corso della quale quest'ultimo aveva descritto al suo interlocutore l'atteggiamento assunto nei suoi confronti da Marcello Dell 'Utri che lo faceva aspettare o che spariva per non incontrarlo.
Inoltre la risposta del Riina che - informato di tale atteggiamento assunto da Dell'Utri - aveva posto in essere azioni intimidatorie nel 1987 sì da ottenere da un lato la riconsiderazione del Cinà presso Dell'Utri e dall'altro l'imposizione del doppio della somma versata in cambio della protezione. Sono state indicate poi le dichiarazioni di Ganci Calogero, riferite al 1984-1985 che aveva riferito delle lamentale fatte da Dell'Utri a Cinà in guanto si sentiva tartassato dai fratelli Pullarà, uno dei quali era reggente della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù e dopo la morte di Bontate aveva iniziato a riscuotere le somme da Dell'Utri per poi essere rimosso dall'incarico dallo stesso Riina che lo aveva sostituito con Cinà.
Devono poi essere considerati gli attentati di matrice mafiosa ai magazzini Standa di Catania appartenenti alla Fininvest che la Corte d'Appello aveva svalutato nell'ottica di provare un interessamento di Dell'Utri per comporre la questione sottostante con "cosa nostra" e che secondo i giudici di legittimità, dovevano essere valutati "nell'ottica della tesi difensiva del potere essi rappresentare o meno l'espressione di un rapporto tra Berlusconi e la mafia non più regolato da un reciproco interesse e di riflesso quale causa o quale effetto - poco importa - di un rapporto di Dell'Utri con cosa nostra comunque non più convergente nel perseguimento di comuni interessi". Infine il mutamento sostanziale degli equilibri esistenti rispetto a quelli che erano stati garantiti l'accordo del 197 4 tra Berlusconi con l'intermediazione di Dell'Utri (e di Cinà) e "cosa nostra" che aveva a capo i boss mafiosi Bontate e Teresi.
Dopo la morte di costoro, vi era stato l'avvento della reggenza stragista e caratterizzata da una cifra criminale più alta di Salvatore Riina che aveva eliminato Bontate (ucciso) e Teresi (scomparso con il metodo della lupara bianca) nel 1981. Orbene, reputa il Collegio che al fine di esaminare ed interpretare gli elementi probatori indicati dalla Corte di Cassazione apparentemente contrapposti ai pagamenti che comunque erano stati fatti da Berlusconi a "cosa nostra", sia necessario, prima di valutare la permanenza dell'elemento psicologico, descrivere le modalità con i quali tali pagamenti sono stati effettuati "negli anni '80 e poco oltre", fino al 1992.
Tale descrizione, apparentemente superflua, (va rammentato che la Suprema Corte ha demandato a questo giudice di rinvio solo la valutazione dell'elemento soggettivo del dolo), appare invece necessaria al fine di verificare un dato di particolare significato e cioè se dal raffronto tra le modalità di pagamento nel periodo in esame (1983-1992) con quelle già sperimentate in epoca precedente (1974-1977) (ed in ordine alle quali era stata acclarata dalla Suprema Corte la responsabilità penale di Dell'Utri per il ruolo di mediatore che aveva svolto tra gli interessi di Berlusconi a ricevere una generale protezione e quelli di "cosa nostra" che assicurava la richiesta protezione ricevendo in cambio cospicue somme di denaro dall'imprenditore), era possibile registrare una modifica rilevante di tali modalità e della condotta delle parti interessate.
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