- Nel distretto elettorale 76 la corsa al seggio del Bundestag è una gara tutta a sinistra. Le prime elezioni dopo la caduta del muro sono vinte dal Spd, poi sconfitta per pochissimi punti percentuali dalla sinistra radicale Linke. A meno di una settimana dalle elezioni l’uninominale è dato come “too close too call”, con un lieve vantaggio Spd sugli altri partiti progressisti.
- I Verdi rappresentano oggi un elettorato più di centro, cedendo quindi voti ai socialdemocratici e alla sinistra radicale
- Ma anche gli altri partiti hanno difficoltà con i loro elettori di riferimento, e non è chiaro come ciò influenzerà gli equilibri del nuovo parlamento
Prenzlauer Berg è un ridente quartiere nel centro della Berlino, una luogo-simbolo della borghesia illuminata e moderna della capitale. È una realtà multiculturale e gentrificato, con una forte comunità ebraica e numerosi negozietti di artigianato e librerie; il sabato mattina c’è un mercatino biologico e il pomeriggio i bambini corrono sui larghi marciapiedi di pavé. C’è il miglior ristorante russo della città, prediletto dagli attaché dell’ambasciata per i pelmeni di manzo. Insomma, un Kiez, come dicono i berlinesi, con tutte le carte in regola per essere una roccaforte del centrosinistra.
E a guardare i risultati del distretto elettorale 76, l’impressione sembra grosso modo confermata. Pur includendo anche quartieri meno abbienti della città – o forse proprio per questo – la corsa al seggio del Bundestag in questo spicchio di città è una gara tutta a sinistra. Le prime elezioni dopo la caduta del muro sono state vinte dalla Spd, poi sconfitta per pochissimi punti percentuali dalla sinistra radicale Linke. Agli ultimi appuntamenti Verdi e Spd si sono trovate comunque testa a testa per il secondo posto, e a meno di una settimana dalle elezioni l’uninominale è dato come “too close too call”, con un lieve vantaggio Spd sugli altri partiti progressisti.
La sfida elettorale a Prenzlauer Berg è anche un viaggio nella Germania dopo il trapasso delle Volksparteien, i grandi partiti popolari che hanno costruito la democrazia tedesca. Con l’ingresso al Bundestag dei Verdi prima e il travaso della sinistra della Spd nella Linke poi, l’universo progressista si è man mano frammentato, perdendo l’ambizione di rappresentare un elettorato trasversale a interessi e sensibilità di classe.
Una sinistra divisa e parrocchiale non è una questione da poco, perché la competizione fra Verdi, Spd e Linke sarà un puzzle che determinerà i destini della prossima opposizione o forse addirittura del governo, dovesse riuscire una coalizione cosiddetta rossa-rossa-verde.
Voto utile per principianti
Le divergenze fra i partiti progressisti non sono sottovalutate neanche dagli elettori, che mai come prima sembrano decisi a votare in maniera utile. «Diciamo che quest’anno devo veramente ragionare a chi dare il mio voto», spiega la proprietaria di una libreria in Woerther Strasse. I libri stranieri abbondano e la settimana prossima ci sarà una conferenza con una nota autrice femminista. «Sono quasi sicura che voterò per i Verdi, ma oggi prima di spedire il voto postale ci penserò ancora un po’. Ovviamente preferirei una cancelliera verde, ma so che sarà poco probabile». È allettata da una possibile coalizione con l’Spd? La libraia sbuffa. «Insomma. Direi che fra i due partiti ci sono differenze sostanziali, e c’è un motivo se non voterò per loro».
Lo spostamento dei Verdi verso il centro è un fenomeno molto studiato dai sociologi tedeschi. Sono molto lontani i tempi in cui i Grünen erano un partito per studenti scapigliati: Secondo il bpb, l’istituto federale per l’educazione politica, l’elettorato ecologista è radicalmente cambiato negli ultimi anni. Gli elettori under 35 sono passati all’80 per cento a meno del 30 per cento; oggi tendono a guadagnare più del tedesco medio e sono soprattutto impiegati nel settore dei servizi o nel Bildungsbürgertum, la piccola borghesia attiva nei settori culturali e universitari.
Ambientalismo di centro
Nato come espressione del sessantotto e del movimento per la pace, oggi gli ambientalisti hanno parecchio appeal anche fra gli elettori di centrodestra. Anche la signora elegante che aspetta fumando davanti al veterinario di quartiere non fa parte del bacino tradizionale degli elettori di centrosinistra. «Di sicuro non voterò a sinistra. Cioè, voterò per i Verdi di sicuro. Sa, normalmente voterei per i liberali. E insomma, quasi tutti i partiti parlano di ambientalismo in questa campagna elettorale. Però i Verdi danno anche molta attenzione alle famiglie, e spero proprio che questa volta riescano a fare una coalizione con Cdu e Fdp. Un governo molto a sinistra non mi piacerebbe per niente».
L’istituto di ricerca Sinus utilizza da anni un modello in cui cerca di dividere l’elettorato in “milieus” socioculturali, gruppi di cittadini divisi per le loro attitudini al cambiamento e la loro relativa posizione economica. A maggio, quando l’elezione sembrava ancora un duello fra Cdu e Verdi, ha pubblicato uno studio che mostrava quanto fosse proprio la dimensione culturale a definire il voto ambientalista. Il partito era dato vittorioso presso i “liberali intellettuali”, ma anche “i conservatori affermati socialmente”, mentre il partito di centro era più popolare con quella classe media aperta ai cambiamenti moderati.
Il valore della ridistribuzione
Anche se dati certi si avranno solo dopo le elezioni, è probabile che sia proprio questo l’elettorato ad aver regalato alla Spd il salto di qualità nei sondaggi. I socialdemocratici sono il partito che, secondo le simulazioni della Süddeutsche Zeitung, sembra avere il piano fiscale più cauto in materia di redistribuzione.
Il programma della Spd prevede una sistema di sussidi e tasse che favorisce ugualmente tutti i redditi sotto i 150mila euro lordi annuali. I Verdi, dal canto loro, tasserebbero molto più intensamente i redditi altissimi per sostenere i redditi bassissimi, dando meno alla classe media.
Questa attenzione ai bisognosi non convince però tutti. La pensa allo stesso modo Alex F., un babysitter che da anni vive nel quartiere. È seduto in un giardinetto mentre sorveglia un bambino addormentato in un Lastfahrrad, una bici con cassone anteriore coperto per spostare i neonati senza che prendano freddo. Chi vorrebbe al governo? «Una coalizione di sinistra, decisamente. Non penso di essere particolarmente importante per nessuno dei partiti, ma in una democrazia si vota sempre per il meno peggio». E il meno peggio in questa elezione sarebbe per lui «La Spd, decisamente. Beninteso, Olaf Scholz rappresenta assolutamente tutto ciò che detesto come precario (nei primi anni 2000 è stato fra gli architetti delle riforme neoliberali di Schröder, ndr). Ma insomma, il partito rappresenta ancora la gente come me». I Verdi non sarebbero più attenti alla sua situazione? Alex F. sorride e alza il dito verso le case davanti a lui. «Una volta li votavo, ma si sono totalmente imborghesiti. Io vivo qui grazie a un affitto calmierato, ma ormai rappresentano più i benestanti che vivono qua attorno, non certo uno con uno stipendio basso come mio».
Il rosso e il verde
Il declino socialdemocratico sembra non aver alterato troppo il bacino elettorale del partito. Pur avendo ceduto la propria egemonia nella classe operaia, l’Spd ha perso voti in maniera abbastanza omogenea in tutti i gruppi sociali. Gli over 60 e le persone con un basso livello di istruzione sono ancora sovrarappresentati nell’elettorato rosso.
Ciò non vale necessariamente per le strutture del partito. Come spiegato dal politologo Wolfgang Merkel in una conferenza sul declino della socialdemocrazia europea, «gli elettori Spd votano il partito per le posizioni redistributive. I funzionari del partito sono però tipici elettori verdi: cosmopoliti, agiati e molto interessati a diatribe culturali». E la Linke? Mentre saluta, Alex F., ci tiene a precisare: «Per la cronaca, in passato ho sostenuto anche loro, ma non mi piace per niente come si comportano con le destre». Sahra Wagenknecht, la popolare candidata Linke con posizioni sovraniste e anti-immigrazione, spaventa l’elettorato anche a Prenzlauer Berg.
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