Poche regole e tanta libertà: le criptovalute sono uno degli strumenti più utilizzati per investimenti a lungo termine in Germania. La scelta del parlamento di permettere ai fondi istituzionali di investire fino al 20 per cento dei loro fondi in bitcoin può muovere fino a 422 miliardi di dollari
- Un vero e proprio strumento finanziario: in Germania le criptovalute sono considerate uguali al denaro privato e sono acquistabili persino agli sportelli automatici.
- La regolazione è minima e la prova è la recente legge sull’ubicazione dei fondi, che permetterà agli spezialfonds, fondi speciali di investimento, di investire fino al 20 per cento delle somme detenute in denaro virtuale.
- La regolamentazione delle criptovalute e l’euro digitale dividono i partiti. La Fdp è a favore di regole più aperte mentre la Cdu è decisamente più severa. I Grünen invece sono preoccupati dell’impatto ambientale dei bitcoin.
Berlino paradiso delle criptovalute. Se in altri paesi, come l’Italia, l’accesso alle monete virtuali è spesso osteggiato, lo stesso non si può dire della Germania, dove è possibile acquistarle agli sportelli automatici e compiere investimenti senza problemi. Non mancano chiaramente i vincoli legali ma il clima generale è piuttosto favorevole, come dimostra anche la recente legge, approvata dai due rami del parlamento, che permette ai cosiddetti Spezialfond di investire in criptovalute fino al 20 per cento dei loro fondi. Una decisione che potrebbe segnare una svolta definitiva nel mondo delle valute digitali tedesche e non solo.
Un posto per investire
Un vero e proprio strumento finanziario. In Germania dal 2013 i bitcoin sono considerati “denaro privato”, utilizzabile quindi per pagamenti come l’oro o gli euro. Lontano però è il caso di El Salvador, che ha addirittura dichiarato il bitcoin sua moneta ufficiale: in Germania, infatti, sono utilizzati soprattutto per investimenti a lungo termine.
Rimediarli è molto semplice: si possono vendere e acquistare criptovalute tramite piattaforme, come Coinmama, Bitpanda, Luno e Coinbase, o sportelli automatici appositi, circa 25 in tutto il paese dislocati tra Berlino, Amburgo, Stoccarda, Monaco di Baviera e Würzburg, che però sono poco usati a causa degli alti costi di commissione.
Il ministero delle Finanze tedesco tende a incentivare gli investimenti in criptovalute, soprattutto quelli a lungo termine: sono esenti dalla tassazione coloro che detengono monete digitali per più di un anno ed esenti da Iva gli acquisti sotto i 600 euro. Il sistema di regole è minimo.
L’autorità federale di supervisione finanziaria (BaFin) ha classificato le criptovalute come “rappresentazioni digitali di valore” garantendo che «non saranno mai né emesse né garantite da alcuna banca centrale o istituto pubblico; non avranno lo status legale di valuta o moneta e che potranno essere usate da individui o organismi legali come strumento di scambio, pagamento o a scopo di investimento e secondo tale fine essere trasmesse, conservate e scambiate elettronicamente».
Una simile definizione pone ovviamente dei limiti su cui non tutti sono d’accordo. «La nostra voglia di regolamentare tutto fa vedere quanto siamo tipicamente tedeschi: un simile sistema di regole presenta vantaggi e svantaggi. Lo svantaggio è che molti operatori più piccoli e innovativi che non sono in grado di soddisfare i requisiti associati alla regolamentazione vengono cacciati dal mercato. Il grande vantaggio è che invece, finché gli investitori si affidano a istituzioni regolamentate, il sistema è sicuro e garantito», dice Sven Hildebrandt, direttore amministrativo di DLC Distributed Ledger Consulting GmbH, società tedesca con sede ad Amburgo che si occupa di fornire consulenza a istituzioni professionali e semiprofessionali in materia finanziaria.
Un ulteriore passo in avanti
In un simile contesto non deve perciò sorprendere la recente legge sull’ubicazione dei fondi, approvata prima dal Bundestag e poi dal Bundesrat, che permette ai gestori di fondi di investimento istituzionali, i cosiddetti Spezialfond, di destinare il 20 per cento della somma gestita in criptovalute.
«Si tratta di una misura enorme: in Germania ci sono circa 4mila fondi di questo tipo che gestiscono 1.200 miliardi di euro. Anche se non tutti la utilizzeranno, perché ci sono i fondi destinati a beni fisici, e anche se non arrivassero tutti alla percentuale massima, fermandosi magari all’uno per cento, sarebbe comunque una mossa rilevantissima, perché tutto il denaro è lì dentro», sottolinea Hildebrandt. In giro per l’Europa non ci sono molti termini di paragone con gli Spezialfond, assimilabili probabilmente soltanto a quelli presenti in Lussemburgo e Irlanda.
Queste forme di investimento sono spesso molto utili per le istituzioni, perché consentono una certa flessibilità e sono molto meno restrittivi in termini di liquidità, diversificazione, restrizioni sull'indebitamento e leva finanziaria. «La scelta della Germania, che potrebbe arrivare a muovere fino a 422 miliardi di dollari, può avere un impatto notevole in tutto il mondo. Con la capitalizzazione di mercato dei bitcoin di poco meno di mille miliardi, anche piccoli spostamenti di portafoglio possono modificare i prezzi in modo significativo», sostiene Hildebrandt.
La legge tedesca presenta però dei lati negativi: l’investimento in criptovalute non è infatti aperto ai fondi di investimento pubblici, dove ci sono capitali privati. Un peccato, per le associazioni di settore e anche secondo Hildebrandt. «Come al solito, il legislatore tedesco ha adottato un approccio incentrato sul rischio, dando l’opportunità di investire in criptovalute soltanto a giocatori professionisti, attraverso strutture di fondi regolamentate. È un approccio che si può comprendere ma che allo stesso tempo si può anche trovare completamente sbagliato. La ragione è chiara: i clienti possono decidere di passare tranquillamente ad altri giocatori, magari meno o per nulla regolamentati. Alla fine, chiunque vorrà acquistare criptovalute lo farà. Quindi, con questo regolamento, non si otterrà la tutela degli investitori privati, ma l’esatto contrario».
Criptovalute e monete digitali in campagna elettorale
A poco più di due mesi dalle elezioni la regolamentazione delle criptovalute e l’euro digitale, un progetto su cui da tempo lavora l’Unione europea, sono temi ormai al centro della campagna elettorale che porterà al rinnovo del prossimo Bundestag. Per la Cdu e i Grünen la moneta virtuale sarebbe un’ottima cosa, visto che il suo ruolo sarebbe quello di andare a integrare e non sostituire quella fisica.
Nel partito di Annalena Baerbock c’è operò preoccupazione per l’impatto ambientale provocato dal mining, l’attività d’estrazione dei bitcoin. «Un prodotto finanziario che consuma tanta energia quanto i Paesi Bassi e finora non ha offerto alcun reale valore aggiunto non avrà futuro a lungo termine», ha previsto la portavoce per la politica finanziaria dei Verdi, Lisa Paus, all'Handelsblatt. Se i liberali della Fdp sostengono una linea più aperturista verso le criptovalute, evidenziando come sia necessario lasciarle libere nel mercato così come intende fare la Bce con l’euro digitale, più stringente è invece l’approccio della Spd e della Linke.
«Denaro e moneta devono rimanere parte della sovranità statale, rifiutiamo la privatizzazione strisciante», ha dichiarato il vice capogruppo della Linke, Fabio De Masi, sempre all'Handelsblatt. L’importante è mantenere monete digitali e monete fisiche separate. «Un euro digitale offre un valore aggiunto se crea saldi digitali al di fuori delle banche commerciali presso la banca centrale in aggiunta e non in alternativa al contante», conclude De Masi. La parola adesso spetterà agli elettori.
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