- La vicenda dell’acquisizione di una parte del porto di Amburgo da parte dell’azienda cinese rischia di replicarsi quasi identica per Elmos, un produttore di chip con sede a Dortmund.
- A volerla acquistare è una controllata svedese della cinese Sai Microelectronics. Le preoccupazioni in campo ricalcano quasi perfettamente quelle del caso Cosco.
- Il timore diffuso è che la cessione di questo tipo di industrie esponga il paese alla perdita di know-how e al calo della capacità produttiva di beni strategici.
Sul viaggio in Cina di Olaf Scholz si allunga l’ombra di un nuovo caso Cosco. La vicenda dell’acquisizione di una parte del porto di Amburgo da parte dell’azienda cinese rischia di replicarsi quasi identica per Elmos, un produttore di chip con sede a Dortmund.
A volerla acquistare è una controllata svedese della cinese Sai Microelectronics. Le preoccupazioni in campo ricalcano quasi perfettamente quelle del caso Cosco: anche stavolta i servizi segreti hanno sconsigliato la vendita, ma, anche se i controlli del ministero dell'Economia sono ancora in corso, il quotidiano Handelsblatt anticipa già che il governo darà via libera. Se Scholz dovesse imporre la propria volontà ai partner di coalizione molto meno tolleranti di lui anche stavolta, il cancelliere rischia di aprire una crepa importante nella maggioranza.
La produzione
Il timore diffuso è che la cessione di questo tipo di industrie esponga il paese alla perdita di know-how e al calo della capacità produttiva di beni strategici. Come i chip, per l'appunto, per cui ora Berlino potrebbe doversi affidare a partner ambigui come la Cina.
Eppure, la Germania ha appena finito di emanciparsi dalla dipendenza dal gas russo, almeno per questo inverno. Un argomento che gli oppositori della compravendita non mancano di citare, esattamente come nel caso Cosco.
Elmos produce la gran parte dei suoi chip per l'industria automobilistica. Chi è favorevole all'accordo sostiene che possa portare nuovi posti di lavoro a Dortmund e che i prodotti che produce il ramo d’azienda a cui Sai è interessata sono componenti ormai diffuse in occidente. Non si rischierebbe quindi di condividere know-how critico.
L’opposizione ha già chiesto che il governo ponga il veto all’acquisto, e le tensione interne alla maggioranza durano già dalla vicenda Cosco. Ma anche nel partito di Scholz, la Spd, si iniziano ad alzare voci sull'opportunità di dare il via libera a questo tipo di accordi.
Il segretario della Spd Lars Klingbeil – che pure ha difeso la compravendita delle quote nel porto – ha citato nel suo intervento all’organizzazione giovanile del partito la situazione dei diritti umani, che negli ultimi anni si sarebbe ulteriormente complicata, una condizione «che deve essere citata esplicitamente». Klingbeil è stato netto anche per quanto riguarda la questione degli investimenti: «La Cina deve restare fuori dalla sicurezza e dalla sovranità del nostro continente».
Il precedente
L'incontro tra Scholz e Xi Jinping dovrebbe godere però della notizia positiva (dal punto di vista cinese) dell’affare intorno al porto di Amburgo. Non è infatti ancora passata una settimana da quando il cancelliere ha dato il suo via libera all'acquisto del 24,9 per cento di uno dei quattro terminal del porto di Amburgo da parte di Cosco, la gigantesca partecipata statale cinese leader nel mercato dei container.
Scholz ha ridotto la quota che l'azienda cinese, che prima puntava al 35 per cento, potrà acquistare, ma la decisione ha ricevuto critiche praticamente da tutto l'arco parlamentare, pur avendo ricevuto il consenso dei politici locali.
Uno degli osservatori più gentili - Marcel Fratzscher, il presidente del Diw - ha definito la riduzione della quota che Cosco acquisterà una "vittoria di Pirro": secondo lui, Scholz ha perso l'occasione di concretizzare il cambio di linea nel rapporto con la Cina fissato nel contratto di coalizione.
Scholz si è difeso spiegando che l'ingresso dell'azienda cinese non rappresenta la consegna a una potenza estera di un'infrastruttura strategica e che il terreno su cui opera il porto resteranno sempre in mano pubblica. Parole che non bastano ai partner di governo, soprattutto ai Verdi, che hanno insistito per inserire nell'accordo di governo una nuova linea per il rapporto con la Cina.
I problemi in maggioranza
Il rischio per Scholz è che i suoi partner di governo gli chiedano presto conto delle sue intenzioni o, peggio, implementino misure che limitino il raggio d’azione della cancelleria.
Sembra questa l’intenzione del ministro delle Finanze Christian Lindner. Il vicencancelliere liberale vorrebbe cambiare il diritto commerciale nei rapporti con l’estero e ha annunciato che il suo ministero si sarebbe già mosso in quella direzione: Pechino vuole «creare dipendenza e togliere influenza», ha detto il ministro in alcune interviste degli ultimi giorni.
Ma in maggioranza ci sono anche i Verdi. Mentre l’altro vicecancelliere Robert Habeck ha portato avanti la battaglia contro l’accordo commerciale e la linea tollerante di Scholz tentando di porre un veto dal suo ministero dell’Economia, la ministra degli Esteri Annalena Baerbock tiene il punto sulla linea del suo partito.
«Non dobbiamo renderci dipendenti dalla Cina per non scivolare in una situazione simile a quella che stiamo vivendo in questi giorni con la Russia» ha detto in un’intervista, mentre interpellata dalla tv pubblica ha ricordato il nuovo corso nei confronti di Pechino fissato nel contratto di governo.
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