Il governatore della Baviera, Markus Söder, non si sbilancia sulla partecipazione alla corsa per la cancelleria del 2021. Ma con la pandemia ha ribaltato la sua immagine di tradizionalista e provocatore. E approfitta delle debolezze della Cdu
- La Cdu, il partito di Angela Merkel, non ha ancora individuato il candidato alla cancelleria che sfiderà nel 2021 Olaf Scholz.
- Per ora sono in corsa tre esponenti, ma la crisi del Covid-19 ha permesso di profilarsi al governatore della Baviera, Markus Söder, della Csu, il partito regionale affiliato alla Cdu.
- Finora i candidati della Democrazia cristiana tedesca provenivano quasi sempre dal partito nazionale e Söder per il momento continua a ribadire che il suo posto è in Baviera, ma il consenso nei suoi confronti sta crescendo in maniera stabile.
Per la prima volta nella sua storia, nel 2021 la Germania potrebbe avere un cancelliere bavarese. Si tratterebbe di una particolarità per una serie di motivi, primo fra tutti certificherebbe l’incapacità della Democrazia cristiana tedesca (Cdu) di individuare un cancelliere all’interno delle proprie file: Markus Söder, il governatore della Baviera, ha dato domenica la sua disponibilità alla candidatura «se la Cdu è pronta a sostenermi».
Si tratta di una sfida diretta ad Armin Laschet, presidente della Cdu da soli tre mesi e candidato naturale a succedere ad Angela Merkel. Laschet sta però soffrendo un forte calo di consensi nel Land che governa, il Nord Reno-Westfalia, e ha dovuto incassare risultati non brillanti nelle ultime elezioni regionali di Renania-Palatinato e Baden-Württemberg. Non è dunque nelle condizioni migliori per aspirare a correre per la cancelleria: al suo posto, a questo punto, potrebbe proporsi proprio Söder. La decisione dovrebbe arrivare a stretto giro, visto che la campagna elettorale è sul punto di iniziare.
Oltre a guidare il Land più ricco del paese, Söder è anche presidente della Csu, il partito gemello della Cdu di Angela Merkel, che si presenta solo in Baviera. Più radicale del partito nazionale, la Csu ha sempre coperto il fianco più a destra di un partito tradizionalmente di centro: nel 2015, quando Merkel si pronunciò a favore dell’accoglienza dei migranti con la sua famosa frase «wir schaffen das» («ce la possiamo fare»), a fare opposizione fu soprattutto il suo ministro dell’Interno e allora presidente della Csu, Horst Seehofer.
Oggi Seehofer, pur mantenendo il suo ministero a Berlino, ha dovuto dire addio al suo ruolo nel partito. Il passaggio di consegne è avvenuto a gennaio 2019, quando, dopo una lunga guerra di logoramento, i due maschi alfa della Csu hanno concluso il loro scontro. Quando parla di Söder, Seehofer lo definisce bravo nelle “schmutzeleien”, cioè nelle “zozzerie”. I due si sono fatti negli anni parecchi sgarbi a vicenda: tra le altre cose Seehofer è convinto che sia stato Söder a far arrivare alla stampa la notizia dell’esistenza di un suo figlio illegittimo e quella di una sua relazione extraconiugale con una compagna di partito.
Il grande timore di Seehofer era che Söder non fosse abbastanza inclusivo nei confronti dell’ala più liberale della Csu. Guardando alla sua storia politica, sembrerebbe un timore motivato, ma soltanto se non si tiene in considerazione l’epoca più recente.
Una carriera fulminea
Prima di diventare governatore della Baviera, il gigante di Norimberga classe 1967 (Söder misura oltre il metro e novanta) ha seguito tutto il cursus honorum del partito in un tempo brevissimo. La decisione di iscriversi alla Csu arriva a soli sedici anni, ma è famoso il fatto che nella sua cameretta, sopra il suo letto, campeggiava un grosso poster di Franz Josef Strauß, forse l’esponente storicamente più rilevante del partito bavarese, una figura centrale anche a livello nazionale negli anni Settanta e Ottanta. Un idolo originale per un ragazzo di quell’epoca. Il figlio di un piccolo imprenditore edile è diventato presto presidente della formazione giovanile della Csu, poi ha concluso gli studi di giurisprudenza e ha passato qualche anno nella redazione dell’emittente pubblica locale. Nel 1994 è diventato membro del parlamento regionale e dopo vari incarichi ministeriali (Affari europei, Ambiente e Finanze) si è ritrovato a guidare il Land nel 2018 quando ha sostituito Seehofer che aveva lasciato il posto di governatore a metà della legislatura. L’anno successivo si è presentato alle elezioni conquistando la rielezione.
Un uomo in maschera
Da quando Seehofer è fuori gioco, Söder ha piazzato in tutti i posti chiave di partito e governo regionale uomini di sua fiducia. La sua leadership è indiscussa e nei suoi due anni di incarico non ha mancato di far parlare di sé con iniziative come, ad esempio, l’imposizione del crocifisso in tutti gli uffici pubblici della regione. La difesa dell’eccezionalità della Baviera e della sua tradizione conservatrice e cattolica, sia nell’ambito federale che rispetto al resto del mondo, è sempre stato uno dei suoi cavalli di battaglia. Durante la crisi dei migranti, nel 2015, arrivò a dichiarare che l’islam non facesse parte della Germania ma i musulmani sì.
Söder appassiona gli elettori, riempie le tende delle feste della birra, si traveste con grande cura a carnevale, ricorrenza importantissima per i bavaresi. Negli anni ha preso le sembianze tra gli altri di Gandalf, Shrek, Gandhi e Homer Simpson. Sempre accompagnato da sua moglie Karin Baumüller-Söder, con la quale ha avuto tre figli (il quarto è frutto di una relazione precedente al matrimonio).
La svolta è arrivata con il coronavirus. Il governatore si è subito posizionato come sceriffo, imponendo chiusure e successivamente numeri altissimi di test e tamponi. Un’immagine che ha curato anche nelle ospitate sui media, dove non ha perso occasione per contrapporre il modello Baviera, del quale vorrebbe estendere alcune norme a tutto il territorio nazionale, alle decisioni di altri governatori, primo fra tutti quello la Nord-Reno Westfalia, Armin Laschet. Laschet, esponente della Cdu e già in corsa per la candidatura democristiana alla cancelleria, era tra i principali sostenitori delle riaperture: una linea che nel corso della crisi ha corretto, ma che gli ha procurato molti danni di immagine.
Söder, invece, sta cercando di mantenere il suo piglio rigorista nonostante la sua politica dei test non sia stata pienamente efficace: a metà agosto, quasi novecento persone risultate positive ai tamponi non erano state avvisate dell’esito. Attualmente, con i contagi che risalgono in tutta la Germania, Monaco di Baviera è diventata un hotspot: l’incidenza dei contagi è molto alta e per mantenere il pugno duro il governo locale è intervenuto con una stretta pesante sulle misure sanitarie. Il messaggio di Söder è sempre lo stesso: ho la situazione in mano, è tutto sotto controllo.
Alto gradimento
Una linea che paga. Da una recente indagine sul gradimento dei leader commissionata dalla televisione Rtl/ntv emerge che in prima posizione resta stabilmente Merkel, che durante la crisi ha guadagnato dodici punti. Söder, però, ha migliorato il suo gradimento addirittura di diciassette lunghezze. Anche nei sondaggi sulla corsa interna ai democratici cristiani per la candidatura alla cancelleria, in cui è stato inserito pur non avendo ancora dichiarato di voler partecipare, Söder stacca di gran lunga i suoi concorrenti: a fine luglio in una rilevazione della televisione Zdf il 66 per cento degli interpellati lo vedeva come il più adatto alla candidatura, lontanissimo dagli altri sfidanti, con Laschet al 19 per cento, l’esponente vicino all’ala destra del partito, Friedrich Merz, al 31 per cento e il presidente della commissione Affari esteri, Norbert Röttgen, al 14 per cento.
La consacrazione sembrava arrivata con la visita di Merkel al castello ottocentesco di Herrenchiemsee, nei pressi di Monaco. L’accoglienza in carrozza, il giro in barca sul lago e le immagini della riunione di gabinetto in una delle splendide sale ispirate a Versailles sembravano la ciliegina sulla torta nel processo di trasformazione della testa calda provocatrice di Söder in uno statista fatto e finito, pronto per la politica berlinese.
Nonostante tutto, però, il governatore non scioglie la riserva. Durante un talk show televisivo di fine agosto, una giornalista ha cercato di provocarlo con una vecchia fotografia che lo ritraeva travestito, sempre per carnevale, da Ludovico II, sovrano ottocentesco di Baviera definito da Söder «popstar tra i re». La domanda immediatamente seguente è stata: «Lei è la popstar della Baviera?» Ma, ancora una volta, l’interpellato non si è esposto, chiudendo la questione con un secco «no». Non dimenticando poi di ricordare più volte l’efficacia del modello bavarese in fatto di coronavirus.
A oggi la situazione è sospesa. Prima di dicembre, quando avrà luogo la convention della Cdu dove dovrà essere votato anche il nuovo presidente del partito, non ci saranno decisioni su chi correrà contro il candidato cancelliere socialdemocratico, Olaf Scholz, e contro quello che verrà scelto dai Verdi. L’attuale presidente della Cdu Annegret Kramp-Karrenbauer, ex delfina di Merkel poi costretta a rinunciare alla successione della cancelliera per uno scandalo legato all’estrema destra, ha già preannunciato che il nuovo presidente «avanzerà pretese sulla candidatura». Un messaggio che sembra aver un destinatario preciso e che ribadisce che la Cdu è tutt’altro che pronta a lasciare la corsa più importante alla sua gemella bavarese, evento accaduto nel dopoguerra solo due volte, entrambe con esito negativo, una nel 1980, quando Franz Josef Strauß fu sconfitto da Helmut Schmidt della Spd e nel 2002, quando Edmund Stoiber s’impose internamente su Angela Merkel ma poi perse contro Gerhard Schröder.
Sicuramente prima della convention tra gli sfidanti Cdu non saranno risparmiati colpi. Ma nel frattempo, mentre i suoi avversari litigano, Markus Söder suggerisce ai democratici cristiani di non nominare il proprio candidato fino a marzo, quando avranno luogo le elezioni regionali in Baden-Württemberg e in Renania-Palatinato. A quel punto Söder potrebbe approfittare della debolezza del nuovo presidente della Cdu, esausto dalla gara interna, per strappare al partito nazionale la terza nomination a candidato cancelliere della storia della Csu.
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