Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


Che il "documento Bologna" faccia riferimento alla strage del 2 agosto 1980 è confermato da un documento rinvenuto presso la DCPP (Direzione Centrale di Polizia di Prevenzione, ex UCIGOS), avente data 15 ottobre 1987 e recante nell’intestazione il timbro "Riservatissimo", firmato dall’allora Capo della Polizia, Vincenzo Parisi (cfr. documento 12 prodotto dalla P.G. all’udienza del 12.5.2021).

Si riportano le tre pagine di cui si compone il documento per comodità di lettura.

Si tratta di un appunto indirizzato al Ministro dell’Interno, che scaturiva da un’iniziativa del difensore di Licio Gelli, il noto avvocato Fabio Dean, il quale, nei giorni successivi al secondo arresto del Gelli in Svizzera, avvenuto il 13 settembre 1987, fu ricevuto, per conto del capo della Polizia, dal dott. Umberto Pierantoni, dirigente della DCPP.

In tale sede l’avvocato sollecitò un intervento del Ministro a tutela del proprio assistito.

I passaggi dell’interlocuzione furono poi trascritti dal dott. Pierantoni e inoltrati al Ministro dell’Interno mediante un atto che porta la sottoscrizione del capo della Polizia.

Sulle vicende relative a detto documento, ha riferito il testimone Eugenio Rodolfo Spina, che riveste dall’ottobre 2017 il ruolo di responsabile del Servizio per il Contrasto per l’Estremismo e il Terrorismo Interno nell’ambito della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione.

Egli ha riferito che nel luglio 2018 la Procura Generale di Bologna si rivolse a lui richiedendo l’acquisizione di una serie di documenti presumibilmente contenuti nell’archivio della Direzione Centrale, tra i quali, il cosiddetto "Documento Artigli’’: un appunto datato 15 ottobre 1987, firmato dall’allora capo della polizia, Vincenzo Parisi ed indirizzato al Ministro dell’Interno, Amintore Fanfani nel quale si raccontava dell’incontro, avvenuto il 14 ottobre 1987, tra l’allora direttore centrale della Polizia di Prevenzione, Umberto Pierantoni e il legale dell’ex capo della P2 Licio Gelli, l’avvocato Fabio Dean.

Il teste ha riferito che quest’ultimo nell’occasione avanzò una sorta di azione ricattatoria affermando, con riferimento alla strage di Bologna, che se la vicenda fosse stata "esasperata", costringendo Gelli "a tirare fuori gli artigli", allora "quei pochi che ha li tirerà fuori tutti", che l’ufficio Affari Riservati poteva "fare molto II per "ridimensionare il tutto" ed infine che "tra i documenti sequestrati a Gelli nel 1982 vi sono degli appunti con notizie riservate, che spetterà poi a Gelli avallare o meno, sulla base di come gli verranno poste le domande stesse”.

Tale ultimo documento venne classificato al momento della sua formazione come "riservatissimo", pur non potendo essere considerato di fatto tale, in quanto privo del numero di protocollo necessario per una regolare registrazione. Questo particolare - secondo quanto riferito dal teste - venne alla luce nell’aprile del 1997, quando il "documento Artigli’’, insieme ad altri faldoni presenti nell’archivio dei Servizi di Sicurezza di Via Appia a Roma, venne sequestrato e sottoposto a perizia dalla Procura della Repubblica di Roma, nell’ambito di un’indagine volta a vagliare la regolarità delle modalità di archiviazione degli atti ivi contenuti.

Nel novembre del 1997, esso venne dissequestrato con l’obbligo di custodia al fine di garantirne la conservazione per il caso di eventuali future richieste di esibizione da parte dell’autorità giudiziaria; richiesta che, come anticipato, venne avanzata dalla Procura Generale di Bologna nel luglio del 2018. […].

Il teste Spina ha riferito che, al fine di rendere l’indagine esaustiva - comprendendo, dunque, quale attività di comunicazione fosse stata svolta in relazione al "documento Artigli" - estese la ricerca anche ad altri uffici, quali la Questura di Roma e il Ministero dell’Interno (...).

All’esito delle ricerche si accertò che il suddetto appunto non era mai stato trasmesso ad alcuna autorità, dovendosi in conseguenza desumere che era rimasto presso l’Archivio della Direzione Centrale sino a che nel 1997 era stato trovato e sottoposto a sequestro. Mentre la Digos di Roma e la Segreteria di Sicurezza del Dipartimento risposero in maniera negativa, la Segreteria Speciale del Ministro dell’Interno trasmise un ampio carteggio ritenuto connesso al documento in questione.

In particolare, vennero trasmessi tre appunti (datati rispettivamente 3 ottobre 1987; 12 ottobre 1987 e 13 ottobre 1987) tutti a firma dell’allora Capo della Polizia, Parisi ed indirizzati al Ministro dell’Interno e una nota datata 10 giugno 1987 avente ad oggetto Licio Gelli, sempre a firma dell’allora Capo della Polizia ed indirizzata alla Segreteria Speciale del Gabinetto del Ministro.

Di particolare interesse, per ciò che rileva in questa sede, è l’appunto datato 12 ottobre 198, dal quale emerge una richiesta di appuntamento da parte dell’avvocato Dean nei confronti del Direttore Centrale; incontro che, di fatto, avvenne in data 14 ottobre 1987, divenendo poi oggetto dell’appunto, successivamente denominato "documento Artigli’’, datato 15 ottobre 1987. […].

Tornando al "documento Artigli", il suo contenuto evidenzia profili inquietanti. In sostanza, nell’incontro l’avvocato Dean mise in risalto in modo estremamente critico la presunta persecuzione operata nei confronti di Licio Gelli, definendo anche "tragicamente ridicola" la sua imputazione per la strage di Bologna. Inoltre, l’Avvocato fece espressamente presente che l’ufficio in cui si trovava, cioè la Direzione Centrale di Polizia di Prevenzione (ex UCIGOS, ex Ufficio Affari Riservati, a suo tempo diretto da F.U. D’Amato), aveva la possibilità di ridimensionare tutto.

Invitava poi il Ministro ad assumere personalmente la gestione dell’affare ed avanzava una minaccia nemmeno così velata, avendo riguardo alla possibile reazione del proprio assistito ("Se la vicenda viene esasperata e lo costringono necessariamente a tirare fuori gli artigli, allora quei pochi che ha li tirerà fuori tutti’’). Affermava, infine, che "tra i documenti sequestrati al Gelli nel 1982, vi sono degli appunti con notizie riservate, che spetterà, poi, al Gelli avallare o meno, sulla base del come gli verranno poste le domande stesse".

Secondo la tesi dell’accusa, quest’ultima affermazione conferma che il documento ha una diretta attinenza alla strage del 2 agosto 1980.

Infatti, posto che l’interlocuzione tra il legale di Gelli e il dott. Pierantoni aveva ad oggetto appunto la strage di Bologna ed avendo il medesimo Avvocato prospettato, in assenza di un tempestivo intervento a tutela da parte dello Stato, il possibile rilascio di dichiarazioni da parte di Gelli su detto documento, se ne deve inferire che il "documento Bologna" deve giocoforza riferirsi alla strage del 2 agosto 1980.

Non deve dimenticarsi che tale documento fu trovato sulla persona di Licio Gelli e sequestrato il 13.9.1982 in occasione del suo arresto in Svizzera; ciò dimostra come anche da parte del suo possessore, esso fosse ritenuto di estrema importanza e valesse la pena custodirlo sulla propria persona. Probabilmente esso costituiva per Gelli anche una sorta di garanzia, potendo essere utilizzato come mezzo di ricatto verso tutti i possibili soggetti implicati nelle sue trame.

Come emerso dalla deposizione di Eugenio Spina, il documento in oggetto, non protocollato, finì nei depositi di Circonvallazione Appia degli archivi del Viminale ove fu sottoposto a sequestro, insieme ad una molteplicità di altri documenti, dalla Procura della Repubblica di Roma nell’ambito di un procedimento (n. 15111/96 r.g.n.r.) relativo ad un’indagine sulle modalità di gestione degli archivi del Ministero dell’Interno, in cui non venne mai effettuata una specifica analisi del contenuto dei singoli documenti. Se ne è detto in altra parte di questa motivazione.

Appare sorprendente ma neppure troppo, se consideriamo il calibro dei personaggi implicati nella vicenda, che all’epoca non sia stata inviata alcuna informativa all’autorità giudiziaria di Bologna circa il contenuto del colloquio tra il difensore di Licio Gelli ed il dott. Umberto Pierantoni. Fu oggettivamente un’azione omissiva a carattere depistante.

L’omessa segnalazione alla Procura della Repubblica di Bologna di tale episodio, avvenuto nell’ottobre del 1987, ha sicuramente costituito un vulnus per le indagini sulla strage del 2 agosto 1980, posto che il richiamo da parte del documento in oggetto ai documenti sequestrati a Licio Gelli nel 1982 in Svizzera all’atto del suo arresto, avrebbero sicuramente acceso i riflettori su tali documenti.

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