Agosto si trascina, all’orizzonte c’è già la fine della pausa estiva della politica e sicuramente la campagna elettorale nei Land dell’est. Corriamo volentieri il rischio di risultare noiosi con tanta insistenza su questo punto, ma davvero non si tratta di elezioni banali: il rischio è che si vada incontro quantomeno a una presenza tale da impedire al governo regionale manovre importanti o peggio, il primo esecutivo sul territorio guidato da AfD. Per questo motivo abbiamo pensato di dedicare da oggi al primo settembre ogni settimana un approfondimento ad hoc a ciascuno dei tre Land che vanno al voto, per conoscere meglio le ragioni che hanno portato l’estrema destra a radicarsi a questo livello: cominceremo dalla Turingia. 

La sfida di Höcke

Eccoci con l'approfondimento promesso. Il primo settembre si avvicina, ma per non farvi arrivare impreparati abbiamo raccolto tutto quello che c'è da sapere sul Freistaat in quest'analisi. Vi anticipiamo soltanto che, nel caso in cui dovesse concretizzarsi il primo governo regionale AfD, i servizi segreti hanno previsto di sganciare la sede di Erfurt dal flusso di notizie condivise.

Bilancio, di nuovo

Il tema non è dei più frizzanti. Meno che mai la settimana di ferragosto, ce ne rendiamo conto. Ma è centrale per quella che sarà la ripresa della politica tedesca a settembre, quando la coalizione Semaforo - ammesso che sopravviva - riprenderà in mano il dossier della legge di Bilancio.

Riassunto delle puntate precedenti: dopo una faticosissima trattativa, il governo guidato da Olaf Scholz aveva trovato la quadra per quanto riguarda incentivi green, welfare solido e mantenimento del freno del debito. Accordo trovato, conferenza stampa conclusa e via in vacanza? Neanche per sbaglio. La scorsa settimana Scholz è dovuto intervenire addirittura dal suo luogo di villeggiatura per controbattere al suo ministro delle Finanze.

Christian Lindner aveva infatti riaperto i giochi sottoponendo la bozza - e con essa le soluzioni creative in termini di sovvenzioni diventate prestiti e cambi di destinazione d'uso di denaro già stanziato - a un parere esterno al governo. Una scelta infelice che non ha migliorato i suoi rapporti con i partner di maggioranza visto che il risultato che il ministro delle Finanze ha letto nel parere è che non è possibile procedere in quella direzione. Diversa l'interpretazione del cancelliere, che è stato a sua volta responsabile dei conti nell'ultimo governo Merkel.

Per Scholz si può procedere, ha detto, con un pronunciamento netto come non c'è mai stato in questa legislatura contro un partner di maggioranza se non nel bisticcio tra liberali e verdi sull'opportunità di tenere in vita più o meno tempo le centrali atomiche dopo che la Germania ha deciso di abbandonare questo tipo di energia anni fa.

La prossima data cerchiata in rosso è il 16 agosto, il giorno in cui la legge va trasmessa al Bundestag. La speranza della maggioranza è che si trovi un accordo a stretto giro: per i liberali bisogna però prima trovare copertura per cinque miliardi di spesa attualmente scoperti, ma va rivisto anche il finanziamento del fondo per il clima. La storia, insomma, è tutta in divenire.

Csd sotto attacco

Dobbiamo aggiornarvi su un brutto episodio di cronaca che ha avuto luogo lo scorso weekend. L'occasione doveva essere una festa, il Christopher Street day da celebrare anche a Bautzen, in Sassonia. Nella piccola cittadina alla manifestazione avevano aderito appena mille persone: troppe, evidentemente, dal punto di vista di una nutrita comunità di contromanifestanti arricchita anche da estrema destra e neonazisti - anche molto giovani - scesa in piazza contro la "propaganda gender" e la "confusione di genere".

Le circa 700 persone vestite di nero venute a sabotare la manifestazione pacifica avevano preannunciato la propria iniziativa alle autorità competenti, motivo per cui la polizia non è intervenuta: non hanno avuto luogo scontri perché i due cortei sono stati mantenuti separati dalla polizia, ma gli organizzatori del Csd hanno deciso di annullare una festa conclusiva per ragioni di sicurezza.

Da soli non avrebbero infatti saputo garantire la sicurezza che era stata tutelata dalla polizia nel corso della giornata. Il bilancio finale secondo gli organizzatori è comunque positivo, anche se resta un grande malessere per la consapevolezza del fatto che non è stato possibile organizzare il corteo senza la protezione della polizia.

Fine della gag

Nei giorni scorsi è morto Richard Lugner, forse il volto più decadente di un microcosmo con regole tutte sue come l'Austria. La repubblica alpina in lui ha trovato il suo Donald Trump, anche se diversi tratti lo potrebbero accomunare anche a Silvio Berlusconi. L'imprenditore viennese ha fatto fortuna nel settore edile: il grande salto di qualità è arrivato con l'occasione di realizzare la prima moschea in Austria, finanziata per altro dall'Arabia Saudita. Da lì, Lugner - uno che si sarebbe dovuto vergognare ma non l'ha mai fatto, lo definisce la Zeit - ha scoperto la mondanità.

Negli anni Novanta è diventato volto fisso delle riviste di gossip austriache, che hanno seguito con assiduità la sua tumultuosa vita sentimentale e la trovata annuale del ballo delle debuttanti, dove Lugner si presentava ogni volta con un'altra famosa ospite (stipendiata) al suo fianco: da Sophia Loren a Kim Kardashian, tantissime hanno solcato il foyer al suo fianco. In una vita sempre a cavallo tra l'imbarazzante e l'esagerato, Lugner aveva anche provato a candidarsi come presidente federale, con meno successo politico dei suoi alter ego italiano e americano.

E allora, cosa resta di lui? Oltre alla copertura televisiva delle sue ultime nozze, le seste, celebrate a giugno scorso, un reality show di dodici stagioni sulla sua dinastia e un centro commerciale che occupa un intero isolato viennese, anche la freschezza di una figura che nella sua impresentabilità non sapeva davvero prendersi sul serio.

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