Questa settimana saltiamo tra la Turingia e l’Austria, con un occhio sui tormenti berlinesi. A cui si aggiunge un grosso guaio economico.

Previsioni nere

Il Fondo monetario internazionale ha rivisto le stime di crescita per la Germania, tagliandole allo 0,8 per cento del Pil per il 2025 e lasciandole addirittura a 0 per l’anno in corso. Una riduzione ulteriore rispetto alle previsioni di luglio, già non floride. La ragione è nella debolezza dell’industria che prosegue nel tempo e i problemi sul mercato immobiliare. 

In un’analisi dello Spiegel si trova una spiegazione più ampia dei problemi che zavorrano la locomotiva europea: a zoppicare sono soprattutto gli investimenti privati, che ultimamente sono scesi sotto quota 12 per cento del Pil, meno di quanto sia in paesi comparabili. Sono invece più alti i costi del lavoro e anche per gas ed elettricità in Germania si spende più che altrove. A ciò si aggiunge il cambiamento demografico: con il progressivo pensionamento della generazione dei baby boomer, già nel 2035 cento lavoratori dovranno finanziare i versamenti per 58 pensionati, un equilibrio impossibile, dicono gli esperti. Che lamentano anche, continua lo Spiegel, che il chiodo fisso dei politici è soltanto il freno del debito. 

Oltre che agli economisti, il settimanale si è rivolto anche agli imprenditori: uno di loro chiede al governo, più che bonus specifici, un intervento generale che comporta produrre in Germania: non tanto sovvenzioni, ma una rete energetica stabile e un aumento della componente di rinnovabili per ridurre i costi nel lungo termine. Anche a costo di condizionare la sopravvivenza di qualche singola realtà.

“Peste o Colera”

La definizione coniata dalla stampa conservatrice è quella che descrive la scelta che deve prendere la Cdu: decidere se coalizzarsi con Sahra Wagenknecht in Turingia oppure accettare di lasciarla all’opposizione e vedere crescere praticamente in diretta la sua vis polemica per ritrovarsela contro alle prossime elezioni federali. Le trattative vanno avanti dal primo settembre, ma la quadra non è ancora stata trovata: per ora, ci sono state timide manovre di avvicinamento anche verso il BSW, con il voto unanime a favore di una coalizione “mora” (cioè cristianodemocratici, Linke e Spd) del gruppo della Cdu.

Resta però un grosso ostacolo da risolvere: la posizione del BSW sulla guerra in Ucraina. Per il partito rossobruno, infatti, senza una maggiore ricerca del dialogo diplomatico e un deciso “no” nei confronti del posizionamento di missili a medio raggio in Germania, non c’è neanche ragione di aprire le trattative. Gli ex della Linke vogliono un passaggio a questo proposito nel documentario unitario da concordare. 

Il capo della Cdu Mario Voigt si è mostrato disponibile a discutere questo passaggio in un possibile accordo, ma si è detto preoccupato del ruolo che potrebbe ricoprire Wagenknecht stessa nella trattativa. Un personaggio ingombrante, con ambizioni che vanno ben oltre le vicende di Erfurt. 

La sicurezza non è materia semplice

La coalizione Semaforo rischia di arenarsi di nuovo, stavolta sul pacchetto sicurezza presentato dalla maggioranza dopo gli ultimi attentati e soprattutto quello che sarebbe stato pianificato da un richiedente asilo contro l’ambasciata israeliana a Berlino. 

Il governo ha già fatto approvare delle limitazioni sulle prestazioni assistenziali che vengono erogate ai cosiddetti dublinanti per cui sulla carta sarebbe responsabile un altro paese di primo approdo e per chi commette reati. Inoltre, c’è stata una stretta sul porto d’armi, mentre una parte della proposta di legge che riguardava la possibilità degli inquirenti di confrontare dati biometrici con informazioni recuperate su internet è stata respinta dal Bundesrat, la camera federale del parlamento tedesco. 

La maggioranza sta cercando un compromesso nella commissione di trattativa utile proprio per queste situazioni di stallo: è lì che si cerca una soluzione intermedia, ma la Cdu ha già annunciato di voler andare ben oltre le proposte della maggioranza in termini di controllo. In discussione c’è, per esempio, la possibilità di memorizzare i dati di navigazione dei sospettati (nello specifico gli indirizzi IP), in maniera temporanea e motivata come preferirebbe il ministro della Giustizia Marco Buschmann o addirittura senza motivazione ufficiale come spinge per fare la ministra dell’Interno Nancy Faeser.

In questa direzione spinge anche la Cdu, che vorrebbe tornare anche sui dati biometrici e in generale ampliare le possibilità a disposizione degli inquirenti. Da parte sua la maggioranza accusa la minoranza di aver infranto la sua promessa di collaborazione sul tema sicurezza, che aveva promesso nel tavolo di trattativa a settembre.  

Austria (non tanto) Felix

Chiudiamo con un aggiornamento da Vienna. Tocca a Karl Nehammer: il vecchio cancelliere forse sarà anche il nuovo, a patto che riuscirà a chiudere una coalizione con i socialdemocratici e, come vorrebbe lui «un terzo partner». Escluso quindi dalla formazione del nuovo governo Herbert Kickl della FPÖ, che sarebbe arrivata prima ma non riesce a trovare un partner con cui formare una maggioranza. Né la SPÖ né la ÖVP vogliono infatti scendere a patti con l’estrema destra e così il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen ha deciso di scartare rispetto alla prassi di affidare il compito di formare un governo al primo partito e si è rivolto a Nehammer. 

Non è ancora chiaro chi possa essere il terzo partner di coalizione insieme a popolari e socialdemocratici che già si sono avvicinati, anche se finora i liberali Neos sembravano avere più possibilità di entrare in maggioranza.

Il partito di Kickl, come prevedibile, non ha apprezzato la decisione del presidente della Repubblica: esponenti regionali hanno parlato della «sceneggiata della politica interna austriaca», di un comportamento «irresponsabile, dimentico del futuro e che appare come uno schiaffo in faccia agli elettori», qualcun altro ha evocato un «giorno nero per la democrazia». 

Kickl stesso – che per Van der Bellen «non può trovare un partner che lo renda cancelliere» – ha detto che «l’ultima parola non è ancora detta» e che «se si rispetta la volontà delle elettrici e degli elettori può esserci soltanto un governo che sia guidato dalla FPÖ».

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