Bentrovati. È la penultima settimana prima delle elezioni, ma dobbiamo ammettere che la guarderemo con un po’ più di distacco: la ragione è che siamo tutti ampi e conteniamo moltitudini, quindi la vostra autrice di newsletter in questi giorni indossa il cappello di sanremologa, strano ma vero.

A questo proposito, vi riproponiamo un pezzo di qualche tempo fa, perché una specie di festival esiste anche in Germania e speriamo che ci perdonerete l’edizione un po’ più stringata del solito.

Il dibattito

Per chi vuole restare auf dem Grundboden der Tatsachen, sul suolo dei fatti, proponiamo invece qualche considerazione sul duello di domenica tra Olaf Scholz e Friedrich Merz. I commentatori convengono sul fatto che il cancelliere uscente si è battuto con un certo gusto per la sfida: effettivamente è sulla difensiva, i sondaggi premiano il suo sfidante, ma il socialdemocratico ha interpretato questa posizione come ulteriore invito ad andare in modalità di attacco. 

Così, paradossalmente, i ruoli si sono invertiti: Scholz punzecchiava il cristianodemocratico Merz, che ha voluto indossare i panni da statista. I temi che hanno dominato lo scontro sono stati, come prevedibile, due: i migranti e l’economia. Dall’ultimo sanguinoso accoltellamento ad Aschaffenburg, la gestione dell’immigrazione è diventato l’argomento principale della campagna elettorale. Ha portato già al fatto che la Cdu/Csu facesse cosa comune con AfD al Bundestag creando un brutto precedente per il partito di Merz, mentre in tv il candidato cancelliere ha provato a rigirare la frittata, accusando Scholz di non aver fatto un lavoro all’altezza con la sua coalizione. 

Il cancelliere uscente si è difeso rivendicando la propria linea dura, poi è passato al contrattacco sulla mozione che la Cdu ha votato assieme all’estrema destra. Nonostante le promesse di Merz, in effetti, quell’episodio ha compromesso la fiducia nei confronti dei cristianodemocratici: secondo un sondaggio di Ard, il 44 per cento degli interpellati è convinto che non farà coalizioni con AfD, il 43 però pensa l’esatto opposto. 

E poi, l’economia: anche questo un fianco scoperto per Scholz, che ha promesso di agire per rimediare alla crisi del settore industriale in Germania. Merz ha affondato il colpo, salvo essere a sua volta attaccato sulle spese per la difesa: per il candidato socialdemocratico non ci sono fondi disponibili da investire per raggiungere l’obiettivo del 2 per cento del Pil raccomandato dalla Nato. I due si sono attaccati duramente anche sul tema delle tasse: dove la Spd propone di abbassare le tasse per il 95 per cento dei lavoratori, Merz vede il colpo di grazia per il “Mittelstand”, che subirebbe duramente l’aumento dell’aliquota più alta che servirebbe per compensare le entrare fiscali tagliate. 

Che nessuno dei due sia un capopopolo era chiaro fin da subito, ma – scrive per esempio lo Spiegel – questo episodio è stato l’ennesima conferma. La Zeit vede come vincitore finale dello scontro (anche se di un soffio) Friedrich Merz. La ragione per il settimanale sta nel fatto che il candidato cristianodemocratico riesce nella più importante delle sue missioni: non fare errori che possano costargli punti preziosi di vantaggio: sono ancora 14 rispetto alla Spd, 8-10 rispetto alla AfD. 

Duello (da lontano) mignon

L’altra serata televisiva da non perdere è stata quella di Robert Habeck e Alice Weidel. I due leader dei partiti più piccoli non si sono sfidati direttamente, ma sono stati interpellati a distanza dai giornalisti della tv pubblica. 

Weidel si è detta – di nuovo – disponibile a una coalizione con la Cdu. Dal suo punto di vista, le professioni di distanza di Merz sono controproducenti per il paese, che rischia di rimanere “vittima” di una Brandmauer, un muro di fuoco che però circonda soltanto la Cdu e i partiti “di sinistra”. L’obiettivo che si pone è di raggiungere il 25 per cento dei consensi alle elezioni. Una cifra non lontanissima da dove la collocano attualmente i sondaggi, al 21 per cento, e non casuale: con un quarto dei consensi si può chiedere l’istituzione di commissioni d’inchiesta, come quella che vorrebbe Weidel sul Covid o sul danneggiamento del gasdotto Nord Stream II. 

Habeck, dal canto suo, ha incoraggiato la Cdu a non inseguire AfD, ma a tornare a rivolgersi ai partiti di centro: primo fra tutti, il suo, con cui per altro i cristianodemocratici governano in Schleswig-Holstein, un esperimento che in Baviera, da Markus Söder – capo della Csu, il partito gemello della Cdu – viene visto come una spinta nel fianco. 

La fuga in avanti di Merz con AfD sui migranti e la chiusura delle frontiere, sostiene Habeck, mette in discussione l’unità europea di cui la Germania avrà bisogno in altri contesti, per esempio nella guerra commerciale che si delinea all’orizzonte con gli Stati Uniti di Donald Trump. 

Qual è il clima?

Vi segnaliamo anche un simpatico crossover episode tra La Deutsche Vita e Areale, la newsletter/podcast settimanale dell’amico (e collega) Ferdinando Cotugno: buon ascolto! 

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