Non sono giorni facili per i dipendenti Stellantis di Torino. Nel giro di una settimana la messa in vendita dello stabilimento Maserati di Grugliasco e le lettere di incentivo all’esodo per gli impiegati amministrativi hanno assestato un duro colpo alle prospettive all’industria dell’auto del capoluogo piemontese.

La situazione, però, rischia di peggiorare ancora: d’altronde la rotta è quella segnata ormai da tempo, ma solo adesso sembra di essere arrivati a un punto di non ritorno. E tutti si chiedono cosa ne sarà di quella che un tempo era “mamma Fiat”, diventata prima Fca e poi Stellantis, dopo la fusione con il gruppo Psa a inizio 2021. Quella che nasce come una fusione suona sempre più come una cessione nelle mani dei francesi.

Dimissioni volontarie

Lo scorso 3 novembre Stellantis ha lanciato il programma “Costruisci il tuo futuro”, nome beffardo con cui indica l’invio di circa 15 mila mail, con destinatari gli impiegati negli stabilimenti italiani, proponendo loro incentivi per lasciare il posto di lavoro entro la fine del 2023. Gli impiegati interessati vengono definiti “lavoratori forti”: non troppo vicini alla pensione, almeno trenta anni di contributi alle spalle e possibilità di trovare un’altra collocazione lavorativa.

L’incentivo ad andarsene è piuttosto allettante: buonuscita calcolata in base all’età, tre mensilità di stipendio e l’indennità per il mancato preavviso, per una cifra complessiva intorno ai 120 mila euro, ai quali si va ad aggiungere l’indennità di disoccupazione. «È l’unico vero investimento di Stellantis in Italia», commenta ironicamente Edi Lazzi, segretario generale della Fiom-Cgil di Torino.

In questo modo il gruppo, guidato dall’ad Carlos Tavares, spera di liberare duemila posti tra i colletti bianchi in tutta Italia, gran parte dei quali (circa 8 mila impiegati) lavora negli Enti Centrali di Mirafiori, gli eredi di quei quadri che nel 1980 diedero vita alla marcia dei quarantamila contro i colleghi operai che picchettavano la fabbrica per non essere licenziati. Stavolta tocca a loro: in 500 hanno già accettato l’offerta di Stellantis. Un altro pezzo dell’azienda che se ne va per sempre da Torino.

Il polo del lusso in vendita

Negli stessi giorni in cui lanciava “Costruisci il tuo futuro”, Stellantis dava un altro colpo al tessuto industriale torinese, annunciando la chiusura dello stabilimento Maserati di Grugliasco, che fino all’anno scorso produceva i modelli Ghibli e Quattroporte.

L’ha fatto nel peggiore dei modi: con un annuncio sul sito di compravendite immobiliare.it. La fabbrica era stata acquistata nel 2009 dalla Fiat, intitolata a Gianni Agnelli e destinata alla produzione della Maserati a partire dal 2013.

Nei piani dell’allora amministratore delegato della Fiat/Fca Sergio Marchionne, lo stabilimento di Grugliasco doveva andare a costituire - insieme a Mirafiori - il “polo del lusso”, dove produrre le vetture di alta gamma del gruppo. A pieno regime l’impianto Maserati impiegava duemila operai, nell’ultimo anno ne erano rimasti un centinaio, quando con la fine delle produzioni restavano solo gli addetti alla lastratura delle auto.

Adesso rimane solo da capire che fine farà la fabbrica: il sindaco di Grugliasco ha auspicato che mantenga la destinazione automobilistica. Dovrà pensarci qualcun altro, magari rispondendo all’annuncio online. E di quel polo del lusso, inaugurato solo pochi anni fa, oggi resta poco o nulla.

Crisi dell’indotto

Il disimpegno di Stellantis a Torino colpisce anche l'indotto, con tutto il settore della componentistica a rischio chiusura. Un esempio è la Lear, un’azienda che produce sedili per le automobili e che si trova a soli 550 metri di distanza in linea retta dallo (ormai ex) stabilimento Maserati di Grugliasco.

I lavoratori della Lear da giorni sono in presidio permanente, perché il nuovo piano industriale prevede 300 esuberi, su un totale di 460 dipendenti. Più di un operaio su due rischia di perdere il lavoro, e a fine anno scadrà la cassa integrazione straordinaria. «Faccio appello alla Presidente Meloni: venga qui a incontrare chi sta lottando per il futuro dello stabilimento e di tutto l'automotive italiano.

Faccia la patriota con noi per difendere i lavoratori e le lavoratrici», dice Marco Grimaldi, vice capogruppo alla Camera di Alleanza Verdi Sinistra, durante l’incontro con i lavoratori in presidio. La politica, però, sembra essere disinteressata al futuro industriale di Torino, rendendo evidente lo squilibrio con il ramo francese del gruppo Stellantis: «Il governo francese è nel cda e quindi indirizza e influenza, quello italiano non ha voce in capitolo. Così alla fine si investe solo in Francia», sostiene Lazzi.

Le promesse degli ultimi anni infatti sono state disattese, a partire dalla gigafactory che avrebbe dovuto produrre batterie per le auto elettriche: se ne farà una a Lione e un’altra – più piccola – a Termoli. A Torino nulla.

Mirafiori senza futuro

Lazzi lancia l’allarme anche per Mirafiori, il grande stabilimento che in mancanza di nuove produzioni rischia la chiusura prima del 2030: «Dal 2007, ultimo anno senza cassa integrazione, la produzione è calata dell’89 per cento e la cassa integrazione ha raggiunto picchi del 70».

Dal 2014 al 2022 gli occupati (già in forte calo) sono passati da 20 mila a 12 mila: 8 mila lavoratori in meno in otto anni, come se ogni anno chiudesse una fabbrica di medie dimensioni.

E il futuro è tutt’altro che roseo, visto che, eccezion fatta per la realizzazione di un campus dedicato all’economia circolare - non ci sono nuovi investimenti all’orizzonte: «Nei prossimi sette anni – dice Lazzi – il 70 per cento dei lavoratori va in pensione. Senza nuove assunzioni Mirafiori si fermerà». Un’eutanasia che sembra sempre più probabile.

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