Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


Il Buscetta si è poi soffermato sulle riunioni svoltesi nell’abitazione di Salvo Lima, fornendo le seguenti precisazioni:

Domanda – Si sono svolte delle riunioni a casa dell’onorevole Salvo Lima che avevano per oggetto la scelta di candidati, le elezioni, discussioni di carattere politico alle quali lei o altri uomini d’onore avete partecipato?

Risposta – Alla scelta dei candidati io non ho mai partecipato, anche perché non ne avrei avuto la competenza, ma le riunioni c’erano a casa di Lima o a casa di PenNino. E a casa di PenNino molto spesso hanno parlato di candidare, per esempio, la candidatura dell’onorevole Barbaccia è stato un fulmine a ciel sereno perché era una candidatura che non si aspettavano, e visto il risultato per l’elezione al Municipio di Palermo, lo zio volle candidarlo per le elezioni nazionali. E quindi non fu poca la battaglia che successe per candidare Franco Barbaccia. Ma io a queste cose non ho partecipato, anche perché io non avevo abbastanza...

Domanda – Quando lei dice: non ho partecipato, intende dire che non ha partecipato alla discussione o che non ha partecipato alla riunione?

Risposta – Non ho partecipato alla discussione.

Domanda – Ma ha partecipato alla riunione?

Risposta – Sì, ho partecipato alla riunione, ma non trattavo io questi argomenti perché non avevo la capacità, riconosco, non le avevo le capacità per ragionare il giusto o il non giusto.

Il collaboratore di giustizia ha menzionato tre episodi di favoritismo da parte di Salvo Lima, divenuto Sindaco di Palermo, nei confronti di esponenti di “Cosa Nostra”:

- il mutamento di destinazione urbanistica di un’area sita “in una zona centrale di Palermo alla fine della via Libertà”; il Buscetta e Salvatore La Barbera, “attraverso l’interessamento del Sindaco Lima”, avevano ottenuto la trasformazione da “zona verde” ad “area edificabile”, ed avevano poi venduto il terreno al costruttore Salvatore Moncada, anche lui “uomo d’onore”;

- la concessione (avvenuta per interessamento di Salvo Lima) della facoltà di edificare due ulteriori elevazioni su un immobile nella cui costruzione era impegnato il Buscetta insieme a tale Annaloro;

- il mutamento di destinazione urbanistica (“da verde ad area edificabile”) della villa “Duca d’Orléans” di Palermo; si trattò di un favore fatto dal Lima ad AntoNino Sorci, Rosario Mancino ed altri.

Le dichiarazioni del Buscetta sono di seguito trascritte:

Domanda – Lei o altri uomini d’onore che tipo di favori avete chiesto, se li avete chiesti, all’onorevole Salvo Lima?

Risposta – I favori che io conosco di Salvo Lima sono, quando lui era Sindaco di Palermo, il cambiare dei terreni da zona verde ad area edificabile, uno di questi favori l’ha fatto a me e a Salvatore La Barbera, un altro favore...

Domanda – Andiamo per ordine, il primo, in cosa consisteva questo favore che ha fatto a lei e a Salvatore La Barbera?

Risposta – C’era un’area in una zona centrale di Palermo alla fine della via Libertà, dove era stata definita quell’area zona verde, mentre noi, attraverso l’interessamento del Sindaco Lima, abbiamo potuto trasformarla in area edificabile che poi abbiamo venduto ad un costruttore che si chiamava Salvatore Moncada, anche lui uomo d’onore di Palermo.

Domanda – E questo è un esempio, poi?

Risposta – Il secondo esempio che io personalmente ho chiesto l’elevazione di due piani su una costruzione che stavo facendo insieme ad un tale Annaloro, cosa che mi fu accordata per suo interessamento, e a quell’epoca l’assessore...

Intervento del Presidente – Che significa la costruzione di due piani?

Risposta – Era stata concessa la licenza per esempio di arrivare a 8 piani ed invece poi avevo chiesto il favore di arrivare a 10 piani, e mi è stato concesso.

Domanda – Ricorda...?

Risposta – Un’altra, io non ho preso parte in questa, è una zona di Palermo, che era una villa detta Duca d’Orléans che fu trasformata interamente da verde ad area edificabile, e questa era una concessione che veniva fatta ad AntoNino Sorci, ad un tale che si chiamava Rosario Mancino ed altri.

Domanda – Sorci e Mancino erano uomini d’onore?

Risposta – Erano uomini d’onore tutti e due. Mancino era uomo d’onore a Brancaccio, nella famiglia di Gioacchino PenNino e Sorci era rappresentante, lui, della famiglia di Villagrazia.

Domanda – E chi è che fece questo favore?

Risposta – Lima, era il Sindaco.

Il collaboratore di giustizia ha altresì specificato di avere inviato una “lettera di accompagnamento” per Carlo Gambino e Joe Bonanno in occasione di un viaggio di Salvo Lima (allora Sindaco di Palermo) negli Stati Uniti; sul punto, il Buscetta ha riferito quanto segue:

Domanda – Lei sa se l’onorevole Lima si recò mai negli Stati Uniti?

Risposta – Sì.

Domanda – E come lo sa lei?

Risposta – Io ho fatto una lettera, se così posso chiamarla, di accompagnamento, perché lui dovendosi recare negli Stati Uniti se poteva essere accolto da gente del posto. Io feci una lettera per

Carlo Gambino e Jo Bonanno, che avevo conosciuto. Jo Bonanno l’avevo conosciuto nel 1957, mentre Carlo Gambino non l’avevo mai conosciuto, ma avevo conosciuto i fratelli di Carlo Gambino che si chiamavano Paolo e Giuseppe Gambino. Avevo questa conoscenza diretta perché abitando a corso Liguzza a Palermo, non ricordo più il piano dove io abitavo, ma mettendo che io abitavo al secondo piano, al terzo piano abitava la sorella di Carlo Gambino, sposata a Palermo con un uomo d’onore della famiglia del Borgo.

Intervento del Presidente – Chi era questo Carlo Gambino?

Risposta – Carlo Gambino era il rappresentante della famiglia palermitana di New York.

Domanda – Perché questa lettera di accompagnamento, quale scopo, che funzione aveva?

Risposta – La funzione di essere accompagnato in vari posti e sapere, avere qualcuno che poteva indicare, ma io so che loro, a detta dello stesso Sindaco di allora, avevano avuto accoglienze molto festose negli Stati Uniti.

Domanda – Cioè Lima aveva avuto accoglienze festose?

Risposta – Sì, e al ritorno mi aveva ringraziato.

Intervento del Presidente – In quel periodo era Sindaco?

Risposta – Sì, era sindaco in quel periodo.

Le affermazioni del Buscetta trovano specifica conferma in numerosi elementi di convincimento.

Il rapporto di conoscenza e di amicizia tra il Buscetta e l’onorevole Lima, e l’importanza che il predetto uomo politico vi attribuiva (qualificando il Buscetta come “uno che conta”), emergono chiaramente dalle dichiarazioni rese, davanti al pm di Roma ed al pm di Palermo, dall’onorevole Franco Evangelisti (le cui deposizioni sono state acquisite al fascicolo del dibattimento come atti irripetibili, a seguito del decesso del dichiarante).

Infatti l’onorevole Evangelisti, nel verbale di esame di persona informata sui fatti reso il 28 maggio 1993 davanti al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, affermò quanto segue: «ero legato da profonda amicizia con Salvo Lima e mai avrei sospettato che potesse essere legato a mafiosi. L’unica cosa che ora mi viene in mente è che una volta Lima mi disse di conoscere bene Buscetta e che questi era democristiano. (...) Lima mi disse che Buscetta era stato iscritto nei gruppi giovanili democristiani».

Nel verbale di assunzione di informazioni del 1° luglio 1993, davanti al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, l’onorevole Evangelisti precisò: «confermo, altresì, che Salvo Lima mi disse – una volta – di conoscere Buscetta Tommaso e che quest’ultimo era stato iscritto ai gruppi giovanili della Democrazia Cristiana. Quando io chiesi a Salvo Lima che cosa pensasse di Buscetta egli disse: “è un mio amico, è uno che conta”. Lima non aggiunse altro; egli era uno che parlava poco, anzi si può dire che parlava con le sopracciglia (...) preciso che io chiesi a Salvo Lima “non cosa pensasse di Buscetta, ma chi fosse Buscetta”».

Il legame tra l’onorevole Lima ed il Buscetta era emerso anche nel corso dell’istruttoria del c.d. maxiprocesso. Infatti il teste Mario Cammarata, escusso in data 24 giugno 1986 dal giudice istruttore dott. Giovanni Falcone, dichiarò di avere incontrato Tommaso Buscetta in un ricevimento tenutosi presso la villa di Salvo Lima, sita a Mondello, in occasione di una campagna elettorale, e di essersi quindi allontanato, poiché l’ambiente non era di suo gradimento (cfr. la deposizione testimoniale resa dall’isp. Salvatore Bonferraro all’udienza del 22 maggio 1996).

Le risultanze dell’istruttoria dibattimentale hanno consentito di acquisire diversi elementi che forniscono univoco riscontro alle dichiarazioni rese dal Buscetta in ordine alle tre specifiche ipotesi di condotte illegittime attuate da Salvo Lima, mentre era Sindaco di Palermo, in favore di “uomini d’onore”.

Infatti, per quanto attiene al primo episodio di favoritismo (consistente nell’interessamento del Sindaco Lima per la trasformazione da “zona verde” ad “area edificabile” di un terreno sito a Palermo “alla fine della via Libertà”, poi venduto dal Buscetta e da Salvatore La Barbera al costruttore Salvatore Moncada), dalla deposizione testimoniale resa dall’isp. Brigida Mangiaracina all’udienza del 22 maggio 1996 si desume che l’imprenditore edile Salvatore Moncada, indicato come mafioso dal collaboratore di giustizia Leonardo Vitale, instaurò rapporti di affari con Salvatore La Barbera. Quest’ultimo utilizzava alcuni locali del Moncada come garage per i propri automezzi.

Il Moncada scrisse, in data 30 ottobre 1953, una lettera indirizzata alla Questura di Palermo, con cui rappresentava la figura di Salvatore La Barbera (che doveva presentarsi davanti alla Commissione provinciale per l’assegnazione al confino di polizia) come quella di un onesto lavoratore. Nel corso delle indagini esperite a seguito della scomparsa di Salvatore La Barbera nel 1963, all’interno dell’autovettura semidistrutta di costui venne rinvenuta un’agendina tascabile contenente anche i numeri telefonici del Moncada.

Nell’ottobre del 1960 il Moncada acquistò da Amedeo Chiaramonte Bordonaro di Gebbiarossa un terreno, attualmente occupato dallo stabile sito a Palermo in via Brigata Verona n.6 all’angolo con via Sicilia n.12. Tale immobile fu costruito dal Moncada, il quale ottenne la relativa licenza edilizia anche se nel terreno erano comprese alcune particelle destinate a verde pubblico ed una particella destinata per la maggior parte ad edificio monumentale e per il resto a verde pubblico. All’epoca Salvo Lima era Sindaco di Palermo e Vito Ciancimino era Assessore comunale ai lavori pubblici.

L’ubicazione dell’immobile (sito nelle vicinanze del tratto finale di via Libertà), la carica allora ricoperta da Salvo Lima, il significato sostanziale dell’intervento dell’amministrazione comunale (concretatosi nel riconoscimento della facoltà di edificare in relazione ad un’area per cui sussisteva una, sia pure parziale, destinazione a verde pubblico) e l’individuazione del destinatario finale del beneficio, corrispondono alle indicazioni fornite dal Buscetta.

L’unico dato che non ha ricevuto conferma in elementi estrinseci è costituito dalla riferita originaria titolarità dell’immobile in capo al Buscetta ed a Salvatore La Barbera, poiché il terreno risulta essere stato ceduto direttamente dal Chiaramente Bordonaro al Moncada. Può tuttavia rilevarsi che il Buscetta e Salvatore La Barbera, notoriamente inseriti nell’organizzazione mafiosa, erano interessati a non fare risultare ufficialmente la loro partecipazione alla vicenda traslativa riguardante l’immobile, evitando di intestare il terreno a proprio nome, secondo una prassi abituale per gli aderenti all’illecito sodalizio. E’, poi, appena il caso di osservare come fosse estremamente agevole, per due esponenti di spicco di “Cosa Nostra”, avvalersi di molteplici forme di interposizione fittizia o comunque di occultamento della loro cointeressenza nell’affare.

La circostanza che notoriamente Salvo Lima agevolasse in modo illegittimo il Moncada nella sua attività di imprenditore edile trova conferma nelle seguenti dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo all’udienza del 30 maggio 1996: «i palermitani sanno che per costruire a Palermo e in certe aree ci sono stati diciamo magari dei palazzi che si poteva costruire al settimo piano, al dodicesimo piano. C’erano dei mafiosi fin d’allora, tipo il La Barbera, Salvatore Moncada ed altri, i Graziano, che questi erano mafiosi che purtroppo costruivano grazie diciamo all’intervento dell’onorevole Lima per cui per esempio in un area dove magari si poteva costruire fino al quinto piano, però con l’interessamento dell’onorevole Lima allora Sindaco Lima si poteva costruire fino a undicesimo piano».

Il secondo episodio di favoritismo menzionato dal Buscetta (e cioè l’interessamento di Salvo Lima per l’attribuzione della facoltà di edificare ulteriori elevazioni su un immobile nella cui costruzione erano impegnati lo stesso Buscetta e l’Annaloro) ha trovato preciso riscontro nelle dichiarazioni rese dal costruttore Giuseppe Annaloro nel procedimento penale a carico di Angelo La Barbera ed altri 116 imputati, conclusosi con la sentenza del 22 dicembre 1968 della Corte di Assise di Catanzaro (acquisita al fascicolo per il dibattimento).

L’Annaloro, infatti, nell’esame testimoniale reso il 28 novembre 1963 davanti al Giudice istruttore presso il Tribunale di Palermo dott. Cesare Terranova, dichiarò quanto segue: «Buscetta Vincenzo volle partecipare con me alla costruzione di un edificio in Via Cirrincione angolo Via Sampolo. (...) Avevo presentato al comune il relativo progetto per la costruzione di un edificio di sette piani oltre l’attico.

L’approvazione era stata concessa per un edificio di sei piani oltre l’attico perché nelle more era intervenuto un provvedimento dell’amministrazione comunale con cui la zona prima intensa veniva dichiarata semi intensa. Poiché mi ero reso conto che Buscetta Tommaso certamente per motivi elettorali era in rapporto con personalità politiche locali, mi rivolsi a lui perché cercasse di farmi ottenere l’approvazione integrale del progetto. (...)

Avevo visto una volta Buscetta Tommaso parlare col Sindaco Lima davanti l’abitazione di costui in via Marchese di Villabianca, lo avevo visto inoltre in compagnia dell’On/le Gioia e dell’On/le Barbaccia, anzi a quest’ultimo fui presentato dallo stesso Buscetta allorché volevo farmi operare di tonsille. Il predetto On/le Barbaccia in quella occasione era in compagnia di uno zio, di cui non ricordo il nome, compare del Buscetta.

Buscetta Tommaso inoltre si vantava spesso e si compiaceva delle sue relazioni altolocate oltre che con personalità locali anche con personalità di Roma. Una volta ebbe a dirmi di essere amico degli On/li Andreotti e Scelba. Per l’approvazione del progetto che venne effettivamente approvato integralmente in un secondo tempo mi rivolsi anche ad un mio amico a nome Villasevaglios, impiegato del Banco di Sicilia, collega del Sindaco Lima e con costui in buoni rapporti, nonché al Rag. Mostacci, impiegato all’Ufficio dei vigili urbani, acquirente di un appartamento, il quale si offerse spontaneamente di aiutarmi.

Ottenuta l’approvazione Buscetta Tommaso mi chiese di vendergli due appartamenti al settimo piano e mi offrì la somma di L. 13 milioni. Accettata la proposta mi disse che mi avrebbe pagato solo L. 8 milioni trattenendo L. 5 milioni a titolo di compenso per l’approvazione del progetto (...) Tale somma a suo dire era destinata anche agli “amici” del comune senza però che in proposito facesse alcun nome».

Nel successivo esame testimoniale reso il 9 dicembre 1963 davanti al Giudice istruttore presso il Tribunale di Palermo dott. Cesare Terranova, l’Annaloro aggiunse: «ripetutamente Buscetta Tommaso a parte quanto io stesso ebbi a constatare (...) ebbe a parlarmi dei suoi amichevoli rapporti con l’On/le Gioia e col Sindaco Lima.

Sono convinto in proposito della veridicità di Buscetta Tommaso perché una volta lo vidi passeggiare con l’On/le Gioia tenendolo sotto braccio. Non conoscevo il predetto parlamentare e fu lo stesso Buscetta a dirmi poi che si trattava di detto On/le Gioia. Per quanto riguarda il Sindaco Lima li vidi parlare insieme. Ritengo invece che Buscetta Tommaso si sia vantato senza alcun fondamento della conoscenza degli On/li Andreotti e Scelba. Per quanto riguarda costoro, una volta, tornando da Roma, mi disse di essere stato con loro a pranzo».

Dalla deposizione testimoniale resa dall’isp. Brigida Mangiaracina all’udienza del 22 maggio 1996 si evince che l’istanza tendente all’aggiunta del piano ammezzato e del settimo piano era stata presentata nell’agosto 1961 dall’Annaloro (al quale nel marzo dello stesso anno era stata rilasciata una licenza che lo autorizzava alla costruzione di uno stabile composto da scantinato, piano terra, 6 piani elevati).

Benché tale richiesta non fosse conforme alle previsioni del regolamento edilizio, la Commissione Edile del Comune di Palermo il giorno successivo alla presentazione dell’istanza espresse parere favorevole, ponendo talune condizioni; venne quindi rilasciata al predetto costruttore la licenza riguardante l’aggiunta del piano ammezzato e del settimo piano.

La sentenza del 22 dicembre 1968 della Corte di Assise di Catanzaro assolse, per insufficienza di prove, Tommaso Buscetta dall’imputazione di concorso in estorsione continuata (consistente nell’avere costretto Giuseppe Annaloro a cedergli, per l’importo di L.5.000.000, due appartamenti del valore di oltre 10.000.000), ma affermò la sua responsabilità penale in ordine al reato di associazione per delinquere, evidenziando quanto segue: «Buscetta Tommaso, intromessosi con autorevole malefica influenza negli affari commerciali del fratello Buscetta Vincenzo, fabbricante di vetri, ha fatto sentire il timore del suo prestigio di mafioso al costruttore Annaloro Giuseppe.

Quest’ultimo ha chiarito di aver compensato Buscetta Tommaso con la somma di cinque milioni per avere ottenuto l’approvazione di un progetto edilizio per l’autorevole intercessione dell’imputato presso il Sindaco del Comune di Palermo dell’epoca nonchè di alcuni parlamentari secondo quanto lo stesso imputato aveva riferito all’Annaloro, spiegando che quel compenso egli aveva versato a suoi amici».

Nella medesima pronunzia, inoltre, si rilevò la carenza di prova in ordine al rapporto societario tra l’Annaloro ed i fratelli Tommaso e Vincenzo Buscetta, ma si aggiunse: “non può però escludersi che gli stessi abbiano potuto operare congiuntamente, di fatto, in affari poi conclusisi, secondo l’assunto dell’Annaloro in dibattimento, con un danno per quest’ultimo, valutato in lire 3.200.000, ch’egli avrebbe dovuto accollarsi pro bono pacis onde evitare conseguenza per lui più dannose.

Deve ammettersi che la narrazione dell’Annaloro relativa ai rapporti di affari avuti con i fratelli Buscetta, ha, attesa la dovizia di circostanze fornite, un apparente fondamento di verità.

L’esistenza di quei rapporti comuni risulta implicitamente ammessa dallo stesso imputato Buscetta Vincenzo il quale ne ha solo contestato le lamentate irregolarità”.

Dalla sentenza del 22 dicembre 1968 della Corte di Assise di Catanzaro si trae, dunque, puntuale conferma proprio del fatto che l’Annaloro aveva corrisposto la somma di £. 5.000.000 per ottenere l’approvazione di un progetto edilizio attraverso l’intercessione del Buscetta presso il Sindaco del Comune di Palermo e presso alcuni parlamentari.

Il terzo comportamento di illecito favoritismo (cioè quello che, secondo le affermazioni del Buscetta, fu realizzato da Salvo Lima nei confronti di AntoNino Sorci, Rosario Mancino ed altri, in relazione al mutamento di destinazione urbanistica della villa “Duca d’Orléans” di Palermo) ha trovato conferma nelle seguenti dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Gioacchino PenNino in ordine al coinvolgimento del Lima, del Sorci e di altri soggetti in una speculazione edilizia riguardante un terreno sito nei pressi della Villa D'Orleans: «mi ha parlato di questo, credo, se non rammento male Giacinto Mazzara e mi disse, facendo il nome di Gioia pure insieme a quello di Lima, a quello di Tommaso Buscetta, di mio zio, non rammento se fosse fatto anche quello dei fratelli La Barbera, che furono al centro di una speculazione a quell’epoca, che aveva, come oggetto, un terreno che era sito nei pressi della Villa D’Orleans.

Al centro di quella operazione c’era pure (...) un certo Nino Sorce detto “‘U Riccu”, il ricco “’U Ricco”, che io ho saputo essere uomo d’onore ma che non ho mai conosciuto. L’oggetto di questa speculazione, io non ne so con precisione i contenuti ma, trattandosi di un terreno doveva essere una speculazione edilizia. Mi disse proprio, in particolare, l’interlocutore che me ne parlò, mi disse: ci avevano tanto denaro e di stancavano di contarlo, in contanti. Ecco questo il particolare che rammento. Non so dire altro o in merito perché non mi è stato riferito nè avevo interesse a chiedere».

Nella sentenza del 22 dicembre 1968 della Corte di Assise di Catanzaro si specificò che Rosario Mancino aveva “impiegato forti somme per l’acquisto di suoli edificatori (lire 14 milioni per Ha. 14 di terreno nella Villa D’Orleans...)” ed aveva reso dichiarazioni del seguente contenuto: «Angelo La Barbera, versando circa dieci milioni e conferendo materiale, costruì in società col Mancino numerosi appartamenti sul terreno che questi aveva acquistato nella Villa D'Orleans».

Gli stretti rapporti instaurati da Salvo Lima, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, con i fratelli La Barbera, Ferdinando Brandaleone, Gioacchino PenNino (zio dell’omoNino collaboratore di giustizia) e Tommaso Buscetta, e la partecipazione degli ultimi due soggetti ad una delicata riunione di carattere politico svoltasi presso l’abitazione del Lima, sono desumibili dalle seguenti dichiarazioni rese dal collaborante Gioacchino PenNino all’udienza del 15 dicembre 1996:

PenNino G.: (...) la mia famiglia dal 1956 cominciò a votare per la Democrazia Cristiana, in quanto un mio cugino acquisito il Dottor Francesco Barbaccia, acquisito in quanto aveva sposato la figlia di una sorella di mio padre fu candidato alle elezione comunali su invito di mio zio Gioacchino PenNino e di Salvo Lima. Fu candidato alla Democrazia Cristiana alle elezioni comunali del 1956, risultando primo eletto.

Appunto in quell’occasione io cominciai avere rapporti con l’ambiente della Democrazia Cristiana, fu in quell’occasione che ebbi a conoscere anche Lima, fu in quell’occasione che ebbi anche a conoscere mi rammento, Brandaleone, Ferdinando Brandaleone e noi ci operammo tutti per le elezioni di mio cugino che fu il primo eletto, successivamente lo stesso cugino nel ’58 fu candidato alle elezioni nazionali e venne eletto, mentre dal ’63 non risultò eletto però poi subentrò ad un parlamentare che decedette, e credo che fosse l’Onorevole Aldisio, e quindi cominciai non ad essere attivista diretto, ma a occuparmi della Democrazia Cristiana.

Questi rapporti e questa gravitazione nel mondo della Democrazia Cristiana aumentarono soprattutto alla fine degli anni ’50, quando... mentre io frequentavo il tiro a volo avevo una amicizia particolare conorevole.. allora avvocato e poi senatore Giuseppe Cerami. Lo stesso era socio del Circolo della Stampa e questo fatto era risaputo anche dagli altri frequentatori, quindi dal Buscetta, (...) da mio zio Gioacchino, per cui un giorno fui invitato a casa dell’Onorevole Salvo Lima che allora abitava in un palazzo costruito dal Banco di Sicilia, che era sito tra la Via Lazio e il Verde Terrasi, il Verde Terrasi esattamente dovrebbe essere o

la continuazione del Viale Piemonte o l’inizio del Viale Campania (...). In quell’occasione io fui invitato per il rapporto di amicizia, anche se c’era una differenza di età fra me e Pippo Cerami, fui invitato a casa del predetto (...) Lima, dove c’erano mio zio Gioacchino e Tommaso Buscetta, l’oggetto di quell’invito era politico.

Si desiderava che il Cerami non entrasse in giunta, perché Cerami non faceva parte del grosso correntone cui aderiva la maggior parte degli operatori della DC di allora il correntone di fanfaniano, faceva parte del gruppo Fasino del gruppo Fasino, e allora si voleva convincere il Cerami e poi tramite il Cerami anche Ernesto Di Fresco a non entrare in giunta, se non rammento male, invece gli stessi entrarono nella Giunta, quindi era per motivi politici questa riunione. Successivamente

Ferdinando Brandaleone che conorevole..

Presidente: la Giunta da chi era presieduta?

Pennino G.: no, questo non lo so, non le saprei dire, io presumo...

Presidente: però in che anni siamo?

Pennino G.: siamo sempre fine anni ’50, vicino al ’60. Io non rammento se fosse presieduto allo stesso Lima perché Lima era subentrato ad un Sindaco che era deceduto se non rammento male, però mi allaccio proprio a questo mio dire, perché Ferdinando Brandaleone che aveva nei confronti di mio zio e lo stesso Lima, dei rapporti di affinità sul piano politico e sul piano personale insieme a Masino Buscetta e i fratelli La Barbera, Ferdinando Brandaleone mi ebbe a invitare negli anni... proprio nel ’60 a frequentare una sezione della DC che allora aveva i locali fra la via Rosolino Pilo e la via Ruggero VII°, questa sezione fungeva da comitato elettorale per il Lima che si riproponeva nella veste di Sindaco alle elezione che si erano indette nel... che erano state indette nel ’60, e là io ebbi modo di conoscere e frequentare numerosi personaggi che poi ebbero delle affermazione dalla Democrazia Cristiana, fra questi mi ha dato ricordare muratore Giacomino che poi fu consigliere regionale eh..., era assessore regionale rammento agli enti locali, il senatore Riggio, Nino Riggio che fu..., era intimo amico mio, fu prima Presidente della provincia e poi Senatore, il defunto Michele Reina che fu Presidente della provincia e poi Segretario Provinciale della DC, e Paolino Bevilacqua che era medico e mio collega, che fu Sindaco di Palermo e Senatore, mi rammento di Matta e così tanti altri, del fratelli di Brandaleone che mi sempre si chiamasse Giuseppe e che fu candidato a quelle elezione, fu eletto e poi disgraziatamente si suicidò, in quel contesto onorevole.., invece non ebbi mai l’occasione d’incontrare l’Onorevole Gioia in quell’epoca.

Il Pennino ha inoltre riferito di avere preso parte, su invito di Ferdinando Brandaleone, a due riunioni tenute in zone periferiche di Palermo: una riunione che si svolse presso una Sezione della Democrazia Cristiana sita nella borgata della “Rocca”, con la partecipazione, tra gli altri, dei fratelli La Barbera, del Buscetta, dei fratelli Mancino, e dello zio del collaborante, giunti sul luogo al seguito di Salvo Lima; ed un’altra riunione che si tenne nella borgata di Croceverde–Giardini, presso l’abitazione di Piddu Greco ‘u tenente (padre di Michele e Salvatore Greco), con la presenza dei suddetti individui e di Nicola Greco.

Il PenNino ha confermato la qualità di “uomini d’onore” di Ferdinando Brandaleone e di Francesco Barbaccia, ed ha aggiunto di essere stato invitato da Gioacchino Testa e Giacinto Mazzara – i quali agivano in nome e per conto dello zio del collaborante, di Ferdinando Brandaleone e di Salvo Lima – a candidarsi alle elezioni provinciali del 1960. Avendo egli rifiutato la proposta, vennero candidati, al suo posto, alcuni suoi parenti, tra cui Giovanni Di Giuseppe, appartenente alla “famiglia” di Brancaccio. [...]

I contatti intercorsi tra Salvo Lima ed i fratelli La Barbera (ed, in generale, con i più importanti esponenti di “Cosa Nostra”) sono stati confermati anche dal collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, […]. La circostanza che il Mutolo abbia sentito parlare dei rapporti intercorrenti tra l’onorevole Lima e “Cosa Nostra” da una pluralità di esponenti mafiosi di primario rilievo (segnatamente, il Bontate, il Teresi, il Riccobono, il Badalamenti) rende evidente l’affidamento che l’illecito sodalizio riponeva nel predetto uomo politico.

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